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Diario di bordo – Mercurio, l’Alaskan Malamute romano e i suoi primi giorni in Friuli Venezia Giulia

Da Mercuriomalamute @mercuriomalamut
Mercurio, il bosco e la buca

Mercurio, il bosco e la buca

E finalmente Mercurio e il Friuli Venezia Giulia si sono incontrati. Per Sunrise, invece, non è stata la prima volta: l’ho già portata da cucciolissima: si ricorda tutto e subito si è  ambientata sentendo familiare una casa così distante dalla sua tana abituale. Questo è il primo viaggio lungo che Mercurio vive con noi, senza dover stare in una gabbia e senza dover passare le giornate all’interno dei contesti expo. A dire la verità, rimpiango di aver iniziato a fare queste esperienze con Mercurio solo ora perché è veramente bello scoprire nuovi posti insieme oppure vivere gli ambienti che, per me, sono sempre stati routine, con l’entusiasmo dei suoi occhi animati dal nuovo tutto intorno a lui.

Lungo viaggio per i miei cuccioli, ma ne è valsa la pena: in questi giorni, Roma supererà i 40° di calura, mentre qui le temperature ci stanno già accogliendo con maggiore dolcezza. Noi siamo partiti a notte fonda e abbiamo guidato fino all’alba, fermandoci per fargli sgranchire le gambe di tanto in tanto. Nessuno dei due è riuscito a dormire, tanta era l’emozione, la curiosità dei luoghi nuovi, dell’autostrada, degli autogrill, delle persone, dei camion. Otto ore di viaggio in auto sono lunghe per tutti, ma siamo riusciti ad arrivare prima che il sole mostrasse la sua forza. Nessuno dei due si è sentito male e, anzi, hanno trovato anche il tempo per combinare una marachella mentre stavamo guidando: Sunrise si è arrampicata sul dorso di Mercurio (che ha protestato) e, in un modo non precisato, è riuscita a “disarcionare” la sbarra divisoria, a infilare la testa e il corpo e a sgusciare sul sedile posteriore nel quasi completo silenzio. Me ne sono accorta per caso, sentendomi “osservata” (in quel momento non stavo guidando): lei faceva l’ammiraglia sulla nostra valigia, seduta tutta impettita; scrutava le gallerie, le auto, mentre Mercurio, immagino, allungava le zampe nel bagagliaio, felice, per un attimo, di non averla tra i piedi. Non serve dire che, alla prima area di sosta, abbiamo sistemato l’assetto dell’auto, oltre a dargli da bere, coccolarli e rimetterli in macchina per partire di nuovo.

Arrivati finalmente a destinazione, Sunrise ha cercato le sue compagne di giochi. Si ricordava delle mie gatte e del fatto che avevano giocato insieme. Non ha considerato il suo essere raddoppiata di peso e triplicata di lunghezza. La micia, vedendola cresciuta, non ha collegato che lei era proprio lei, ha pensato fosse un’altra intrusa! Nel giro di un lampo ha iniziato a gonfiarsi, soffiare e rumoreggiare come una sirena; Sunrise, ingenua, le è andata vicino come per dirle: “Guarda che sono io! Ti ricordi? Abbiamo corso insieme lo scorso maggio!”; l’altra arpia, invece, non l’ha nemmeno ascoltata e… ZAC! Subito ha cercato di attaccarla e graffiarla! La piccina, come da prassi, ha iniziato a uggiolare e, ovviamente, Bisonte Mercurio è arrivato con il suo passo “felpato”, pronto a dar battaglia. Siamo arrivati anche noi e la gatta ha ben pensato di rifugiarsi sotto l’armadio. Mercurio e Sunrise hanno battuto in ritirata nella mia vecchia cameretta (non prima di aver scoperto l’ennesimo pit-stop culinario delle feline) e, dopo tanto clamore, siamo riusciti a farli addormentare per un paio d’ore.

