Credo che un buon metro di giudizio per capire se e come siamo in grado di scrivere, lo si possa ricavare dalla nostra capacità di descrivere la natura. Scriviamo di automobili, città, strade e palazzi, cemento e asfalto.
La natura ha qualcosa di apparentemente sottovalutato. Funziona. Non c’è spazio per quello che fatica: viene messo da parte. Né per quello che non è vincente. E quello che funziona… Funziona
Čechov consigliava di essere semplici. Di evitare con cura espressioni che creavano un’assimilazione tra la natura, e il mondo degli uomini. Diceva che una frase come:
Il sole al tramonto, si immergeva nel mare e inondava d’oro…
Erano solo luoghi comuni.
Il sole tramonta, stop. Il resto è solo la rappresentazione di un problema piuttosto grave: l’autore. Che desidera far capire al lettore che lui conosce la lingua, e deve assolutamente dimostrare che la sa pure usare. E allora entra nella storia e strizzando l’occhio sembra voler dire:
Un po’ di pazienza! Tra poco riprenderò a raccontarti la storia, però adesso guarda quanto sono bravo. Che descrizioni che tiro fuori dal cilindro!
O scrivi, o fai il mago. Comunicare non vuol dire dimostrare la propria bravura, ma mostrare.
Lo so. Si dirà a questo punto che è facilissimo sfogliare un qualunque libro di un autore per scovare centinaia di esempi che contraddicono una simile affermazione. Intanto mi accontento di indicare quello da evitare. E ricordare che citare un autore per giustificare le proprie scelte, non è una linea difensiva davvero efficace. Perché può aver sbagliato pure il grande autore, e ogni situazione è diversa.
