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Dibattito sul Sud “il Paese non crescerà, se non insieme”

Creato il 27 gennaio 2011 da Agueci

La parrocchia San Eugenio Papa, a Palermo, ha aperto il dibattito sul federalismo fiscale ed il Sud con un intervento del prof. Giuseppe Savagnone.

Se gli eventi del capo del Governo distolgono l’opinione pubblica dai problemi del Sud e la questione meridionale si trasforma nella questione settentrionale, dove, come a Bologna, i bimbi muoiono perché vivono in auto lungo la strada o sotto i portici,o in questione giudiziaria, come ai giorni nostri in Sicilia, acquista valore l’iniziativa di portare nei saloni della Parrocchia di Padre Felice Lupo, a poche settimane dalla nomina cardinalizia dell’Arcivescovo metropolita Mons. Paolo Romeo, il recente documento dei Vescovi Italiani.

E’ stato Savagnone (1), docente di filosofia, editorialista di Avvenire e del Giornale di Sicilia, ad aprire, nel quadro del corso di formazione sociale e politica organizzato dalle Associazioni laicali della parrocchia, a inizio delle celebrazioni del trentennale del periodico Comunità in Cammino e della parrocchia, con il tema del Sud e la Chiesa Cattolica nel 150° dell’Unità d’Italia (1).

In precedenza era stato il Prof. Franco Teresi a tracciare l’evoluzione storica dell’autonomia regionale della Sicilia dal punto di vista costituzionale e nel nuovo rapporto con le Regioni a statuto normale.

Ed ora, quando il Capo dello Stato si preoccupa di ricordare il valore della bandiera italiana ai neofiti delle paventate separazione regionali, il Federalismo fiscale acquista le caratteristiche di problema cruciale per la prosecuzione della legislatura nazionale ed il ritorno anticipato alle urne, e incute paura e tensione nelle classi dirigenti regionali meridionali.

I laici credenti del Sud, forti del pensiero di Sturzo, esprimono tutto il loro interesse culturale e politico per il tema meridionalista e le indicazioni dei vescovi (3).

Uno studioso dei problemi dell’Isola, l’ing. Stefano Di Prima, lancia, in una nota sulla quale torneremo ad intrattenerci, l’idea dei contratti regionali di lavoro perché vengano studiati negli effetti degli investimenti nelle aree meridionali, per alleggerire il problema della disoccupazione giovanile e femminile. Ne riparleremo sollecitando i sindacati ad una riflessione di un benemerito intellettuale laico credente della provincia di Caltanissetta.

I dati incontrovertibili dell’occupazione dicono che nel solo 2008 il Mezzogiorno ha perso 122 mila residenti (in prevalenza dalla Campania, Puglia, Sicilia) a favore delle regioni del Centro-Nord con un rientro di 60 mila persone. La grande fuga non ha soste, ha svuotato le campagne ed i centri storici, gli antichi comuni del Sud, con i loro monumenti e i tesori d’arte, non sempre fruibili, le frammentate aree rurali di antica cultura e tradizione.

Sono partiti i laureati, i diplomati, i cervelli più utili ad interventi di sviluppo, si mettono in cassa integrazione anche i ricercatori di centri eccellenti come al CRES di Monreale, con una storia ultratrentennale e servizi numerosi resi alle industrie delle telecomunicazioni, all’agricoltura e all’innovazione delle piccole e medie aziende.

E, dopo un lungo silenzio, questa morbosa, altalenante, discontinua attenzione al Sud, tra discorsi pre-elettorali e minacce di interruzione della legislatura, è guardata con sospetto, presente nella coscienza meridionale, nei riguardi dei governi e della loro propaganda, ora spavalda e patriottica, nel 150° dell’Unità d’Italia, ora scissionista nelle affermazioni leghiste, ora allarmata dalla caduta di etica pubblica e di solidarietà nella gestione delle istituzioni.

Come è pensabile infatti superare la crisi attuale senza incrementare i fondi per la ricerca, la formazione, la diffusione nel territorio di tali interventi, il collegamento con l’innovazione e valorizzazione delle risorse naturali ed umane?

Occorrono nuove energie culturali e sociali, classi dirigenti più coese con il territorio, libere dai condizionamenti atavici, trasformatisi in remore alla moderna imprenditorialità, disposte ad affrontare il rischio delle intraprese ma necessitati di essere più sorretti da uno stato, che garantisca la legalità e la libertà del fare impresa ( 3).

Ritorna, a questo punto, l’intuizione di Sturzo, che è poi all’origine delle Regioni Autonome e del regionalismo successivo presente nell’azione politica dei cattolici della prima Repubblica.

