Magazine Diario personale
Okkei, non rispondono. E a volte neanche io. È che talvolta mi trovo in imbarazzo. Certe risposte mi lasciano in standby e non so proprio se replicare o andare oltre facendo finta che quel tuit, che non posso cancellare ma che non c’entra granché con la mia affermazione, non sia presente sulla TL. Non amo lasciare qualcuno senza risposta –sono una che in fila alla Posta si trova a fare carte con l’ottantenne in vena di confessioni- ma qui su Twitter mi trovo spesso nella condizione di fermare il mio dito sul tasto “invio”. Lo so, non dite niente, non rispondere è cafone ed è una di quelle robe che nelle tuitstar mi lasciano a bocca spalancata. Ma qui è un po’ come in Editoria, ognuno pensa di aver scritto un capolavoro e il rifiuto è pressoché impensabile, almeno all’inizio, prima di capire che la faccenda è governata da ben altre dinamiche... ma questa è un’altra storia.
Insomma, se in Editoria nemmeno inviano più la mail di default, la tuitstar risponde solo se insultata –e non sempre. Certo, ha anche le sue buone ragioni, soprattutto se ha ventimila rompiballe che fanno domande idiote o cercano di interagire a tutti i costi. Avete mai spiato le TL delle rockstar? Di quelle vere? Pensate sia possibile interagire con i propri fan? Laddove non sono fake direi proprio di no. Perché se alla festa c’è il personaggio di turno son tutti lì a porgere bicchieri, saluti e complimenti, e andarsene dopo mezz’ora non è per la “star” un modo per far notare la propria assenza, ma una necessità che nasce dall’assillo: sentirsi contare anche i bulbi piliferi del naso non fa piacere a nessuno. Ognuno pensa di avere diritto a una risposta ma se la risposta rischia di essere offensiva allora il silenzio diventa d’oro.
E poi si ricade sempre nell’errore del “farsi notare”: se la tuitstar con ventimila follower mi risponde significa che potrei acquisire almeno un paio di inseguitori in più. Che tristezza. Perché?, dite di no?, siamo veramente convinti che non ci siano certi calcoli dietro la rispostina acuta, la battuta sferzante e il complimento umido? E si sente. Uhhh... se si sente! Come per un romanzo ripassato all’ottanta per cento dall’editor esperto e che manca di autenticità. Poi ci si riduce come su FB dove il “mi piace”, presente sotto ogni stramaledetto commento (sennò non mi vuoi bene, sennò non mi stimi, sennò non mi hai letto), ha perso completamente di senso.
“Domandare è lecito e rispondere è cortesia” direbbe la mia nonnina vestita Chanel. Ma credo proprio che su twitter l’interazione non sia sempre necessaria. E soprattutto credo sia giusto battere la lingua al palato dieci volte prima di farlo. Leggere attentamente un tuit è il minimo, spesso leggo risposte che c’entrano veramente poco con l’affermazione digitata dal proprietario del profilo. E soprattutto, quando si tratta di frasi di tipo personale e dal sapore poetico, non mi pare nemmeno lecito esprimere il proprio punto di vista.
Inoltre, se già non ti follouo significa che non desidero sentirmi obbligato a interagire: per cui poche storie e piantatela di fare i piagnoni. La modalità di comunicazione one2many, non deve piegarsi a nessun obbligo di risposta, salvo che la tuitstar, che ha diecimila follower e cento follouing, non voglia fingersi democratica e non solo rispondere a chiunque, ma lasciare in TL tutti i tuit scherzosi generosamente elargiti. La “stellina” è un altro modo che certe tuitstar democratiche hanno per sdebitarsi: per gratitudine o simpatia o semplicemente per mettere fine a un botta e risposta che “mannaggia a me e quando l’ho cominciato”.
Ma se la risposta di default, soprattutto in un momento di crisi, dovrebbe essere d’obbligo in azienda, pena il licenziamento in tronco dell’addetto alla segreteria: perché se anche non si può assumere, ignorare una “gentile offerta” di collaborazione determina nel mittente disoccupato una frustrazione crescente che alla millesima mancata risposta può trasformarsi in depressione, non è così nei social media dove spesso –non sempre per carità- i tuit sono provocazioni gratuite o inutile piaggeria. Anche la mail, inviata sulla casella di posta personale, non ha obbligo di risposta. Se mi invii la locandina all’evento, se m’invii un manoscritto senza domandarmi se posso o voglio leggerlo, se m’invii auguri natalizi assieme a una mailing list di mille sconosciuti, se ti ho già detto che non mi va d’incontrarti e di conoscerti, se continui a scrivermi orrendi poemi, non meriti nessuna risposta.
Se nel mondo zero punto zero tacere significava acconsentire, oggi è ciò che è: t’ignoro. Punto e basta. A voi defollouare con un clik pieno di stizza.
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