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Diario della mia maternità improvvisata. Parte seconda.

Da Suster
L'altra volta era novembre, la luce era grigia, il cielo coperto, faceva freddo, si entrava nell'inverno e c'era un poco da deprimersi. Pensavo che non avevo vestiti adatti, che mi mancavano un mucchio di cose, e che non avevo tempo per pensarci, che non ce l'avrei mai fatta.
Stavolta era agosto, un agosto popolato di anticicloni dai nomi infernali, le giornate erano sopravvivere al caldo e nulla più, nell'attesa spasmodica di un po' di fresco, penso che davvero questa volta non avrò nulla per l'inverno, ma me ne sbatto abbastanza. Una cosa per volta se ne verrà fuori.
L'altra volta mi ero mossa tardi, avevo aspettato due settimane prima che iniziasse a venirmi il sospetto, ero in ritardo su tutte le tabelle di marcia, e ovunque andassi mi sentivo dire: "Ma come ancora non ha..." segue imprescindibile misura di profilassi, o: " Ma come ancora non ha preso appuntamento per..." segue imprescindibile trafila burocratica per fissare data di improrogabile analisi clinica ed entravo nel panico, prendevo appuntamenti col magone in gola e mi chiedevo quanti soldi avrei speso per tutto ciò.
Stavolta mi sono mossa con lo stesso scattante tempismo: ho aspettato due settimane prima che iniziasse a venirmi anche solo il sospetto, sono in ritardo su tutte le tabelle di marcia, e ovunque vada mi sento dire: "Ma come ancora non ha...", ma ho imparato che non è poi così importante, e soprattutto che è tutto gratuito!
L'altra volta mi ero messa a cercare disperatamente casa: schiantandomi contro la realtà del fatto che non ce l'avremmo mai fatta, ad andare a vivere per conto nostro, mi sarei ben presto arresa alla risoluzione finale che avremmo sistemato questa, di casa, che l'avremmo resa "adatta".
Stavolta mi sono messa a cercare casa disperatamente, ben consapevole che non è affatto il momento giusto, che sarà difficilissimo, che è più un'utopia che una realtà, che da soli non ce la faremo, e che dovremo chiedere aiuto, per quanto mi pesi, ma stavolta voglio provarci per davvero, arrivare fino in fondo. Poi se non deve essere, non sarà.
L'altra volta mi accorgevo, stupita, di non essere più del tutto io: mi commuovevo per nulla, scordavo tutto, disdegnavo i dolci, controllavo il peso, e lo annotavo con cura una volta a settimana.
Stavolta non mi sento poi troppo diversa da come ero prima: continuo a commuovermi per cose che un tempo non mi avrebbero smosso nemmeno il sopracciglio, continuo a scordare tutto, anche dove sono diretta quando esco di casa, disdegno i dolci, ma in mancanza d'altro mi accontento, mi riprometto di controllare il peso ma non ho ancora avuto modo di mettere in pratica il proposito.
L'altra volta ero devastata dalla nausea, ero dimagrita mio malgrado di due chili in tre mesi, e questo era motivo di grande ansia, perché non mi era mai successo prima e non mi sembrava il momento adatto per cominciare, mi mancava il fiato al terzo scalino, avevo le occhiaie e la pelle lucida, la bocca impastata e le labbra secche, lo stomaco sottosopra, non riuscivo a bere acqua, mangiavo solo crackers e stracchino, e poi a un tratto mi disgustava, dovevo prendere il ferro e mi angosciavo, dovevo fare gli esami e mi pigliava l'ansia, dovevo chiedere informazioni e mi veniva il panico.
Stavolta ho reagito alla nausea di petto,cercato in giro pasticche di zenzero di cui pochi hanno sentito parlare e pochissimi possono testimoniare l'esistenza, non penso di aver perso chili né di perderli a breve, e in ogni caso so che quello sarebbe l'ultimo dei miei pensieri, mi manca il fiato al secondo scalino, ho le occhiaie e la pelle lucida, grondo sudore, ho la bocca impastata e le labbra secche, lo stomaco sottosopra, non bevo acqua, a meno che non sia ghiacciata, devo prendere il ferro ma temporeggio, penso agli esami da fare come a una seccatura necessaria e collaterale, non chiedo informazioni perchè ricordo tutto alla perfezione, o quasi.
L'altra volta sono stata attentissima a quel che mangiavo, e a quel che non potevo mangiare, e a quel che sarebbe stato meglio non mangiare. Niente roba fritta, condimenti elaborati, tonno meglio di no, che contiene mercurio, pesavo la pasta, comprai riso integrale e frutta biologica (è durata un mese prima che mi arrendessi all'evidenza che non riuscivo a mangiare niente di quel che avrei dovuto). Non prendevo più caffè, niente alcool, niente medicine, mi tenni la febbre per tre giorni ingollando pasticche fitoterapiche prima di cedere al paracetamolo. Mi dicevo: voglio fare tutto come si deve, almeno una volta nella mia vita, e mi tormentavo quando il mio corpo non collaborava.
Stavolta ho saccheggiato supermercati desertificati dall'esodo estivo, mi sono rifugiata nelle corsie con banco frigo per sfuggire alla canicola e passare quella mezz'oretta di goduria refrigerante, ho riempito carrelli di cornetti di mais al chili, olive ascolane surgelate, bastoncini di pesce fritti, bocconcini di mozzarella impanati, schiacciatine alle noci, al basilico, agli spinaci, al peperone, alla salciccia (queste le nascondo perchè non le veda il beduino), succhi di frutta ACE, ghiaccioli al limone con bastoncino di liquirizia, biscotti gelato al malto, pacchi di patatine, salatini, crackers al rosmarino, ho trangugiato pasti divorando pane a sazietà, ho spalmato formaggi spalmabili, ho addentato quelli che spalmabili non erano. Mi sono detta: passerà, nel frattempo, dovrò pur sopravvivere.