Il riferimento al pensiero di Sturzo per il relatore degli incontri palermitani, G. Savagnone, come per Felice Lupo, Ferdinando Russo, Mario d’Acquisto, Salvatore Anzalone, Umberto Russo, A. Spataro, Serafino Scorsone, Flavia Odoroso, Laura Bisso, intervenuti con tanti altri agli incontri di Piazza Europa a Palermo, ove ha sede la Parrocchia Sant’Eugenio, trova un collegamento con quanto illustrato alla voce Luigi Sturzo, nel Dizionario Enciclopedico dei Pensatori e dei Teologi di Sicilia (4), ove il servo di Dio di Caltagirone appare antesignano politico di un neofederalismo responsabile e solidale che si origina nella dottrina sociale della Chiesa e si riflette e si proietta nel documento dei Vescovi italiani (5).

Sturzo, per i laici del terzo millennio non è infatti un opzional o una veste per le domeniche elettorali. La Facoltà teologica della Sicilia ha ritenuto, con tempismo e scientificità, di dare ampio rilievo non solo al suo pensiero, ma a tutta l’opera dei cattolici meridionali nei centocinquantanni dell’Unità d’Italia. Ed il pensiero dei cattolici, che hanno partecipato alla Costituente, collaborando alla elaborazione, dopo la seconda guerra, della Costituzione repubblicana, con l’apporto dei cattolici nel governo del paese, si evidenzia nel Dizionario Enciclopedico, curato da Franco Armetta, in maniera rigorosa e tale da contribuire alla conoscenza della vera identità dell’Isola. Sturzo, ha esortato e indotto i cattolici italiani ed europei a un maggiore impegno civile nella società e nelle istituzioni locali.

Sul citato Dizionario, donato dal Cardinale Paolo Romeo al Santo padre Benedetto XVI in occasione della sua visita a Palermo, E. Guccione scrive: “Sin dalla prima fase della sua attività socio-politica, il sacerdote di Caltagirone, sulla scia di Ventura, V. Gioberti e A. Rosmini (il filosofo studiato dal palermitano A. Castagnetta) e di altri pensatori a lui contemporanei, anche estranei all’area cattolica, come Napoleone Colajanni, comprende la necessità e l’urgenza che lo stato italiano si dia, tramite l’autonomia degli enti locali, un’articolazione organica, capace di superare le gravi e congenite crisi, manifestatesi al momento stesso della sua nascita sotto forma di squilibrio economico tra Nord e sud, questione meridionale, delinquenza organizzata, brigantaggio, analfabetismo e trasformismo politico”.

Nel saggio Nord e Sud, Decentramento e Federalismo (1901-Il sole del Mezzogiorno) Sturzo scriveva: ”sulla federalizzazione delle regioni”.
Partendo, come ricorda Guccione, dal presupposto che, né per decreto del ministero, per legge del Parlamento “le diversità fra le varie regioni, di condizioni, di educazione, di tradizioni, di attività, di ricchezze, di produzione possano (…) ridursi ad una uniformità aritmetica” ( 6 ). Sturzo rilevava che, ”tra tutte le cause della questione del nord e sud d’Italia, (…) le principali siano l’accentramento di Stato e l’uniformità tributaria e finanziaria”. Ed aggiungeva: che è razionale e giusto, che “le regioni italiane abbino finanza propria e propria amministrazione, secondo le diverse esigenze di ciascuna, e che la loro attività corrisponda alle loro forze, senza che queste forze vengano esaurite o sfruttate a vantaggio di altre regioni e a danno proprio”, così come “è razionale e giusto che si possano tra le regioni ripercuotere i vantaggi ed i beni delle une sulle altre”.

Per Savagnone, quindi, nessuna paura del federalismo fiscale se nasce all’insegna del solidarismo e dell’unità di “regime“, pronosticato da Sturzo e oggi da assicurare da parte delle rappresentanze politiche meridionali (sindaci, enti locali e parlamentari), purché esso colleghi finanziariamente ed economicamente le regioni e non ne accresca le disuguaglianze.

Ed ora i vescovi Italiani, nel documento “Per un Paese solidale Chiesa italiana e Mezzogiorno” hanno ricordato l’attenzione della Chiesa, nell’ultimo ventennio e le indicazioni offerte, sin dal 1989, quando affermarono con coraggio: “il Paese non crescerà, se non insieme”. Anche oggi riteniamo indispensabile che l’intera nazione conservi e accresca ciò che ha costruito nel tempo. Il bene comune, infatti, è molto più della somma del bene delle singole parti (5).

“Ci spingono a intervenire”, hanno scritto i Vescovi, ”la constatazione del perdurare del problema meridionale, anche se non nelle medesime forme e proporzioni del passato e, strettamente connessi, il nostro compito pastorale e la responsabilità morale per le Chiese che sono in Italia. A ciò si aggiunge la consapevolezza della travagliata fase economica che anche il nostro Paese sta attraversando. Questi fattori si coniugano con una trasformazione politico-istituzionale, che ha nel federalismo un punto nevralgico, e con un’evoluzione socio-culturale, in cui si combinano il crescente pluralismo delle opzioni ideali ed etiche e l’inserimento di nuove presenze etnico-religiose per effetto dei fenomeni migratori”.

