Eh sì, ce n’è da ragionare. E anche da scoprire. Inaspettatamente, molte di voi che hanno appoggiato la protesta delle giornaliste: la richiesta di qualche autoregolamentazione, o almeno distinzione rispetto a chi si presenta prevalentemente come testimonial dei brand, sorge proprio da molte fashion blogger che concepiscono il loro come un lavoro di reportage su novità, stili e tendenze.
Al contrario, anche qui a differenza di quanto mi aspettavo, autorevoli firme di moda della carta stampata vivono il cambiamento non come una minaccia ma come una ventata d’aria fresca: “Preoccuparmi? E perché?”, mi diceva ieri Daniela Monti, Corriere della Sera; “le fashion blogger hanno un linguaggio nuovo, spigliato, a loro modo lungimirante. E poi nessuno fa niente per niente, se gli stilisti le invitano alle sfilate vuol dire che sono riuscite a catturare l’attenzione delle maison”.
Forse è un sistema che andrebbe autoregolamentato: ma così facendo non si rischia di minare la sua freschezza, che è stato il vero elemento dirompente? Oppure si dovrebbe separare chi fa informazione da chi propone solo outfit: ma non si creerebbe così una nuova giovane casta della moda? Dite cosa ne pensate e ragioniamone insieme.
P.S. Caro anonimo che scrivi “ci vogliono nomi e fonti ufficiali, si vede che questo è un blog e non una testata giornalistica”: nel giornalismo si chiama “protezione delle fonti”. Io do una notizia, proteggo la fonte, ma ci metto la faccia e la firma. Il contrario di chi, come nel tuo commento, avanza insinuazioni restando nell’anonimato. Tranquillo, non siamo in un regime, e a nessuno viene tagliata la lingua.