“Amo molto parlare del niente. E’ l’unico argomento di cui so tutto.” (O.Wilde)
Credo non ci sia aforisma che meglio si adatti alla nuova musa trasgressiva della letteratura italiana, rispondente al nome di Isabella Santacroce.
Che l’editoria sia giunta ad uno stato di catarsi è evidente. Oramai si è raggiunto il tanto agognato zero assoluto, fra l’ultimo titolo di mister ovvio Fabio Volo, il comico prestato alla letteratura e le ricette culinarie di Nonna Papera. Pensavamo tutti che oltre questo baratro non si potesse andare, che la cultura ci potesse aiutare a superare questo momento di stallo, in cui il nichilismo sembra avere la meglio sull’arte e il libero arbitrio.
Invece ci sbagliavamo.
La Santacroce è riuscita dove molti hanno fallito : vendere se stessa a caro prezzo come fosse un qualsiasi prodotto pubblicitario e sfruttare l’ignoranza del lettore medio, fino a renderlo un lobotomizzato pronto a tutto pur di difendere la sua icona, finanche arrivando all’insulto per chi osa criticare la sua magnificenza letteraria.
Non vi tedierò con l’elenco delle sue performance visive, che tanto assomigliano alle variegate apparizioni del mago Othelma, e nemmeno con le sue interviste, dove furbamente accenna a retorici concetti anticristiani per il mero scopo di sconvolgere un paese ancora profondamente ancorato al cattolicesimo.
Invece credo meritino attenzione certe sue perle culturali.
Prima fra tutte la sua biografia. Isabella Santacroce ha avuto l’idea geniale di vendere all’asta la sua vita con tanto di nastro viola, stella di David e bara in miniatura. Duemiladuecentoventi euro il prezzo battuto per la prima copia. Ora credo che la scrittrice sia esente da colpe in questa vicenda a parte la solita circonvenzione di incapace. Invece vorrei proprio conoscere questo rappresentante degli Emo-rroidari, seguaci della Ester-Santacroce, che ha sperperato un patrimonio tale, pensando magari di avere fra le mani la biografia del secolo. Roba da minorati culturali.
L’apice, però è stato raggiunto dall’ultima genialata ; Autocandidarsi al premio Strega 2012.Forse perché presa da delirio di onnipotenza o puramente per motivi pubblicitari, cosa assai più veritiera, Isabella ha voluto infilarsi forzatamente fra i partecipanti del concorso. Inutile dirvi che la sua candidatura è stata rispedita al mittente con tanto di battage mediatico. La scrittrice ha commentato : “Mi sono autocandidata al premio strega per spaurire la disonestà dei premi letterari. chi mi ha scritto idiozie in questo ultimo mese, si scusi porgandomi il deretano. Isabella Santa† e gli Ardeidi”. Noi tutti dal basso dei nostri deretani, ringraziamo la musa per averci fatto scoprire queste verità assolute. Magari sarebbe stato meglio che queste affermazioni avessero trovato spazio prima della candidatura, non dopo la disfatta, poiché la vicenda oramai assume contorni a dir poco bizzarri e controversi.
Per finire una menzione d’onore la meritano i fans. In questo caso però è giusto fare delle distinzioni. Capisco il target 14-18 anni. Attraversare l’età adolescenziale può portare a scorgere miti anche dove in verità non c’è nulla da venerare ma sinceramente già passata di un giorno la maggiore età non comprendo come un essere pensante possa divinizzare la Santacroce e ritenerla una delle maggiori espressioni d’arte in Italia.
Come già scritto in altre occasioni, per esprimere diversità non c’è assolutamente bisogno di scadere nel ridicolo. Veramente pensate che i teatrini organizzati dalla scrittrice siano espressione di arte ? Se proprio avesse a cuore i suoi seguaci non credete che sarebbe stato più giusto regalare la sua biografia ? Ed infine, non vi balena l’idea che trattare il lettore come un cliente rappresenti la morte dell’arte ?
Credo siano domande lecite a cui spero che qualcuno possa dare una risposta.
Di seguito ho voluto recensire Amorino. Purtroppo capita spesso che sul web si commenti ciò che non si è nemmeno sfogliato o visto. Una pratica che certo non ho scoperto io ma ricordarla è un dovere. Troppe volte si giudica in base ad interessi commerciali o solo per ingraziarsi il personaggio di turno.
Recensione di Amorino.