L'altra volta tornavo da lavoro sfatta e leggermente nauseata, collassavo sul divano in pieno giorno e dormivo fino all'ora in cui dovevo tornarci. Mi trascinavo esausta, entravo in servizio già disgustata dagli odori di olio fritto e condimenti vari di focaccine esposti al banco, mi sembrava impossibile arrivare alla mezzanotte. Ma ci arrivavo ogni sera, passavo il mocio maledicendo la candeggina e tornavo a casa alquanto sfatta per sprofondare in  un nuovo sonno comatoso fino alla mattina.
Stavolta ho passato giornate dormendo fino a tardi, sono rimasta in casa con la pupa perchè faceva caldo, facevo con lei il pisolino dopo pranzo, mi svegliavo più rincoglionita che mai e pianificavo il resto della giornata puntando al massimo risparmio energetico, uscivo per distrarmi dal mio stato di straccio umano, e dopo cena stavo 'na chiavica; mi addormento con lei pensando che un altro giorno è andato, e vai così. Passerà, passerà, prima o poi.
L'altra volta ho aspettato a lungo a dare la notizia. Mi dicevo che a Natale sarei tornata a casa e l'avrei annunciato ai miei. Temevo i giudizi altrui, non volevo mi si facessero domande, non sapevo come dirlo, mi sentivo piuttosto aliena, mi confidai soltanto con due amiche.
Stavolta... stavolta ho aspettato a dare la notizia, mi son detta: a settembre torno a casa e lo annuncio ai miei. Temo i giudizi altrui, non ho voglia mi si facciano domande, le solite domande del caso, non so come lo dirò, si può dire che l'esperienza non mi abbia insegnato proprio niente su questo punto. L'ho detto solo a un'amica. E ad Hasuna naturalmente. E a Mimi. E a una mamma di un'amichetta di Mimi dei giardini. E a una blogger. E a un agente immobiliare (veramente è stata Mimi a dire: "Nella mia panzia c'è il pate-llino!" Così mi è toccato dare spiegazioni all'attonito interlocutore). Ah, e a un'altra amica che è incinta. E a una coppia di nostri amici che stanno a Parma e aspettano un bambino. E a mia sorella. E a un'altra mamma del nido.
Sì, va be', stavolta sono un colabrodo, malgrado le intenzioni siano quelle di un tempo.
L'altra volta pensavo che per crescere un figlio servissero un mucchio di soldi, e tremavo di fronte al fantasma pannolino, pensavo a quanto materiale imprescindibile mi mancasse e a quanto costano i vestiti per bimbi piccoli e soprattutto, mi hanno detto, le scarpe.
Stavolta so per esperienza che i soldi servono sempre per vivere, ma che si può vivere anche con pochi soldi e, udite udite, persino con pochissimi! Che i pannolini se compri quelli giusti non ti costano più di 5 euro la settimana, sono quelle 20 euro al mese che non ti fanno la differenza, che il latte in polvere se lo eviti è pure meglio, che se la gente ti chiede cosa ti serve è inutile che tu gli dica "un seggiolone": nessuno te lo regalerà, pensando che sia una spesa troppo esosa, e invece ti chiederanno stupiti se non ti serva per caso uno sterilizzatore per biberon, ma sai che, no, lo sterilizzatore per biberon non ti serve, nè ti è mai servito nè mai ti servirà, e che in fin dei conti le cose essenziali son ben poche, e che quelle per fortuna ce le hai già, che i vestiti per bimbi costano uno sproposito solo se sei convinta di doverli comprare nei negozi per gente ricca, e che le scarpe se le prendi in saldo non costano più di quelle che hai sempre comprato per te stessa. Hai scoperto che i figli dei ricchi hanno bisogno di molte più cose dei figli della gente normale e questa è una intelligente forma di giustizia sociale.
L'altra volta ho perso il lavoro che ero incinta al quarto mese e mi sono messa insensatamente a cercarne un altro mandando curricula a tappeto, preparando concorsi e facendo colloqui ai quali mi sentivo rispondere: "Torni il prossimo anno, signora, la persona che stiamo cercando preferibilmente non deve essere incinta".
Stavolta continuo a mandare curriculum, moderatamente, preparo concorsi e fisso colloqui a cui mi sento comunque rispondere: "Torni il prossimo anno, signora, la persona che stiamo cercando preferibilmente non deve essere incinta".
L'altra volta ero impaziente e felice, sognante e incosciente, a tratti nel panico, danzavo sulle punte con l'immaginazione, chè con il corpo non sono mai stata capace.
Stavolta... beh, stavolta mi dico: in qualche modo si farà, non sarà peggio della prima. Non sono impaziente, non danzo sulle punte, cerco di tenere i piedi ben piantati per terra.
L'altra volta posso dire di non aver "pianificato" un bel niente, ma non ho avuto un solo momento il dubbio su cosa fare quando ho letto il risultato del test positivo.
Stavolta posso dire di non aver "pianificato" un bel niente, ma non ho avuto un solo momento il dubbio su cosa fare quando ho letto il risultato del test positivo.
In fondo non è vero che il tempo cambia le persone.
(Avete capito, no?)
Diario della mia maternità improvvisata. Parte seconda.

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