Roma, Closer.
Il Destination Morgue è l’evento in quel di Roma che da anni si prefigge lo scopo di fare da cassa di risonanza per l’ambiente industriale italiano in tutte le sue sfaccettature grigie. Una programmazione ricca, che dall’anno scorso occupa ben due serate all’interno del locale Closer, oramai definitivamente sposato con la causa delle due organizzazioni dietro la manifestazione, ossia Butcher’s House e Stahlwerk Radio.
L’antipasto di venerdì 3 gennaio è affidato nell’ordine a Imago Meccano (ex A Narrow Ambience), Santaagostino, Gerstein e Corpoparassita. L’estrazione stilistica si riconferma varia e con Valerio “Imago Meccano” siamo già su un collage di suoni formato laptop ai quali stanno stretti circonvenzioni ambient, drone, noise. Si avverte la confidenza con un tipo di rumore risultato di manipolazioni, sezionamenti e sovrapposizioni di campioni audio. Forse solo l’inizio ha qualche veniale sbavatura per quanto riguarda matrici sonore più concrète, che non riescono ad allacciarsi al più vasto dialogo tra weird noise e spessi muri power electronics. Progetto giovane e da seguire senza dubbio, potrebbe levarsi delle belle soddisfazioni. In tal caso non dite che non ve lo avevamo detto.
Il proseguo è affidato ai Santaagostino, trio sentito di recente nella compilation Alternate Coils, ma attivo già dal 2008 (soprattutto sull’italiana Greytone). Preciso subito: non si tratta di tre santoni, anche se le loro musiche sembrano provenire da un incensiere i cui fumi addensano spettri di qualche Deutsch Nepal. L’inizio del live, nato da una costola di Mokaraba Constellation (2013), mutua quei rimandi esotisti sospesi tra ambient e tribalismi ascetici della one man band di area CMI, salvo poi trasfigurarli in sonorità con nelle vene qualcosa anche del Fernow come Vatican Shadow (pure lì, in effetti, sembra di respirare queste sabbie desertiche). Presa sul pubblico garantita, altresi però osando con qualcosa di più sarebbe stato possibile uscire del tutto dal guscio del “già sentito”.
Tra le proposte della serata Gerstein è stata sicuramente quella ha voluto rifarsi alla grey area italiana anni ’80. Sia chiaro che seppur si conosce parte della sua attività al limite della bulimia, è sempre difficile sapere cosa aspettarsi. Gli esordi musicali sono sparsi tra ballate per piano, power electronics per l’ontranzista Broken Flag (Death Posture) e derive muzak. Stavolta però siamo più vicini a una delle ultime incarnazioni di Maurizio Pustianaz, ossia A New Life, progetto però di area synthwave, con, a coadiuvarlo, la chitarra di Francesco Mulassano dall’orchestra elettronica torinese Tacuma. Azzardo dicendo che le fascinazioni sembrano provenire da tutta la corrente di musica new wave elettronica anni Ottanta, ai tempi capitanata in Italia da Luca “Bi/Endless Nostalgia” Rigato, come evidenziano anche le strizzatine d’occhio alle Danze Meccaniche di qualche L.A.S.’s Crime o Suicide Dada.
Si chiude con le emanazioni carcinose di Diego e Guido, cioè i Corpoparassita, gruppo che, a dispetto della non tanta notorietà (attenzione però, perché hanno aperto anche il live di un certo Burial Hex), è attivo da anni nella scena noise/ambient. Dischi come Nel Diciassettesimo Giorno Del Mese (2005) per Blade Records, Inevitabile (2007) per Final Muzik o lo split cd con i Dyskinesia (2010) sono solo alcuni dei loro biglietti da visita, senza contare progetti satellite come Larva108. C’è tra i due una simbiosi malsana come quella tra appunto un parassita e il corpo ospitante (la similitudine era troppo ghiotta, pardon), e quello che viene rigurgitato è un’esibizione decomposta di drone/noise, e harsh nei frangenti più strizzabudella, capace di dare alla serata quel tocco urticante mancato fino ad ora. Chiunque abbia voglia attenderli al varco sappia dell’uscita di un nuovo lavoro, ancora per Final Muzik, con il quale l’etichetta di Udine inaugurerà una sua serie di split ep.
Il secondo e ultimo capitolo è quello di sabato 4 gennaio. La scaletta, modificata solo all’ultimo, ci mette davanti subito ai Candor Chasma: partenza razzo, quindi, magari proprio verso il pianeta marziano rievocato dal nome del binomio Altieri / Balestrazzi. Le aspettative sono alte, primo perché per quanto mi riguarda Antimatter Circles è stato uno dei lavori con la “elle” maiuscola del 2013, secondo perché i live sembrano essere il tavolo su cui i due mischiano le carte del proprio stile per riadattarlo in nuovi contesti visivi. Le loro recenti performance parlano chiaro, due sonorizzazioni: una del film “Sicilia!” (della quale al Destination Morgue viene venduta la cassetta limitatissima della registrazione) in occasione della manifestazione Acquology e l’altra di “Dust Devil”, in occasione della rassegna Solo Il Mio Nero. Senz’altro stavolta il visual set, come per tutti gli altri, è in secondo piano, eppure le trasmissioni distorte del video richiamano repentinamente sonorità power electronics, assai meno scontate però di quanto un genere vittima delle proprie reiterazioni potrebbe lasciar credere. Corrado e Simon sono una garanzia: il primo è in grado di sprigionare con un semplice synth ed effetti onde d’urto drone squassanti, il secondo, agli arnesi del mestiere (mixer, nastri, effetti), fa di una meticolosa manipolazione audio il proprio caleidoscopio elettronico. E se questi signori si sono trovati a Barcellona per suonare con gli Zoviet France un motivo ci dovrà pur essere.
