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Di Twitter e i dibattiti salutari tra pubblico e privato

Creato il 27 marzo 2012 da Paz83

Prima di tutto lasciatemi dire gioia finalmente per una discussione assai gustosa.

Tra ieri e oggi si è sviluppata questa bella discussione con botta e risposta, molti civili e molto salutari su twitter (e io penso sui social media in generale), o meglio, sull’uso che di questi strumenti viene fatto soprattutto da quei personaggi più in vista (giornalisti, politici, etc…).

Giuseppe Smorto in un articolo su Repubblica online dal titolo “troppo ego oscura il social” si è posto la domanda: il social è pubblico o privato?

Insomma, se per esempio seguiamo un giornalista dobbiamo aspettarci che condivida solo notizie e opinioni, oppure anche frammenti della sua vita privata?

Seguo un prof che scrive articoli efficaci sulla situazione della scuola, ma in compenso devo leggere anche che è molto raffreddato, e di questo non mi frega nulla

La domanda è una: il social è pubblico o privato? Sembra una riedizione in chiave digitale di quel “il personale è politico” che segnò gli anni della protesta. No, il personale non è politico, e nemmeno social. Le liti di Demi Moore col suo toy-boy possono interessare certi settimanali e molti siti, fanno parte di quel mondo che chiamiamo star-system. Ma il personaggio che viene definito pubblico dovrebbe avere un po’ più di pudore, proprio perché i social network sono pericolosissimi e spudorati.

A Smorto sempre dalle pagine di Repubblica ha risposto Arianna Ciccone in parte concorde e in parte no e che comunque sulla distinzione pubblico/privato non vede questa linea di demarcazione così netta

…non farei più questa differenza privato/pubblico, entrambe le dimensioni fanno parte del gioco. Ognuno usa questi strumenti, questi luoghi di incontro come vuole. Sta a noi “costruire” la nostra comunità in base ai nostri interessi, alle nostre esigenze, alla nostra voglia di confronto e di conoscenza. La mia timeline non è responsabilità di chi seguo.

Sempre prendendo spunto dall’articolo di Smorto pure Fabio Chiusi scrive un post che vi consiglio di leggere, perché centra in pieno parecchi aspetti della, citandone il titolo, fenomenologia della vita quotidiana al tempo di Twitter.

Per quanto mi riguarda, dico la mia da signor nessuno, proprio oggi discutevo su facebook di twitter (ironie) con un amico. Lo spunto era lo screenshoot con analisi di un tweet della Satta (che non seguo), forse la regina della banalità inconcludente di un certo uso di questo social. La mia critica era semplice: i social sono uno strumento e come tutti gli strumenti bisogna imparare ad usarli, non basta il “lei non sa chi sono io” per lanciarsi nella mischia, soprattutto se la mischia è orizzontale e il chi sei tu può tendenzialmente avere un peso pari a zero se ti giochi male quel che conta, e cioè cosa puoi darmi tu che potrei trovare interessante e stimolante, ma soprattutto se oltre a parlare sei anche in grado di ascoltare. Perché parte del gioco sta tutto lì, a mio parere. Sulla distinzione pubblico o privato tendo anche io ad essere poco netto, quello che secondo me è importante è e rimane sempre la misura e il gusto. Può essere pure che il mastro del gota del giornalismo vate la pesca di mia nonna in cariola decida di buttare li 4 tweet di vita privata al giorno. Pur se privati, se saranno intelligenti e stimolanti avranno per quanto mi riguarda lo stesso carburante motivante alla discussione di un articolo da pulitzer.


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