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Di Numeri Zero, grandi autori e cattivi scrittori

Creato il 17 aprile 2015 da Pontomedusa @Pontomedusa

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Ho comprato Numero Zero di Umberto Eco perché ci sono incappata per caso al supermercato.

Eco mi è sempre piaciuto, d’altra parte siamo molto simili.
Basta leggere la quarta di copertina per scoprire che, come Pontomedusa, è filosofo, medievista, semiologo, massmediologo (e ovviamente, non serve che ce lo dica la quarta di copertina, scrittore).

Quasi tutti i suoi libri li ho adorati, ma questo, che ho appena cominciato, mi sta prendendo in modo particolare.

Come Il pendolo di Foucault, racconta la storia di persone comuni, intellettuali un po’ falliti, che iniziando quasi per gioco finiscono in un impiccio più grande di loro. Ah, come vorrei rileggere Il pendolo, chissà dov’è finita la copia che lessi anni fa, con le pagine tutte incollate perché era stata inzuppata da un’alluvione e poi messa al sole ad asciugare.

Ma quello che mi prende di più in questo libro è la descrizione del mondo dell’editoria.

I perdenti hanno sempre conoscenze più vaste dei vincenti, se vuoi vincere devi sapere una cosa sola e non perdere tempo a saperle tutte, il piacere dell’erudizione è riservato ai perdenti. Più cose uno sa, più le cose non gli sono andate per il verso giusto.

Leggere manoscritti che non saranno mai pubblicati può diventare un mestiere.

Se D’Annunzio era un cattivo scrittore, non voleva dire che dovessi esserlo anch’io. Per liberarmi del vizio della citazione mi sono deciso a non scrivere più.

Professor Eco, come la sa lunga.


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