Amorino nasce, nell’idea della scrittrice, come il suo capolavoro massimo. Un romanzo che, in teoria vorrebbe affrontare concetti filosofici-teologici ma che invece si rivela un’accozzaglia elementare di personaggi e parole stantie è già sentite che fondano le radici sul peccato come mezzo di redenzione. La storia si svolge a Minster Lovell paesino inglese, nel lontano inizio novecento. I protagonisti sono sette e tutti parlano attraverso lettere e stralci di diario. Tecnica molto usata da scrittori incapaci di tenere viva una qualsiasi trama di racconto. Ci sono le classiche gemelle noir, viste e riviste in milioni di sceneggiature Hollywoodiane, il prete pedofilo che tanto repelle l’immaginario popolare, il dottore del villaggio sessuofilo, la tredicenne decerebrata e zoccola, sua madre, affetta da turbe psichiche-religiose e udite udite…la scrittrice in persona, tal Isabella Santacroce.
Leggendo il racconto non si ha mai l’idea di un qualcosa che poteva essere ed invece non è stato. La sensazione è che si scrive solo e solamente per i soldoni, misurando la trama, i personaggi e la scrittura come ingredienti di una ricetta popolare destinata al successo commerciale fregandosene dell’arte.
E’ d’obbligo iniziare l’analisi con Annetta Stevenson, la prima delle gemelle Kessler che già alla ventesima pagina risulta di una noia mortale. Visionaria e ridondante è la vera palla al piede del romanzo. Consiglio vivamente di leggere un solo stralcio di diario della poveretta e lasciare il resto ai posteri o al vostro peggior nemico come tortura inflitta stile Arancia Meccanica di Kubrick. La seconda gemella, Albertina Stevenson, riesce ad essere di un’utilità pari alla zanzara tigre, dovrebbe farci comprendere le idiozie perpetrate dalla sorella ma invece il suo apporto al libro non fa che renderle ancora più retoriche e confusionarie . Il vero dramma, letteralmente parlando, è che queste due sciatte risultano prive di charme, anche copulando continuamente, praticando il cannibalismo, l’omicidio, non riescono nemmeno lontanamente a rappresentare quel fascino che il male a volte può esercitare sull’essere umano. Il prete, Padre Amos è ancor più grottesco. Lo si usa come punto di rottura. La Santacroce da vecchia volpe, sa ed è consapevole della repulsione collettiva che suscita un prete pedofilo, ma riesce nell’impresa titanica di ridurre questo personaggio ad una macchietta religiosa che straparla di verghe celestiali e si attacca come un cane da accoppiamento a qualsiasi buco gli capiti a tiro. La tredicenne Bernardine poi è fantastica. Deficiente di natura, la scrittrice forse per cercare una sorta di caratterizzazione, le fa usare una terminologia idiota e poco realistica. Non basta scrivere salciccia e canarina come sinonimi di pene e vagina per racchiudere il misticismo sessuale di un’adolescente, il passaggio all’età adulta. La madre Margaret non è interessante quindi sorvolerò, in verità serve a tessere le lodi della Santacroce dal momento in cui appare nel romanzo. Il dottor Thompson è il delirio. Scusate ma credo sia il personaggio trash del nuovo millennio. Non tanto per lui, che risulta essere un adoratore del così detto buco del culo, molto invece lo si deve alla moglie Emilia, ninfomane all’ennesima potenza e vera perla del romanzo con le sue verità scomposte, e al figlio Oscar, undici anni, mongolo-idiota (terminologia della scrittrice) con il pene perennemente eretto che sfoga le sue pulsioni sessuali con i genitori. Infine c’è lei, la prescelta, l’icona provocatoria, la dea Isabella. Se l’inizio del romanzo risulta essere soporifero e poco avvincente, quando compare la scrittrice c’è una sola ed unica possibilità ; prendere il libro e gettarlo nella pattumiera. La sua apparizione è devastante per la trama, il suicidio, trasformando la lettura in una sorta di goccia cinese, estenuante e fiaccante ai limiti della decenza.
Non aggiungo altro per non rovinarvi la fine ingloriosa di Amorino.
Per concludere consiglio di comprare il romanzo. Si avete capito bene, lo suggerisco per un motivo che ritengo fondamentale. Conoscere per giudicare. Così finalmente avrete un’idea ben precisa su Isabella Santacroce, sul suo modo di scrivere per nulla rivoluzionario e sul continuo bisogno di apparire, non mi stupirei di vederla come prossima inviata di Mistero, anzi credo sia la sua vera dimensione.
Un saluto G.C.
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