In città il citofono suona continuamente: venditori porta a porta (i più depressi), postini e fattorini (i più amati), venditori di Folletto (i più coriacei), testimoni di Geova (i più convinti) e poi quelli che hanno sbagliato, quelli che hanno dimenticato le chiavi di casa e quelli che aspettano il bus che ferma davanti al portone e suonano così, per vedere chi c’è in casa (i più…”simpatici”).
Invece in paese ci si vede da finestra a finestra, in piazza e al mercato, il citofono non suona mai.
Perciò quando ha gracchiato, questa mattina, ho risposto sorpresa e curiosa.
Ne è seguita la seguente conversazione che vi assicuro essere vera anche se sembra il prodotto onirico di una cena pesante.
“Buon giorno sono Giuseppe (????) ci chiedevamo… noi qui della zona… siccome ci sono sempre più problemi e si fa sempre più fatica……. ci stiamo consultando tra di noi. Dai notiziari ci arrivano solo brutte notizie e i tempi sono duri (?!?!?!), noi volevamo sapere la sua opinione (la mia?) perché noi (ma noi chi?) ci chiediamo cosa fare e stiamo ascoltando le opinioni di tutti.”
Sto per rispondere che io non sono di qui ma ancora non ho capito il problema di cui si discute: il caro bollette, i parcheggi, l’illuminazione urbana? E i notiziari che c’entrano?
“Con tutte queste notizie che si sentono (aridaje) le volevo chiedere se secondo lei Dio si interessa della discriminazione della donna?”
“Chi?!”
“Dio”
“Dio? Di che si interessa?”
“Della discriminazione della donna.”
”Scusi. Non ho capito la domanda.”
“Viviamo tempi molto duri, ci sono continuamente tante brutte notizie……”
“Si, si, ho capito…brutta situazione. Ma, sta parlando di Dio?”
“Ecco, sì, con tutte queste notizie sulle violenze e le discriminazioni le chiedo se secondo lei Dio si interessa della situazione della donna.”
“ Della…..donna…….?”
“Noi ci chiediamo di chi è la colpa di quello che succede. Lei pensa che Dio se ne interessa e pensa che dovrebbe fare qualcosa?”
Ora, è vero e lo confesso che quando ho temuto di aver rotto il frigorifero come prima reazione mi sono messa a piangere (come faccio coraggiosamente sempre in caso di problemi “gravi”) e poi ho supplicato Dio di aggiustarmelo ma questo è perché le mie prime reazioni in casi “gravi” sono sempre imbecilli. Questo Dio di Giuseppe che si interessa delle cazzate che facciamo mi sembra piuttosto improbabile. Anche se poi il frigo me lo ha aggiustato.
Sento quella che è inequivocabilmente la mia voce parlare di libero arbitrio e della responsabilità delle nostre azioni e dico che il Dio in cui credo io non è un opinionista o un sindacalista o un attivista di qualsivoglia partito ma lo immagino un po’ più mistico (anche se aggiusta frigoriferi, all’occorrenza). Stento a credere di sostenere una discussione del genere al citofono ma è esattamente quello che sto facendo, non senza sentirmi un po’ ridicola.
Giuseppe però mi dice che è contento di sentirmi dire questo e sembra veramente sollevato dal fatto che io non attribuisca a Dio la colpa della discriminazione della donna né di altre nefandezze che ha sentito ai notiziari. Io rispondo a Giuseppe che sono contenta che lui sia contento ma se non gli dispiace dovrei tornare a lavorare.
Mi affaccio alla finestra e vedo Giuseppe insieme ad un altro uomo: sono entrambi giovani, capelli corti, vestono pantaloni, camicia azzurra, bretelle bordeaux, tengono la giacca del completo blu sul braccio e arrancano piano su per la salita ripida.
Che lavoraccio deve essere fare i predicatori citofono a citofono vestiti troppo pensanti per una giornata di scirocco.
Chiudo la finestra perché entra troppo vento e vengo riavvolta dall’aria pesante che aleggia nella casa da un paio di giorni. Già, sono due giorni che io e lui non ci parliamo e non ci tocchiamo e se lui si avvicina io riesco solo ad insultarlo arrabbiata e lo caccio via. È molto triste vederlo afflosciato e depresso in un angolo e mi manca il nostro ridere e giocare insieme ma non riesco a perdonarlo. Non doveva farmi tanto male!
Comunque oggi comincio a stare meglio ed il polso sembra meno gonfio.
Sono due notti che dormiamo separati, due notti che chiudo la porta della camera da letto a chiave.
Non doveva mordermi!
Ad un certo punto lui decide di abbandonare i timidi tentativi di riappacificazione che ha adottato fino ad ora e mi salta addosso con convinzione. Si struscia, miagola forte, sente che sto cedendo e allora si struscia più forte e miagola più allegro.
Non credo che l’episodio di due giorni fa possa ritenersi di violenza domestica contro le donne comunque, come fanno le donne prima o poi, ho perdonato.
Sarà stata l’esposizione mistica, il citofono teologico o perché sono appena finite le feste del Perdono e la parola mi ha influenzato. Sarà che lui è solo uno stupido gatto con tratti isterici da demenza senile e a me manca che mi si accoccoli addosso ronfando felice.
Mentre lui sgranocchia più sereno i suoi croccantini io sgranocchio deliziosi biscottini alle mandorle e nocciole.
Con una spallata improvvisa lo scirocco spalanca la finestra, io e lui ci guardiamo perplessi da sopra la tazza di tè che fuma sul tavolo. Sul tetto di fronte due piccioni tubano e si corteggiano.
“Miaeaooo” dice lui.
“Sei un assassino” dico io. Ma continuo a sorseggiare placida il mio tè.
In caso ci penserà Dio a punirlo, stupido gatto.
Tegole alle mandorle e nocciole
ingredienti
300gdi farina
120g di burro
200g di zucchero di canna
100g di nocciole
100g di mandorle
1 uovo
Un pizzico di cannella
Un tappo di rum
Lavorare burro e zucchero fino a farne una crema. Aggiungere l’uovo, la frutta secca, il rum e la farina setacciata con la cannella.
Formare un panetto e farlo rassodare in frigorifero. Affettare con un coltello affilato i biscotti ad un altezza di circa 3 o 4 millimetri. Cuocere per circa 15 minuti a 180°.