Grazie all’invito ricevuto dall’amico DannyBoy da alcuni giorni sto testando il social network opern source, Diaspora. Premessa: è ancora alla versione alpha (il che spiega l’iscrizione ad invito) e dunque non c’è un granché da fare. Eppure, pur trattandosi di un progetto allo stato embrionale, già presenta alcune caratteristiche interessanti quali la sincronizzazione con Facebook e Twitter. Ma ad una sola condizione: che sia l’utente a stabilire quando condividere i contenuti sugli altri social network. La peculiarità di Diaspora, riscontrabile immediatamente, sta nel garantire al singolo utente la privacy in modo semplice e istantaneo limitando al minimo procedure cavillose in stile Facebook. I contatti sono gestiti per “aspetti”: famiglia e lavoro, ad esempio, cui possono essere aggiunti di nuovi manualmente (io ho integrato l’aspetto “amici”). In questo modo si può stabilire all’interno della propria comunità Diaspora chi può leggere cosa e chi no, veicolando il messaggio su un aspetto piuttosto che su un altro. Però, per il momento, è tutto qua. Non si possono aggiungere foto, se non quella del profilo, non compaiono metodi diversi di interazione (chat, intervento sulle bacheche altrui) tranne che per il commento (ma quest’ultime funzionalità potrebbero permanere invariate allo scopo di differenziare il neonato strumento da Facebook). La grafica, infine, è poco accattivante e il sito gira, talvolta, troppo lentamente. Ma considerati i tempi che erano stati paventati persino più lunghi, per adesso ci si può accontentare. Nella speranza, logicamente, che il progetto ideato da quattro giovani studenti statunitensi (e finanziato in parte da Zuckerberg) non finisca a babbo morto.
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Grazie all’invito ricevuto dall’amico DannyBoy da alcuni giorni sto testando il social network opern source, Diaspora. Premessa: è ancora alla versione alpha (il che spiega l’iscrizione ad invito) e dunque non c’è un granché da fare. Eppure, pur trattandosi di un progetto allo stato embrionale, già presenta alcune caratteristiche interessanti quali la sincronizzazione con Facebook e Twitter. Ma ad una sola condizione: che sia l’utente a stabilire quando condividere i contenuti sugli altri social network. La peculiarità di Diaspora, riscontrabile immediatamente, sta nel garantire al singolo utente la privacy in modo semplice e istantaneo limitando al minimo procedure cavillose in stile Facebook. I contatti sono gestiti per “aspetti”: famiglia e lavoro, ad esempio, cui possono essere aggiunti di nuovi manualmente (io ho integrato l’aspetto “amici”). In questo modo si può stabilire all’interno della propria comunità Diaspora chi può leggere cosa e chi no, veicolando il messaggio su un aspetto piuttosto che su un altro. Però, per il momento, è tutto qua. Non si possono aggiungere foto, se non quella del profilo, non compaiono metodi diversi di interazione (chat, intervento sulle bacheche altrui) tranne che per il commento (ma quest’ultime funzionalità potrebbero permanere invariate allo scopo di differenziare il neonato strumento da Facebook). La grafica, infine, è poco accattivante e il sito gira, talvolta, troppo lentamente. Ma considerati i tempi che erano stati paventati persino più lunghi, per adesso ci si può accontentare. Nella speranza, logicamente, che il progetto ideato da quattro giovani studenti statunitensi (e finanziato in parte da Zuckerberg) non finisca a babbo morto.
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