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Dialetto d'Umbria: pulle, rattattuiu, sciampagnasse, gabarrè, visavì

Creato il 14 maggio 2012 da Berenice @beneagnese

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Tra le tante parole straniere che si stanno via via sostituendo ai termini italiani, ce ne sono alcune usate nella parlata dialettale che hanno una spiccata derivazione francese.

Nella parte dell'Umbria, di cui da tempo sto prendendo in considerazione la parlata vernacolare (media Valnerina e area spoletina confinante),  il periodo napoleonico, con l'occupazione francese di fine '700 e inizio '800, sembra aver lasciato un segno ancora percepibile. Spoleto fu capoluogo del dipartimento del Clitunno e del Trasimeno e molti comuni della Valnerina furono aggregati al cantone rurale spoletino, pur tra lotte e ribellioni che sfociarono a quei tempi nella creazione di un movimento antifrancese e antigiacobino. Nonostante i tafferugli le truppe francesi pronunciavano parole che la gente del posto ben presto faceva proprie, mantenendole ancora adesso.

Inoltre, lo ammetto, le elezioni presidenziali francesi della settimana appena trascorsa hanno riacceso, almeno momentaneamente, l'interesse per questo venticello lessicale d'oltralpe.

 

Eccole alcune delle parole dialettali di origine francese ancora in uso:

 

Le pulle: le galline. Da poule, in francese il pollo, che a sua volta deriva dal latino pulla che significa gallina. Le pulle la sera si ricoverano nel pollaio o patullu, condividendo lo spazio con biòcche (chiocce), pollastri e pollastre, coi purgini e co' lu galle.

Liunì, staje attente a le pulle che la vorbe te freca!  Leonilde, tieni d'occhio le galline che la volpe te le ruba!

 

Rattatuiu:  miscuglio che dà luogo a disordine. La parola è una corruzione di ratatouille che indica un piatto vegetale consistente in un miscuglio di verdure. Lu munnu è diventatu un rattattuiu, non se capisce più lu versu. Il mondo è diventato un miscuglio disordinato da non capirne più il verso giusto.

 

Sciampagnasse: dissolvere, sciupare. Il riferimento immediato è allo champagne che raffigura il senso del festeggiamento. Potrebbe essere un adattamento dell'italiano sciampannare che significa allargare. Ma l'accostamento alle bollicine rende meglio l'idea. Se so' sciampagnato tuttu, per nui non c'è 'rmastu gnènte. Lo saprebbe io do' mannalli! Hanno sciupato tutto e per noi non è rimasto niente. Saprei io dove mandarli!

 

Gabarrè: vassoio. Dal francese cabaret che oggi significa varietà ma che in origine definiva il vassoio con cui si servivano bicchieri e tazzine nei café o nei locali notturni.  Dicu la dieta, la dieta, sfonnali, se so' magnati un gabarrè de pastarelle! Dicono la dieta, la dieta, sono senza fondo, hanno mangiato un vassoio di paste.

 

Visavì: armadio con grandi specchi. Dal francese vis à vis, tradotto viso a viso, perché negli specchi presenti in ogni anta dell'armadio ci si può guardare viso a viso con un'altra persona, magari illuminati dalle baciù, le abat-jour, discrete lampade da comodino.

Lu trènce sta appicatu su lu visavì de nonna, caccialu fòri che piòe.  Il trench è appeso nell'armadio della nonna, tiralo fuori che piove.

E non te specchiassi troppu che qui ci sta da fa'! E non ti specchiare troppo che qui c'è da fare!

 

(Continua, arrivederci alla prossima volta. Altri articoli in Dialetto umbro: 'ncitusu, scintu, sguillone, cecagna, rignuppicatu  )  

 


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