Magazine Attualità
E' rilevante gestire gli aspetti energetici legati all'attività produttiva mediante l'ottimizzazione dei processi, l'efficientamento e la riduzione dei costi di approvvigionamento.
Quale approccio?
L'approccio da seguire è quello di procedere a una caratterizzazione del vostro profilo di utente energetico attraverso un audit, la cui esecuzione originerà una diagnosi energetica, dalla quale emergeranno le opportunità esistenti ed un loro ordinamento per priorità. Potreste essere l’interlocutore tipo, cui potrebbero sorgere alcune curiosità e conseguenti dubbi: verificate se vi riconoscete nelle dieci domande che seguono, accompagnate dalle relative risposte.
E. Tassi – Esperto in Gestione Energetica ed Energy Auditor.
Quando si propone un audit con relativa diagnosi energetica, il primo segno di interesse è l'espressione di domande su questioni sostanziali. Ripercorrendo gli energy efficiency audit eseguiti in diversi anni, in diversi paesi, su siti di tutte le taglie e svariati settori produttivi, credo di poter ricondurre ad una specie di decalogo le riserve (anche pesanti) cui, prima di ottenere l’incarico, avevo risposto, evidentemente in modo convincente. Ecco il decalogo delle domande:
1. Perché avrei bisogno di un audit energetico (o, chiamalo come vuoi, un qualche tipo di studio riguardo alla mia gestione energetica)?
2. Però nella mia azienda il fabbisogno di energia non è né il core business, né la principale voce di costo
3. Va bene, però ieri mi hanno offerto un audit gratis
4. Quindi, quanto mi fai risparmiare?
5. Io però voglio solo interventi che tornino in meno di due anni
6. Non sarà che per farmi risparmiare energia vuoi costringermi a lavorare male, o in ristrettezza di approvvigionamento?
7. Perché questi studi li dovrei dare a un esterno e in particolare a te ?
8. Però francamente, non sono entusiasta di avere tra i piedi qualcuno che per dei giorni mi rivolta lo stabilimento come un calzino, magari per poi scrivere alla direzione che finora ho agito male.
9. Ma, dopo, mi lasci da solo con una relazione in mano?
10. OK, ma noi siamo una piccola azienda (o comunque con bollette energetiche basse; se mi costi più di quel che mi fai risparmiare…)
Nei precedenti articoli avevamo preso in esame i primi 6 punti del decalogo; qui proseguiamo il nostro approfondimento, analizzando i punti 7,8,9,10.
7. Perché questi studi li dovrei dare a un esterno e in particolare a te ?
Domanda brutale e forse un po’ aggressiva, ma forse è il caso di abituarcisi… tanto più che le risposte altrettanto schiette non mancano, vedi di seguito:
- faresti meglio a darla ad un esterno perché tu hai altro da fare!
- questo “altro da fare” ti riesce meglio dell’energia: è il tuo core business, di cui ti occupi prioritariamente tutti i giorni che trascorri lavorando!
- ci sono invece esterni che, tutte le ore di tutti i giorni in cui stanno lavorando, da anni si occupano di gestione energetica: questo è il loro “altro da fare”, il loro core business.
Forse queste tre risposte sono un po’ brusche (d’altronde, a provocazione…), per cui qualche commento può servire:
• pensiamo ad un sito dove l’energia è tutto o quasi: una centrale termoelettrica, ma anche una raffineria, un petrolchimico e così via. Ovviamente ci possiamo aspettare che all’interno ci siano sia una cultura gestionale sia tecnologica dell’energia; che intere squadre vi siano dedicate, specializzate, competenti e con premi e avanzamenti di carriera legati proprio al loro ottenimento di obiettivi sugli aspetti energetici (nella mia esperienza qualche magagna invece si trova sempre, anche in queste realtà fatte essenzialmente di energia…);
• bene; e dove si fa qualcos’altro in cui l’energia ha ruolo meno totalizzante? Qualcos’altro dove l’energia è un fattore di competitività dall’incidenza confrontabile con altri fattori? Dove insomma si è sempre ritenuto troppo oneroso assumere a tempo pieno uno specialista? O dove “specializzare parzialmente” un tecnico in fin dei conti è una perdita economica perché lo si deve distogliere da altre cose su cui ogni sua ora aggiuntiva genera maggior profitto aggiuntivo (ecco cosa significa avere “altro da fare”) ?
In definitiva, a chi ha formulato bruscamente la domanda di cui sopra, si può rispondere di pensare a questi aspetti. E pensare che esiste un esterno specialista che, al contrario, si occupa di energia tutto il suo tempo ma, a differenza di un interno, vede come cosa normale di dedicare ad ogni Cliente lo sforzo commisurato, per giunta capendo con lui quanto il Cliente potrà fare in autonomia (e, dopo l’innesco da parte di uno specialista esterno, l’autonomia del Cliente potrebbe gradualmente aumentare).
