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Diario africano/26 - Luci e ombre di un viaggio in bus (1 parte)

Creato il 12 novembre 2014 da Mapo
Da qualche parte tra Gulu e Kampala, 12 novembre
L'unico modo sensato di raccontare questo viaggio in autobus sarebbe una registrazione audio di questo rumore confuso di voci, minacciosi scricchiolii e musica pop in inglese a tutto volume.Un cocktail micidiale e prolungato che dura l'intero tragitto: gli oltre 400 infiniti Km che separano Gulu da Kampala, la capitale.Diario africano/26 - Luci e ombre di un viaggio in bus (1 parte)La strada, anche dopo aver sorpassato il Nilo, rimane una lunga striscia di terra rossa con qualche spiraglio di asfalto in pessimo stato. Mi accorgo un po' stupito di non averla ancora vista da quando siamo partiti, pur essendo oltre metà del tragitto. Eppure la avverto come una presenza fisica, che va ben oltre quel piano irregolare su cui poggiano le ruote. Ogni buca, ogni curva e pendenza si palesa alle mie vertebre costrette tra un sedile rosso ricoperto di cellophane trasparente e il pesante zaino nero che ho appoggiato sulle ginocchia.Qui sono riusciti nel difficile compito di infilare 5 file di sedili dove di norma ce ne stanno solo 4. Non sono molto ferrato, ma credo che qualora un evento sfidi palesemente le leggi della fisica, in questo caso l'impenetrabilità dei corpi, si possa a ragione parlare di miracolo.Diario africano/26 - Luci e ombre di un viaggio in bus (1 parte)La signora alla mia destra, una grossa matrona dalla tunica variopinta che, giuro!, ha più di un sedere, guarda le mie dita che scrivono velocemente queste parole sul telefono. Spero non parli italiano, oppure mi aspetta quantomeno un vaffanculo. Ha appena finito di urlare contro un venditore di arance verdi che gli ha allungato un sacchetto dal finestrino. Un problema con il resto, credo di aver capito. Ora guarda indecisa dei polli appesi a testa in giù con le zampe legate. Spero non si lasci tentare.Incastrate tra i sedili ci sono delle bottiglie d'acqua mezze piene. Nessuno sa di chi siano, ma stanno lì a ricordare, con le loro piccole maree, quanto balli questo parallelepipedo appoggiato su quattro ruote che viaggia verso sud.
L'autista è nascosto dietro una specie di separè di plastica blu su cui campeggia, a caratteri dorati, la scritta "in case of bad driving please call ", seguita da un numero di telefono di rete fissa.Non ho ancora visto nessuno alzare il telefono, nemmeno quando ci siamo inclinati di 45 gradi sul lato destro.Il signore alla mia sinistra, in un paese in cui a volte sono io a sentirmi un watusso, è magro ed altissimo, il suo ginocchio è uno dei contatti più intimi che mi sono toccati negli ultimi mesi. A quanto pare è venuto a Gulu per comprarsi tre quadretti di Gesù con la cornice laccata, che tiene gelosamente in braccio.
Stiamo andando a un congresso a Kampala, a presentare dei dati di un piccolo lavoro di ecocardiografia fatto qui. Penso ai miei colleghi in Italia, in analoghe situazioni, seduti sui comodi sedili di aerei spesati o su treni frecciarossa con poco ritardo. Sorrido a metà tra invidia e l'autocompiacimento che sempre accompagna la scomodità di essere "originali".Fuori sta per calare il sole, le nuvole si colorano e, se conosco l'Uganda almeno un po', tra non molto pioverà. Il che potrebbe ritardare l'arrivo di almeno un'ora.Dicono che arrivare a Kampala la sera, con il traffico, sia qualcosa a dir poco folle. Ripenso alla tangenziale di Teheran, alla superstrada che conduce dal Bosoro all'aeroporto di Istanbul proprio quando stai per perdere l'aereo e a viale Forlanini a Milano il lunedì mattina. Attendo il confronto.Diario africano/26 - Luci e ombre di un viaggio in bus (1 parte)Provo a insegnare "Azzurro" a Karol, una collega pediatra ugandese. Dico che è la tipica canzone da pullman rifacendomi a un brutto spot del Travelgum. Il fatto che ci sia la parola Africa nella seconda strofa mi fa sentire meno fuori tema.Fuori dal finestrino passa un mondo a ciclo continuo fatto di alberi e capanne, tank d'acqua sospesi a pochi metri da terra, bambini che giocano con i copertoni e caprette.
Mi appoggio sulla spalla di questa signora e provo a dormire un po'. Per fortuna, almeno a questa fermata, i polli non li ha comprati.

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