Nel vuoto di impegni governativi per il Sud, nell’insufficienza dello sforzo generoso delle forze dell’ordine per il controllo del territorio e per assicurare alla giustizia i vecchi e nuovi latitanti, il documento dei Vescovi è stato accolto con riconoscenza in tutta la Chiesa italiana ed ora diventa, opportunamente, argomento di studio e di stimolo alla partecipazione alla vita sociale delle comunità, entrando nella pastorale sociale dei laici delle parrocchie.

Quel documento è ancora l’offerta della Chiesa italiana a ridare alle popolazioni speranza nelle Istituzioni a una società ancora molto condizionata dalle distanze perduranti nel paese sul piano delle infrastrutture, dei servizi, della legalità, della giustizia, del lavoro.

Ed è stata in questa logica la recente settimana sociale dei cattolici italiani di Reggio Calabria e la visita di Benedetto XVI a Palermo (7).

“Conosco le vostre difficoltà nell’attuale contesto sociale”, ha detto il Santo Padre a Palermo, ”che sono le difficoltà dei giovani e delle famiglie di oggi, in particolare nel sud d’Italia. E conosco anche l’impegno con cui voi cercate di reagire e di affrontare questi problemi, affiancati dai vostri sacerdoti, che sono per voi autentici padri e fratelli nella fede, come è stato don Pino Puglisi. Ringrazio Dio di avervi incontrato, perché dove ci sono giovani e famiglie che scelgono la via del Vangelo, c’è speranza. E voi siete segno di speranza non solo per la Sicilia, ma per tutta l’Italia“.

E nelle Parrocchie e nelle Consulte delle Aggregazioni laicali della Sicilia e di Palermo, nella quale il Santo Padre ha voluto Cardinale l’Arcivescovo Metropolita Romeo, è un fervore di iniziative religiose, culturali, sociali, di una Chiesa che vuole “essere in Cristo segno e strumento di pace, di unità, di vera libertà”.

Anche per questo ai giovani, venuti da tutte le parrocchie della Sicilia, dall’arcivescovo metropolita di Palermo, Mons. Paolo Romeo, a nome di tutti i Vescovi dell’Isola, sono stati indicati i doveri delle istituzioni locali e nazionali, per costruire una comunità siciliana degna del nome di cristiana.

E con il coraggio, che non manca alle Chiese locali di Sicilia, l’Arcivescovo Metropolita ha rivolto un suo forte appello alla responsabilità agli amministratori della cosa pubblica (9).

Quasi un nuovo patto per dotare le città di servizi efficienti, di interventi per favorire il lavoro, l’igiene, la salute, la scuola, la vivibilità delle famiglie, l’assistenza alle nuove povertà, un tetto ai senza case.

E i cittadini sono ritornati a sperare, in una fratellanza baciata dal soffio della Cristianità, pronti a proporsi per un protagonismo della partecipazione responsabile dei diritti e dei doveri, verso se stessi e verso tutte le emarginazioni e le sofferenze, solidali e più in pace tra loro e con gli altri, gli immigrati, accolti da fratelli, che conoscono il dramma della disoccupazione e del lavoro in terra straniera(10).

Ferdinando Russo
 onnandorusso at libero.it

(1) Comunità in Cammino, Periodico della Parrocchia Nostra Signora delle Nazioni, AnnoXXX
Palermo, www.santeugenio.diocesipa.it
(2) G. Savagnone, Dibattito sulla laicità, Alla ricerca di una identità, Editrice Ellenici, 2006, La Chiesa di fronte alla Mafia, Edizioni S. Paolo,Cinisello Balsamo,1995
3) F. Russo, A Pergusa la Consulta regionale delle Aggregazioni Laicali in www.Vivienna.it e in www.cdal-monreale.it,www.agueciblog.
4) F. Armetta, (a cura di) AA.VV., Dizionario enciclopedico dei pensatori e dei Teologi di Sicilia Sec. XIX e XX, Editore Sciascia Caltanissetta, Roma 2010
5) CEI Documento Episcopato Italiano “Per un Paese solidale Chiesa Italiana e Mezzogiorno”
6) E. Guccione in Dizionario enciclopedico, op. cit. alla voce Luigi .Sturzo, pagg.3053-3058
7) Benedetto XVI, Il coraggio del bene – Il viaggio a Palermo 3 ottobre 2010, Libreria Editrice Vaticana, 2010

8)
Benedetto XVI in Caritas in Veritate. Nella Lettera enciclica Caritas in veritate, 29 giugno 2009, il bene comune è “il bene di quel “noi-tutti”, formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale. Non è un bene ricercato per se stesso, ma per le persone che fanno parte della comunità sociale e che solo in essa possono realmente e più efficacemente conseguire il loro bene” (n.7)
9) P. Romeo, in ”Il coraggio del bene“ op. cit., Saluto di S.E. Mons. Paolo Romeo, Arcivescovo Metropolita di Palermo e Presidente della Conferenza Episcopale Siciliana, pagg.47-55-73.
10) F. Russo,Grazie santo Padre, per l’incontro di Palermo in www.vivienna.it,11/10/2010


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