Il prosieguo è affidato a Khem ossia Cosimo Mungheri, accompagnato da Devis Granziera (anche loro sono entrambi reduci dell’ Acquology), che dopo aver partecipato nell’ultimo lavoro del musicista tarantino (The Cross, per Old Europa Cafè), torna a dargli man forte in sede live dietro a sampler e quant’altro, comportandosi in maniera non tanto diversa dal recente XX. L’esibizione rispolvera un’industrial music in qualche modo vicina alle pillole synth pop dell’ultimo lavoro dei Teatro Satanico, anche se certe vicinanze spirituali, tenute comunque a distanza di sicurezza, sono più con qualche Psychic TV. In effetti la cover iniziale di “Daddy Cool”, con una K crowleyana al posto della C, ricorda tutto il gusto per la dissacrazione tipico del TOPY e dei suoi fondatori, ma queste sono altre storie. Cosimo, infatti, ci mette del suo nel far vibrare le corde vocali, plasmando un canto a metà tra lo sciamanico (“Aiwaz”, “Syrens Of Taras”) e il metropolitano (“Fatto Di Cronaca”), a metà tra “agit”-pop e il decantato idiosincratico (“Pazienti Socialisti Khem”). Gira e rigira siamo sempre lì: “industrial music for industrial people”, che, come non a caso avrebbe detto qualcun altro, diventa “dangerous noise for dangerous people”, infatti ecco sul palco i The Sodality.
The Sodality fu l’act noise di Andrea Cernotto, ossia la figura dietro Aquilifer Sodality, una delle più importanti label in campo harsh noise degli anni Ottanta. La capacità che ebbe la sua etichetta di raggiungere nuovi limiti, sia a livello di rumore sia a livello di tematiche, la power electronics, ha gettato le basi per tutti i filoni successivi del genere, uno su tutti quello “atrax-morgueiano”; “opere” come Necrofellatio o Mafarka di Mauthuasen Orchestra, Hate’s Our Belief o il primo lavoro di The Sodality stesso rappresentano tuttora quanto di meglio il mattatoio industriale italiano abbia sputato fuori in quel periodo. Al tempo, a rinforzo nella line-up c’erano Eraldo Bernocchi e Paolo Bandera, che ritornano sul palco stavolta però non con Andrea (comunque presente all’ evento), ma con quello che per molte ragioni ne è l’erede spirituale: Mark Solotroff (Bloodyminded/Bloodlust!). Sono d’obbligo Confusion, quindi, ep rilasciato proprio dalla Bloodlust!, e le violenze morbose da Beyond Unknown Pleasures con un Solotroff che con la sua voce, le sue grida, imprime sulla power electronics lacera e flagellante di Eraldo e Paolo una depravazione compiacente, capace di entrarti nell’intimo solo per fartelo a pezzi: “Orgies Of Crime” è da lacrime (di dolore).
Non è la prima volta che il Destination Morgue delizia i palati con queste “one night stand”, ricordo quella di due anni fa con i Sigillum S nella formazione storica (con Luca Di Giorgio), con in più Lorenzo Esposito Fornasari (Obake), però stavolta ci sono delle belle soddisfazioni anche a livello internazionale.
L’ultimo atto è affidato a Bathory Legion, progetto dark ambient di area Stahlwerk che ruota attorno a tematiche esoteriche con influenze da tutta una sfera di suoni dagli echi industriali, frutto della permanenza nel genere da parte di qualche Nordvargr (Mz.412) e affini (troppi). Non è strano allora vedere far capolino nel brano “Lucifer” il nome di John Stillings (Steel Hook Prostheses) che uno di quegli affini un po’ è, anche se in questo caso siamo dalle parti di Malignant e non CMI. Non esente da certi abusi che sfociano nel didascalico e che denotano aspetti ancora da cesellare, il live risulta robusto a sufficienza da garantire un epilogo degno all’evento, perché – a scanso di equivoci – quanto sentito potrebbe presentarsi tranquillamente nella corte dell’etichetta americana.
Tirando le somme, non ho certo bisogno di dirlo io che manifestazioni così, senza una scena unita alle spalle, non vanno molto in là. Qua però si va avanti dal 2004, e allora ben vengano realtà di questo tipo.
Grazie per le foto a Stefano Di Lorenzo
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