DÍA 5.
50 euro di dischi in un sacchetto della Fnac. E dire che ho pure rinunciato ai Love of Lesbian: rimorso di coscienza di cui poi mi pentiró. Pazienza, il risparmio first of all. L'aria condizionata al livello “tuteliamo i pinguini” mi ha intanto provocato un'istantanea congestione. Ragion per cui il tour dei bagni in odore di candeggina ha la precedenza sulla sezione “Made in Málaga”. Grande idea, quella lí, tra l'altro. Trattasi di interi scaffali riservati agli artisti locali. Rinomati, emergenti, poco importa. Di sicuro c'é il beneficio dei turisti che cercassero souvenir un po' diversi dalle ballerine di flamenco in porcellana. E anche dell'orgoglio cittadino, ovvio. Dell'immagine di un posto che lotta, esibisce e difende ció che di bello puó nascere lí. Alla zona Made in Italy, invece, solite compilation trash col tricolore e le gondole in copertina. Dentro, Volare oh-oh. I ricchi e poveri. Gente dai nomi folkloristici che non ho mai sentito prima. Poi, Albano. Ramazzotti. Nek. L'opera omnia di Pausini e Ferro. E il Backup di Jovanotti come unica new entry a risollevarmi il morale. Mi accingo ad uscire. Ma é ormai chiaro che c'é una persecuzione in atto. Dico sul serio: ovunque mi giri, vedo Dani Martín. Cartelloni sulle fermate dell'autobus. Locandine che annunciano il concerto. Posti che segnalano prevendite. E “prenota ora il disco!”, e “comprati il singolo a due euro e novanta”, e la tv che mi lampeggia il suo faccione col tupé in allegato agli spot di Divinity o Trina. Poi mi viene il dubbio che sia io a soffrire di allucinazioni.La stanchezza mi prende tutto d'un colpo. Me ne accorgo solo perché i cinquanta euro di dischi mi cadono per terra davanti agli occhi allibiti di un barbone che scuote la testa in chiaro segno di disapprovazione. Anche organizzare gli incontri dei giorni a venire inizia a causarmi stress (lo sooo, devo mettere whatsapp!). La sera resto chiusa sotto casa di Grace. Ma non prima di incappare nella nostra vecchia dueña, che riconosco solo in quanto versione mora della Regina di Spagna. Finisce ad hamburger e cerveza, che é poi la versione casual dei Tarallucci e vino. DÍA 6. Parmigiana: patto tacito tra me e Grace ogni volta che ci vediamo. Lei mi prepara i patacones, io ricambio cosí. Friggendo melanzane (e anche qualche neurone).
Nel pomeriggio scopro il nuovo “entorno Thyssen”, ovvero: “come un museo puó ridare vita e standard a una zona in cui, nel 2009, non mi sarei fidata a girare da sola”. Ah, se solo ci credessimo anche noi! Se solo imparassimo a sfruttare il turismo d'arte per ridare speranza a commercio e ideali! Ma poi vogliamo parlare di quanto sia dannatamente bello entrare in un negozio e sentirsi dire: “Benvenuta! Sentiti come se fossi a casa tua! Lo vuoi, un biscotto?”Tra l'altro, il biscotto in questione era davvero buono.DÍA 7. Sono nella sede dell'EMT, dove Manu ed io abbiamo accompagnato Helena a ricaricare l'abbonamento del bus. Una voce, alle mie spalle, scandisce il mio nome. Voi non ci crederete, ma é Pamina, una ragazza austriaca di cui le mie doti da veggente avevano appena finito di parlare con Grace. Ci ho condiviso buona parte del mio Erasmus, ed é esattamente da allora che non la rivedevo. Ancora una volta, tornare a Málaga mi fa sentire come se non me ne fossi mai andata. Smaltita l'incredulitá del fatto in circa quattrocento “qué ilusión!” pronunciati a raffica, ci dirigiamo alla terrazza dell'AC Málaga Palacio, per spuntare un altra voce sulla lista delle cose da fare in questa cittá (Coming soon). La vista é spettacolare, da tutti e tre i lati dell'elegantissimo attico con piscina e ristorante dove un inglese palliduccio in camicia e cravatta sta mangiando polpette al sugo di pomodoro. Passo qualche istante ad identificare i luoghi dall'alto, come in una cartina geografica 3D. Foto di rito con panorama alle spalle. Poi via, ai 100 Montaditos, ché é Mercoledí. Per tre euro e settantacinque cent mi sbafo due panini, un piatto di Nachos con salsa guacamole, qualche patata fritta con mayonese rubata a Manu e una pinta di Tinto de Verano freddissimo con vista a Plaza de La Constitución. Un gruppo di ragazzi, mentre la sto svuotando, chiede se per caso possiamo lasciar loro il posto quando abbiamo finito. Sono talmente persa nella beatitudine dei miei pensieri stile “questasícheévitaaaa" (Cile reloaded- optimistic version) che, nel rispondere, non mi accorgo neanche che ci sto quasi flirtando. L'occhiata perplessa di Helena mi riporta alla realtá, e abbandono la postazione all'inseguimento di un eyeliner water resistant da Primor.
Poi, visto che dev'essere la giornata nazionale degli incontri a sorpresa, incappiamo in uno dei DMEI (quelli di “no me dejes de querer-eh eh eh eh!”), probabilmente evocato dai fischi alle orecchie provocatogli dalla mia amica, nonché loro grande fan.
Il ritorno in Italia é, come sempre, traumatico. Questa volta, é colpa di due camion che si schiantano in autostrada. I miei rimangono bloccati per tutto il pomeriggio nel traffico infernale delle strade alternative. Io torno in treno, nonostante gli sforzi immani di farmelo perdere messi in atto dalla dipendente Mc Donald's piú lenta del mondo e un tipo con aria da psicopata che mi fissa a due centimetri di distanza mentre faccio il biglietto per l'intercity. Lui chiede a tutti se vogliano essere aiutati. Un signore distinto chiede a me cosa lui voglia. Mi ha chiaramente scambiata per la badante di tutti i pazzi del globo. Sará per via della rosa in testa, chi lo sa.