Certo, di esterni che si propagandano come l’uomo giusto se ne trovano molti; come si può provare a distinguerli? Il fatto che conoscano l’impianto normativo sulla gestione dell’energia potrebbe già essere una buona discriminante: il mosaico già esposto in Figura 2, a sua volta proveniente da “Gestire l’energia” contempla tutta una serie di norme che stabiliscono i requisiti riguardo a: sistemi, servizi, audit, diagnosi, società di servizio e professionalità, oltre che a metodologie per le valutazioni ed i confronti di consumi e risparmi energetici: chiedete se chi vi propone un audit può rispettare la conformità con i requisiti richiesti. Questo è già qualcosa. Ma sul “perchè in particolare a te?” che è parte integrante della domanda, forse è il caso di chiedere un CV del soggetto (il mio è disponibile qui).
8. Però francamente, non sono entusiasta di avere tra i piedi qualcuno che per dei giorni mi rivolta lo stabilimento come un calzino, magari per poi scrivere alla direzione che finora ho agito male.
Questa ostilità iniziale è una costante ed è ancora più marcata quando l’azienda ha più stabilimenti, e si arriva mandati dalla holding, senza avere prima conosciuto lo staff locale. Si tratta di una dinamica così usuale che, se in principio non si avvertisse almeno potenzialmente, potrebbe addirittura voler dire che qualcosa non va, ad esempio che c’è completo disinteresse. Nella mia esperienza, questo atteggiamento comincia a fugarsi presto, a volte già durante il kick off meeting: i tecnici di sito comprendono di non aver ricevuto la visita di uno scocciatore, ma piuttosto di un alleato: qualcuno che può aiutarli a veicolare le proprie idee verso la Direzione. In genere la riunione finale del sopralluogo, dopo la quale ci si saluta per darsi appuntamento a quando la relazione sarà pronta e si vorrà discuterla, si è stabilito un clima di fiducia [1].
Piuttosto, facendo un passo indietro, è efficace spiegare in anticipo, prima dell’audit, l’importanza dell’inviare preliminarmente i dati essenziali, dato che poterli studiare consente all’esperto in gestione energetica una notevole ottimizzazione del tempo passato in visita al sito.
“Gestire l’energia” dedica attenzione anche agli aspetti pratici di come si esegue un audit, inserendo tipici esempi di agenda e richiesta dati diramati in anticipo, oltre a considerazioni su quale debba essere il giusto compromesso tra l’esigere dati accurati già dalle prime fasi e puntare sulla maturazione di un rapporto di disponibilità progressiva del personale.
9. Ma, dopo, mi lasci da solo con una relazione in mano?
Ovviamente no. E le cose che succedono nel proseguimento possono differenziarsi notevolmente a seconda delle esigenze.
Prendiamo il classico follow up, dopo che il Consulente ha presentato i suoi risultati in bozza e li ha discussi con il Cliente, raccogliendone le osservazioni e arrivando ad una consegna finale. In genere l’azienda si prende il suo tempo per “digerire” quanto ricevuto, discuterlo internamente tra Direzione, esperti, eventualmente fare le sue verifiche. Dopodichè potrebbe risolversi in un “bene, qui dentro c’erano dieci interventi: questo al momento non ci piace molto, questo è talmente semplice che lo facciamo noi in quattro e quattr’otto, questo sappiamo a chi affidarlo, questo… questo ci aiuti ad attuarlo? E questo ci aiuti a metterlo a gara? O ci segui come Consulente di parte se ci rivolgiamo ad una ESCo per condividere il business?” Questa è una selezione, decisamente incompleta, di possibili follow up. Ma la Direzione potrebbe anche decidere di attuare in toto un piano di intervento segnalato dalla relazione, con bisogno di assistenza: l’esperto in gestione energetica è reclutabile per i tipi di follow up più svariati, da configurare quando sarà il tempo, dopo l’audit.
10. OK, ma noi siano una piccola azienda (o comunque con bollette energetiche basse; se mi costi più di quel che mi fai risparmiare…)
Per piccole imprese, e/o ad intensità energetica non marcata, questa potrebbe essere un’obiezione spontanea. Vale la pena di ricordare che la ISO UNI CEI EN 50001 sui sistemi di gestione energetica, come d’altra parte tutte le norme sui sistemi di gestione, ricorda che qualunque organizzazione può crearsi un sistema di gestione adeguato alle sue caratteristiche: la stessa cosa può valere per una consulenza energetica, che può essere confezionata su misura, in coerenza con le caratteristiche, esigenze e scenari in cui si muove che richede un servizio.
Note
[1] Certo, se volessi riportare l’esempio all’apice, mi verrebbe da raccontare la conclusione di 10 giorni di audit in una centrale a carbone in un Paese dell’Asia Centrale, il sabato: grigliata a riva del lago di presa acqua raffreddamento condensatore e, mentre le braci lavoravano, sauna nell’apposita baracchetta, collegata al lago con un pontile, dal quale il tuffo sostituiva la doccia fredda tra i set di sauna. E poi saluti con abbracci (e giusto un po’ di vodka…)
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