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Dieci anni di rabbia

Creato il 20 luglio 2011 da Gianlucaciucci
Dieci anni di rabbiaQuesto post parla di rabbia, il sentimento che più fa paura e che per questo viene presentato come negativissimo mentre può essere movente di scelte coraggiose e di cambiamenti importanti. Ed è proprio per questi due motivi che il "potere costituito" ha tutto l'interesse a demonizzare la rabbia, ad inculcare (qui davvero) nell menti dei singoli individui che non bisogna mai abbandonarsi alla rabbia, che bisogna essere felici perché la vita è meravigliosa, un dono da non insozzare con la perdita della ragione. Proprio così, la rabbia viene accostata alla furia cieca e sorda ad ogni ragionamento e invece io vi assicuro che non c'è nessun sentimento che più della rabbia rende lucida e rapida la mente. Se così non fosse, in quei carnai dove le persone si ammassano nel weekend ci sarebbe tanta materia grigia da illuminare una metropoli e invece è proprio tra quei bicchieri pieni di aromi non naturali e coloranti che si spegne la vitalità di generazioni intere, nel loro ricercato bovinismo, nell'agognato rifiuto del pensiero.
Rabbia è anche il concetto alla base di questo blog fin dalla sua nascita, come valvola di sfogo per tutti i pensieri sani e civici che albergano in me. Pensieri che spesso escono con un linguaggio ruvido, qualcuno potrebbe addirittura definirlo violento ma il motivo è che, parafrasando Bertolt Brecht, "tutti vedono la violenza del fiume in piena", solo alcuni notano "la violenza degli argini che lo costringono" (Leo è questo che siamo?). Questo post parla di me, del mio viaggio a ritroso al centro della mia rabbia, alla ricerca di quello che ha fatto scattare un meccanismo dopo il quale non si torna indietro, non si va a immolarsi alla spensieratezza. Questo post prova a parlare di Genova e del G8 del 2001 e della devastazione morale prima ancora che fisica che quell'appuntamento ha significato per il nostro Paese, di suo già agonizzante dopo decenni di Nulla.
Il 20 luglio 2001 era un venerdì e in via Tolemaide avvenne "l'errore" (così ad oggi viene definito nelle alte sfere militari) ovvero lo scriteriato e cruento attacco da parte di polizia, carabinieri e guardia di finanza contro il corteo pacifico e autorizzato delle più diverse sigle del Movimento, dalle Tute Bianche agli scout. Tale errore di valutazione avvenne in seguito alle devastazioni perpetrate dai famigerati "black bloc", un migliaio di individui completamente vestiti di nero che ci hanno detto provenivano dall'estero, Spagna e Germania per lo più. Strani stranieri che si muovevano come ombre nei carrugi genovesi, apparendo, spaccando e sparendo con rapidità e precisione paramilitare. Talmente compatti ed evanescenti da risultare imprendibili e infatti non vennero presi ma vennero visti e fotografati mentre cambiavano abiti e scambiavano battute con militari di una certa carriera. Le forze dell'ordine (nuovo?) sta di fatto che non sono riusciti a beccarne uno, in compenso si sono lanciati con furia e organizzazione contro i manifestanti pacifici scegliendo bene tra i più deboli come ragazzini e anziani, anche in questo caso sono migliaia le immagini delle vittime a terra travolte da calci e manganellate. Errore di valutazione anche questo?
Possiamo parlare anche di altri "errori" come ad esempio quelli nella scelta degli equipaggiamenti in dotazione: i manganelli "tonfa" (illegali, in teoria del tutto inesistenti) o il gas lacrimogeno CS che è vietato in guerra dal 1997 perché nocivo per fegato e cuore ma non nelle manifestazioni come abbiamo avuto riprova il mese scorso in Val Susa. Per errore è pure morto Carlo Giuliani, colpito da un proiettile sparato in aria e deviato da un cornicione, anzi no da un sasso, anzi no il sasso ha proprio ammazzato Giuliani e chissà quante altre cose ancora. Lo stesso manifestante che è stato balordo, black bloc (aveva il passamontagna), senza fissa dimora, senza famiglia, frequentatore di centri sociali (come se fosse reato). Un balletto durato ore sui media così che la mssaia di turno potesse quasi pensare che era stato un bene fare fuori quello che si rivelò, poi, semplicemente un ventitreenne genovese che aveva deciso di prendere parte alla manifestazione, magari anche con delle colpe ma di certo non tanto gravi da essere condannato e giustiziato. Un ragazzo che una famiglia ce l'aveva, che aveva una madre che cercava di contattarlo in ogni modo con apprensione crescente, con disperazione come altre madri faranno negli anni seguenti. Le signore Aldrovandi e Cucchi ad esempio mentre i loro figli finivano di vivere in mano allo Stato italiano. La sera del 21 luglio poi, la "macelleria messicana" della scuola Diaz, con i ragazzi del Social Forum massacrati e rapiti ancora dalle forze dell'ordine non sazie di sangue, lo stesso lasciato nelle aule e quello versato ancora a Bolzaneto. Ragazze e ragazzi torturati per ore e spediti in ospedale in condizioni pietose anche in quel caso per errore. A causa di bombe molotov (confezionate dagli stessi poliziotti dopo la stesura dei verbali) e corpi contundenti (materiale edile) ritrovati nei pressi della scuola stessa. Verbali finti, menzogne a coprire violenze che solo grazie al coraggio di cronisti minori e fotografi free-lance abbiamo potuto accertare. Mentre i grandi commentatori cenavano sulle terrazze del Porto Antico e si apprestavano a discutere nel fresco salottino di Vespa della sostanziale tranquillità della giornata. Il pubblico televisivo venne a sapere solo a notte fonda grazie a "Linea Notte" di Rai3.
Per tutto questo e altro ancora io accuso. In primo luogo il Capo del Governo in carica in quei giorni Silvio Berlusconi, il ministro degli interni Claudio Scajola (che tempo dopo candidamente dichiarò di aver dato il permesso di sparare) e quello della difesa Antonio Martino, il vice premier Gianfranco Fini tutti presenti o comunque informati dei fatti. In ogni caso avallanti le violenze perpetrate dai militari. Ancora accuso i comandanti, generali (gerarchi) e tutti gli altri che diedero ordine e permisero quanto accaduto ma accuso ugualmente i loro sottoposti di ogni ordine e grado che si macchiarono le mani o per lo meno la coscienza col sangue di persone innocenti, talvolta della loro stessa età o dell'età dei loro figli. Basta con l'ipocrisia di "Valle Giulia", nessun bambino, moglie o congiunto merita di essere sfamato e accudito da mani che grondano sangue, che hanno spezzato ossa e offeso dignità. Accuso inoltre i suddetti giornalisti per aver fatto in questi anni opera di disinformazione su quanto accaduto nel 2001 e che ancora oggi proseguono, quegli avvocati e pubblici ministeri che hanno affossato i procedimenti giudiziari così che oggi sia praticamente sicura la prescrizione per tutti i reati contestati ai militari coinvolti. Non c'è assoluzione quando si uccide la Verità.

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