Sono rimasto scosso, stamattina, dopo aver letto la storia di Sarah.
Sarah abortì all’età di 19 anni. Ora, dopo 20 anni, è preda dei rimorsi per quel fatto increscioso, soprattutto perchè non ha avuto più modo di coronare il suo desiderio di maternità e per il fatto che il suo orologio biologico sta marcando improrogabilmente la sua ora (io non sono d’accordo ma questo è ciò che lei dice nell’intervista).
Ma non è su questo che io mi voglio trattenere. Quello che mi ha scosso di pù nella storia di Sarah è la sua solitudine ed il senso di colpa che sembra divorarla, congiuntamente a delle inespresse ma percettibili accuse.
Ebbene io, che pure sono per la responsabilità personale, perfino nei fatti criminali, non sono per niente convinto che la colpa se la debba caricare tutta Sarah sulle sue spalle.
Guardiamoci attorno: che società abbiamo creato? Non abbiamo messo la carriera, i soldi, l’egoismo al primo posto?
E non abbiamo voluto separare il sesso dall’amore, dalla responsabilità, dalla paternità?
E noi uomini non continuiamo a vedere il sesso come un gioco, un divertimento quando invece così non è?
Perchè abbiamo voluto abdicare ai nostri diritti e ai nostri doveri in materia di aborto, lasciando le donne sole e disperate a prendere una decisione dolorosa e difficile?
Ma è giunta l’ora di rimettere la vita al primo posto, come le compete, nella scala dei valori umani.
Cominciamo con il convincerci che ogni vita umana è un regalo di Dio e non va respinta nell’oblio dell’eterno vuoto.
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