Mi ero addormentata  da poco quando Mercurio decide che deve esplorare.  Gli apro la porta e, in men che non si dica, arruola mio padre, il quale, intenerito, gli monta tutta una serie di soluzioni ventilative e refrigeranti, accompagnandolo nell’orto (dove ancora non ha fatto buche) per i suoi bisogni. Rientrato, dopo un paio di corse cucina-orto-orto-cucina, ha dato il permesso a mio papà di chiudere la porta e di mettersi a riposare sul divano. Ovviamente, la belva che avevo di sopra poteva resistere dall’andare a vedere che cosa stava combinando il fratellone? Non sia mai! Così, mio papà ha dovuto nuovamente aprire la porta, sistemare i ventilatori e loro, dopo l’ennesimo giro perlustrativo, si sono acquietati al fresco, in casa, lasciandoci tutti dormire per un’oretta. Arrivata la mamma, il luogo del riposo è cambiato: Mercurio, giustamente, ha deciso che doveva presidiare le scorte e, quindi, nonostante il caldo, si è piazzato davanti al forno, con le pentole sul fuoco, con la lingua penzoloni e la faccia felice di chi sta facendo proprio la cosa che voleva fare.

Ma il bello doveva ancora venire! Dopo pranzo, abbiamo lasciato la casa dei miei genitori per andare nella nostra tana con il giardino (prima volta nella nostra vita di coppia e di famiglia): scesi dall’auto, i due, capito che questa sarebbe stata la nostra casa per qualche tempo, hanno iniziato a perlustrare tutto, andando avanti e indietro, correndo, soffermandosi ad annusare, giocando insieme con il pollo di plastica che mia madre gli ha regalato. La cosa che più hanno apprezzato, sul momento, è stato il comprendere che avrebbero avuto il “bagno” a portata di zampa: dovevano semplicemente uscire dalla porta e si sarebbero potuti scegliere il luogo a loro più congeniale. Il portone, poi, è stata una svolta per tutti: loro hanno una loro “area cani” privata, noi possiamo avere maggiore libertà e, per un periodo, andremo in vacanza anche dalla routine delle passeggiatine-pipì o dei giri-cacca.

Questa mattina, però, mi sono venuti a svegliare con un’ora di anticipo rispetto alle loro abitudini: dovevano vedere se il giardino era ancora lì (e dove volete che vada?). Tanto hanno fatto, tanto hanno detto, che mi sono dovuta alzare (dalla disperazione) e portarli a camminare: cinque passi a piedi e i campi erano a nostra disposizione. Siccome era veramente presto, gli impianti di irrigazione erano tutti attivi: la manna per Mercurio e Sunrise.

Sciolti, hanno iniziato a correre tra i filari di viti, fra le pannocchie, lungo i sentieri pieni di pozzanghere. Mercurio correva, seguendo il cerchio dell’irrigatore a spruzzo. Correva avanti e avanti e avanti, poi si girava, tornava indietro come una saetta e poi ancora e ancora. Sunrise, invece, si panava nel fango e si rotolava sul fieno e correva zampettando nelle pozzanghere. Abbiamo passato un’ora a correre seguendo l’irrigatore, giocando, sperando di non incontrare nessun contadino imbufalito. Sono tornata a casa bagnata dalla testa ai piedi. Loro erano l’immagine della gioia: grondanti acqua di roggia, profumati di erbe selvatiche, con il pelo pieno di terra e le code scodinzolanti, le lingue penzoloni. Rientrati, non contenti, si sono messi a giocare nella piscina, che mio papà ha costruito per loro, previo poi rubarsi l’osso di gomma e ricominciare a correre in cerchio, azzuffarsi e leccarsi a vicenda, mentre io preparavo la colazione per tutti.

Ora stanno dormendo al mio fianco, con la pancia all’aria e le zampe al vento: si sono placati (per ora). Sono felice di averli qui. Sono felice di vivere la mia Terra con loro vicino.


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