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Di quel tuo discorso

Da Dalailaps @dalailaps
Di quel tuo discorso 
C’è stato un tuo discorso, uno ai laureandi dell’Università di Stanford, che oltre ad avermi commossa parecchio, ha fatto scattare in me sensazioni positive e una nuova voglia di futuro. Mentre ti scrivo, nel mio player è partita una canzone che neanche se l’avessi scelta sarebbe stata più giusta. Ma questa è una delle tante coincidenze che in qualche modo mi fanno sentire più vicina a te. Che poi io le coincidenze le leggo come l’essere nell’esatto punto in cui il destino di voleva. E credo che al destino un po’ ci credessi anche tu.
Torniamo a noi. Quel tuo discorso l’ho trovato per caso, navigando qua e là per il web in un giorno dell’autunno scorso, e la mia vita è cambiata concretamente. Davvero.
Io non so chi tu sia, non ti conosco, ma ti ho sempre visto come uno zio di quelli che ti telefona almeno una volta a settimana per sapere come te la cavi. E pensare che se fossi venuto a trovarmi, proprio non avrei saputo che cosa offrirti e quali sono i tuoi gusti.
Per non parlare del fatto che essendo entrambi parecchio perfezionisti su certe cose, saresti stato uno di quegli zii con cui avrei avuto paura di fare brutta figura e tu, da zio, probabilmente mi avresti posato una mano sulla spalla e mi avresti detto che sarebbe andata meglio la prossima volta.
Si è detto tanto su di te. Che sei solo un capitalista, uno che crea bisogni inutili, uno schiavista. Ma credo che tutto si possa dire - che te ne importa del giudizio altrui? - ma non che non eri geniale, un visionario, uno che cercava sempre il meglio e che spronava gli altri a cercarlo anche in se stessi. Lo so che ogni giorno muoiono molte persone: qui da noi sono morte delle donne che lavoravano per tre euro e quattordici centesimi all’ora e altri tra cataclismi e stenti di vario genere. Anche a loro do tutto il merito che va dato alla vita e sono sicura che anche loro avranno dato tanto a chi li circondava. Ma tu, possiamo dirlo, hai reso la vita più semplice a un sacco di persone. E questo resterà sempre innegabile.
Scusami, divago sempre, volevo dirti delle cose che non ho mai avuto occasione di dirti. Non so se tu sia su in cielo, tra le fiamme o sia rinato sotto forma di farfalla. Per il novanta per cento dei credi questa è stata la tua unica vita, e so che hai vissuto in modo da renderla indimenticabile.
Ma oggi voglio pensare che in qualche modo, con qualcuna delle tue magiche applicazioni, tu riesca a leggere tutti i pensieri che ti vengono spediti. Volevo solo parlarti di quello che hai detto quella volta a Stanford, quello che più mi ha fatta riflettere. Perché sai, in questo posto è appunto di questo che parlo.
Nel 2004 vivevo in una piccola penisola, in un condominio di un orribile verde scuro con delle linee bianche. Una palazzina dei primi anni ’70.
Ogni sera, da marzo a giugno, scorgevo una moto rossa fiammante parcheggiata dall’altro lato della strada. Non vedevo mai il suo proprietario, ma solo la moto.
Ad agosto conobbi un ragazzo per caso, in un paese a 20 minuti da dove abitavo io, e quando si è trattato di dargli il mio indirizzo per il nostro primo appuntamento, lui mi ha detto di stare tranquilla e che sapeva benissimo dove fosse.
Quando è passato a prendermi con la sua moto rossa mi ha lasciata senza parole. Credo sia comprensibile sempre per quello che ti dicevo più sopra a proposito delle coincidenze.
La nostra storia è durata poco più di un anno, ed è finita in un modo veramente devastante.
Mi iscrissi all’Università, andai molto bene, ma dato che non potevo permettermelo dovetti lasciare dopo neanche un anno di corso.
Così decisi di mollare e di avere fiducia, che tutto sarebbe andato bene lo stesso.
È stato difficile sai? Ho pianto parecchio. Anche per invidia, per il fatto che le Università pullulano di ragazzini che la frequentano senza apprezzare l’occasione che hanno.
Ma qualcosa lentamente cominciò a crescere in me: ancora amavo quello che avevo fatto. E per questo decisi di ricominciare da capo.
Ed è lì che ho ricominciato a scrivere. Per la rabbia.
Sono cambiata. Sono diventata molto più dura e affezionarmi a qualcuno, per qualche anno, è stato molto difficile.
Poi ho conosciuto lui, il mio uomo, e mi sono resa conto che la Me di prima, quella giovane che se ne stava sul balcone verde sbiadito a guardare il mare, non lo avrebbe fatto innamorare.
Se non avessi mollato l’Università, forse non avrei riscoperto la mia grande passione e i miei sogni.
Se non avessi conosciuto quel ragazzo, se la nostra storia non fosse andata male e se non fossi cambiata diventando più matura e tenace, oggi non starei con il mio eroe.
Insomma, non è possibile “unire i puntini” guardando avanti; si può unirli solo dopo, guardandoci all'indietro. Così, bisogna aver sempre fiducia che in qualche modo, nel futuro, i puntini si potranno unire. Bisogna credere in qualcosa: il nostro ombelico, il destino, la vita, il karma, qualsiasi cosa. Perché credere che alla fine i puntini si uniranno ci darà la fiducia necessaria per seguire il nostro cuore anche quando questo ci porterà lontano dalle strade più sicure e scontate, e farà la differenza nella nostra vita. Questo approccio non mi ha mai lasciato a piedi e, invece, ha sempre fatto la differenza nella mia vita.
Con la scrittura non va sempre bene, delle volte mi fa arrabbiare. Molto. Con la vita… figuriamoci! A nessuno va mai bene tutto. E le delusioni arrivano anche da chi più ti sosteneva.
Qualche volta la vita ti colpisce come un mattone in testa. Non bisogna perdere la fede, però. Bisogna trovare quel che amiamo. E questo vale sia per il nostro lavoro che per i nostri affetti.
Il nostro lavoro riempirà una buona parte della nostra vita, e l'unico modo per essere realmente soddisfatti è di fare quello che riteniamo essere un buon lavoro. E l'unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che facciamo.
Ma vado avanti, perché ci credo. E questo mi hai aiutato a farlo anche tu. Perché ogni giorno mi alzo con il pensiero che mi hai insegnato.
Se oggi fosse l'ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?". E ogni qualvolta la risposta è no per troppi giorni di fila, capisco che c'è qualcosa che deve essere cambiato.
Vivo.
Ricordarmi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita. Perché quasi tutte le cose - tutte le aspettative di eternità, tutto l'orgoglio, tutti i timori di essere imbarazzati o di fallire - semplicemente svaniscono di fronte all'idea della morte, lasciando solo quello che c'è di realmente importante. Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore che io conosca per evitare di cadere nella trappola di chi pensa che abbiamo sempre qualcosa da perdere. Siamo già nudi. Non c'è ragione, quindi, per non seguire il nostro cuore.
Se oggi credo nel futuro è anche grazie a te.
Il nostro tempo è limitato, per cui non lo dobbiamo sprecare vivendo la vita di qualcun altro. Non facciamoci intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciamo che il rumore delle opinioni altrui offuschi la nostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, dobbiamo avere il coraggio di seguire il nostro cuore e la nostra intuizione. In qualche modo, essi sanno che cosa vogliamo realmente diventare. Tutto il resto è secondario.
  
Stay Hungry. Stay Foolish.
  
Grazie. Punto.
Qui potete leggere il discorso completo di Steve Jobs a Stanford. 
  

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