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Deriva #27 Quando un bel social diventa un sanguinoso campo di battaglia

Da Bibolotty

Deriva #27 Quando un bel social diventa un sanguinoso campo di battagliaAd agosto la mia #derivaditwitter (minigalateto anti cafone) compirà un anno. Quando scrissi il primo pezzo, provai un brivido intenso pensando che certamente, la maggior parte dei tuitteri non l’avrebbe capita, e che per essa mi avrebbero anche insultata. Così fu e ha continuato a essere. Ma non potevo lasciare inutilizzati gli anni passati con le mie nonne tra circoli velici e case ottocento, dove le vecchie si riunivano tra mille convenevoli e riti per giocare a qualcosa, non potevo non raccontare l’esperienza accumulata tra feste esclusive in case da sogno e Boutique di gioielli in via dei Condotti. La mia missione è sempre stata quella di osservare e raccontare. Lo facevo da attrice e lo faccio oggi mentre provo a restare a galla in questo mare di squali e di merda, di pettegolezzi e di piccole mafie che è tutta la nostra esistenza. Viviamo in una società classista, e che non lo si voglia accettare mi fa ancora più paura.
Non c’è da offendersi, ma soltanto da prendere atto che se c’è qualcuno che scrive e qualcuno che copia vuol dire che non siamo tutti uguali.  C’è chi crea e c’è chi ruba. Che poi sono gli stessi che pur di fare una battuta o di umiliare pubblicamente uno sconosciuto a proprio vantaggio, sarebbero disposti a vendere la propria madre. Insomma come ripeterebbe mia nonna cresciuta in collegio svizzero e vestita soltanto Chanel, Twitter è ormai “alla strada”. La violenza è così diffusa, che anche chi è in possesso di sale in zucca si offende per un nonnulla. Sarà colpa della dipendenza da social network che forse ci opprime con strane ansie da prestazione, ma assisto a uscite di senno clamorose. Come la tizia, che dopo un anno di MIEI RT e di MIEI #FF, è andata in bestia per un mio tuit innocente, e certamente non rivolto a lei che grazie a dio nemmeno conosco, e che ha iniziato a farmi la guerra scrivendo TUIT senza menzione ma evidentemente pieni di astio e livore –del tutto gratuito- verso la mia persona. Bannata subito. Eliminata e senza spiegazioni. Dimenticata con la stessa rapidità con la quale l’ho conosciuta. Chi aggredisce a quel modo e senza una ragione seria ha veramente bisogno di una buona vacanza al mare. Dimentico con molta rapidità il male che gli altri mi fanno e pago a vita la scortesia di un attimo.
C’è ancora chi s’infuria nel non voler ammettere che Twitter è di fatto un mezzo diverso da FB e diversamente va trattato, ma contemporaneamente soffre –senza ammetterlo- di avere pochi follouer, e si vendica insultando di continuo chicchessia, come chi si ostina a non dare il Follou Back per non avere sotto gli occhi una sequela di tuit insulsi e volgari. Non c’è bisogno di salutare la TL, di avvisare cha andiamo e torniamo dal lavoro, che mangiamo e andiamo al cesso. Ve lo immaginate il tizio al Party nell’attico che si affaccia in salone annunciando a tutti il proprio arrivo? Io dico la mia opinione e basta, e tu sei libero di fare come ti pare. Ma non lamentarti del fatto che ti seguono in dieci. Fai la stessa figura del tizio vestito da Sioux alla festa in maschera con tema “Pirata dei Caraibi”, se sei vestito fuori tema è un problema tuo, non sono gli altri a doversi adeguare a te. Io non mi adeguerò mai alla maleducazione altrui.
La TL scorre, come ho scritto un giorno dovrebbe essere il nastro trasportatore dei nostri attimi. Magari attimi belli, poetici, significativi. Ma molto probabilmente gli attimi di tanti di noi sono fatti soltanto di questo: del ruttino del bimbo e di scarpe acquistate, di parcheggi da trovare e di battute volgari. Ma io sono pur libera di non volerli leggere questi attimi o di denigrarli, libera di non trovarli interessanti e di voler rimanere a guardare il mio cortile di magnolie piuttosto che una discarica di parole inutili, di giudizi su un politico o un altro digitati alla meglio, letti su tuit altrui –i post sono troppo lunghi perché si vada oltre il titolo. Personalmente voglio leggere tuit di gente che ne sappia qualcosa più di me e non eco di eco di qualcosa che alla fine non ha più nemmeno un senso.
Twitter ha dato a chiunque la possibilità di sparare. Si prende di mira un profilo e si sparano parole. Non si dice che ferisce più la lingua che la spada? Voilà. Ci si sfoga così della frustrazione accumulata, si puntano i piedi sul fatto che ormai la democrazia è partecipata, ci si elegge da soli a statisti e a grandi esperti di Costituzione. Con la scusa della mala politica, dei ladri e dei corrotti a Palazzo, chiunque si sente in diritto di vestire l’abito del vendicatore mascherato e di dare colpi di fioretto alla cieca. Con la scusa che non esiste meritocrazia chiunque, si sveglia e s’incorona Re, chirurgo, filosofo, intellettuale e attore. E guai a negarla o a metterla in discussione la potenzialità creativa altrui.  Guai a dire che magari si dovrebbe anche studiare, che forse per fare certi mestieri almeno Molière bisogna averlo letto, sapere qualcosa sul Teatro d’avanguardia o sulla commedia dell’arte, sull’uso del corpo o della voce. Oggi non servono più accademie, non più Maestri, nessuna guida è necessaria. Siamo di fronte a una popolazione di uomini e donne fatte, di persone che possono fare a meno di chiunque, tranne che di se stessi. Ebbene per me non è così. Ci sono persone che ne sanno più di me, tante. O persone più spiritose di me, tantissime. E grazie a dio è così, se io fossi il massimo della conoscenza, saremmo messi malissimo.
Ma ormai non è più importante scrivere tuit sagaci. Non li rituitta più nessuno. La massa di quelli che ti fottono il resto, il posto e magari anche la moglie, sono tutti on line con la propria sicumera da brutti ceffi. Twitter è diventato un posto troppo chiassoso per me. Non mi piace il livore che leggo ogni giorno. Battaglie che esplodono per amore, per fede politica ma anche per sciocchezze, e si consumano tra una TL e l’altra rosicchiando le nostre energie e i nostri attimi migliori. Strategie di guerra, alleanze, pettegolezzi in DM, Tuit diretti chiaramente a qualcuno, ma che vigliaccamente non viene menzionato. Riferimenti chiari a “quella troia” a quel “bastardo” a “quel figlio di puttana” e che si traducono in un bla bla bla velenoso che non porta a niente. Ma io mi domando: come faccio a odiare qualcuno che non conosco? Buona giornata, buon 1° Maggio. Io vado al mare.

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