Più ci immergiamo in questo ambiente slow più il tempo passa fast. Così, senza nemmeno accorgercene, ci siamo ritrovate catapultate nelle feste natalizie dopo un mese molto intenso scandito da viaggi didattici, cene di classe, aperitivi sempre di classe e altre attività a tema fortemente gastronomico. Per cominciare, quindi, buone feste a tutti (siamo pure in ritardo per augurarvi buon Natale:-) e soprattutto buon anno nuovo. Anzi quest'anno il nostro augurio più sentito è proprio per questo apocalittico, profetico, angosciante 2012: God save Italy (and so all of us).
Piccolo riassunto di quello che è successo durante questo dicembre 2011:
- inizi di dicembre: giungiamo alla volta di Cherasco ci ritroviamo nel paese delle cioccolaterie e dei ristoranti (con una proporzione rispetto agli abitanti di circa 10:1), facciamo incetta dei baci medesimi (per info http://www.gentedelfud.it/prodotto/dettaglio/baci-di-cherasco/) e ci perdiamo in mezzo alle sue vie deliziose. Fotografiamo porte di entrata dal sapore seicentesco, esempi di mobilità sostenibile e scopriamo che scendere a valle può voler dire non riuscire a vedere più nulla. Morale: se una giornata è assolata in collina non è detto che lo sia anche nella statale sottostante:-)
- decidiamo insieme alla nostra classmate Alessandra di andare per vigne partendo di casa alle 14:30 sicure che la strada per Treiso e il cammino delle rocche dei 7 fratelli l'avremmo trovata in un attimo. Alle 16:30, col sole che tramontava sul Monviso e non avendo nemmeno una chiara idea di dove fossimo finite ci siamo ridirette ad una più sicura e dolce meta: la pasticceria di Montersino ad Alba. Fotografiamo: cioccolata calda con puro cioccolato fondente al 90% sormontata da candida panna montata, cioccolata fondente sormontata da crema Chantilly e cioccolata con latte di riso. Morale: mai partire vestiti per la vigna se non si è sicuri almeno di vederla (la vigna). Entrare poi da Montersino in pieno centro ad Alba con lo scarponcino da trekking e il pile può risultare quanto mai imbarazzante:-)
- Metà dicembre: iniziano i viaggi didattici in Piemonte. Prima meta il Consorzio La Granda dove un carismatico e geniale Sergio Capaldo ci racconta della sua storia e di come l'ha intrecciata con quella della razza Piemontese. Dagli strettissimi criteri di allevamento e di macellazione al benessere degli operai stessi che lavorano nel laboratorio, ci incanta per la capacità di farci pensare che ci sono ancora tante cose da fare e che un mondo dove il rispetto viaggia trasversalmente dall'animale al dipendente può esistere. Deve esistere. La visita poi ad un allevamento di bovini di razza piemontese che collabora con La Granda ci fa quasi commuovere per il modo in cui il proprietario parla dei suoi animali: "Stò pensando di diventare vegetariano.. Mi è sempre più difficile mangiare qualcosa che ho visto nascere, crescere e con cui ho convissuto per anni. Se hai pochi capi, questi diventano come degli animale di famiglia, difficile pensare che ad un certo punto della loro vita, hanno i giorni contati." Morale: dietro la nostra bistecca c'è un mondo da scoprire, spesso di una sensibilità fuori dal comune.
- visita alla sagra del cappone di Morozzo e successivamente ad un allevamento di capponi: la sagra è il tripudio della cultura italica: tutto il paese, compresa la coppia degli immancabili carabinieri, mangia e beve allegramente a suon di un menù che definire pantagruelico rende pallidamente l'idea. Il cappone nelle sue mille e più possibili declinazioni. L'allevamento e la visita al momento della macellazione dei capponi, invece, mi riservano un momento più amaro con odori colori e rumori di cui non desidero replicare l'esperienza. Morale: sono certa che se tutti noi vedessimo macellare un animale la quota di vegetariani si innalzerebbe di qualche milione.
- Cantina di Fontanafredda: dove metti Farinetti qualcosa salta fuori, è un moderno Re Mida: che tocchi una lavatrice, un salume od un vino quello diventerà oro (e pure in breve tempo). Fontanafredda è paesaggisticamente e architettonicamente stupenda. I vini non sono ovviamente da meno, una menzione speciale al barolo ed al nebbiolo, ma sinceramente tutto quello che abbiamo assaggiato era divino. La cantina è anche gestita magistralmente, due su tutti gli esempi: il negozio dove oltre i vini vendono anche libri dei più svariati autori e temi (una libreria con rivendita di vino potremmo definirla) e il ciclo di conferenze gratuite che sono partite il mese scorso: chi non prenderebbe in simpatia qualcuno che ti offre gratuitamente la possibilità di ascoltare Ezio Mauro?! Morale: investire una parte dei propri profitti nella cultura funziona sempre.
- Lavazza. Il colosso del caffè italiano è nato a Torino dove ancora adesso ha la sede direzionale e produttiva e dove sbarchiamo anche noi durante una mattinata serenissima. Il polo è immenso (qualcosa come 90.000 metri quadrati), l'odore del caffè penetrante, il caffè che ci offrono ottimo (così mi dicono, io non lo bevo e chiedere un caffè d'orzo mi sembrava un tantino fuori posto:-) i biscottini e la Sacher di accompagnamento ci fanno partire col piede giusto mentre il cucchiaino disegnato da Oldani non lo capisco: dovrebbe permettere di girare il caffè senza rompere la schiuma, a me viene in mente solo che così lo devi bere per forza dalla tazzina. Non ho ancora capito se sia un'invenzione geniale o una stramberia di un cuoco che è famoso per il suo ego ma poco dopo mi accorgo che è diventato o un portachiavi o un ciondolo a seconda delle esigenze. Forse le sue destinazioni migliori:-) Qualche ora di lezione sulla storia sui tipi e sui metodi di produzione del caffè e poi via nelle viscere della fabbrica a vedere tostatrici grandi come condomini, controlli qualità, impacchettamento e il magazzino completamente automatizzato. Letteralmente una città dentro la città. Il pomeriggio è riservato invece al futuro del caffè, quello che io ho sintetizzato nelle due fotografie qui sopra: il caffè di adesso e quello di domani (e mai fu più appropriato "del doman non v'è certezza.."). Lavazza vuole infatti ampliare la propria gamma di prodotti e servire prossimamente nei bar una serie di rivisitazioni dell'espresso: panna montata ed espresso miscelati assieme su fondo di cioccolato fuso, bicchierino con strati di crema al cioccolato, espresso, panna e crema al pistacchio fino ad arrivare a lui: il caviale di caffè servito su panna montata. Come si fa a farlo? Semplice si fa il caffè con una normale moka, poi gli si versa dell'alginato in polvere (sale di sodio derivante da alghe marine che viene usato come addensante) e si fa colare con delle piccole pipette in una soluzione di acqua e calcio. La reazione tra l'alginato e l'acqua calcica formerà queste piccole sfere dette "caviale di caffè", che non sono nient'altro il caffè che avreste avuto da Adria prima che chiudesse i battenti. Com'è in bocca? Anche qui io non sono la tester migliore ma i commenti viravano dall'interessante alla schifezza totale. Morale: il futuro è pieno di incognite e anche l'espresso è in pericolo.
Ancora buon anno a tutti!