Dopo il romanzo "L'uomo senza radici" era necessario per me leggere anche la poesia, non meno eccellente, di Dieter Schlesak, in questa bellissima antologia a cura di Stefano Busellato, Settanta volte sete, edita da ETS, Pisa 2006. Frutto del lavoro di un "conciliabolo" di una quindicina di traduttori, supervisionato dallo stesso autore che ne ha approvato la forma definitiva, il libro rappresenta insieme la prima antologia e la prima traduzione italiana del lavoro poetico di Schlesak.
Il titolo, che certamente l'autore ha approvato, gioca tra un rimando
alla risposta evangelica di Gesù a Pietro ("Signore, quante volte dovrò
perdonare mio fratello se pecca contro di me, fino a sette volte?" "Non
ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette", vale a dire
sempre. Mt 18,21) e l'allusione ad una
inestinguibile sete di vero e di significato dell'esistenza, di cui
Schlesak è insieme schiavo e cantore, nello stesso tempo feroce critico e
appassionato indagatore, e con la quale bisogna confrontarsi sempre e
per sempre, primo precetto e impegno di un poeta.
"Un'opera che pone al centro la parola, ma che a un tempo si muove
nella sua periferia; che la carica di un'attenzione microtonale,
maniacale a tratti, poiché nutrita dalla consapevolezza che essa è
soltanto un segno, non reificazione dell'autoreferenza. Come l'oracolo
di Delfi, quando è portata alle sue massime tensioni espressive essa non
dice, indica, accenna a una dimensione extralinguistica verso cui la
parola vuole tornare perché da là proviene. (...) Una poesia che
certamente spiacerà a coloro che cercano nel verso una ghirlanda di
parole con cui abbellire il dato di fatto. Il reale, al
contrario, è posto sotto una critica tagliente che affonda fin nelle
radici dalle quali esso trae il proprio mortale nutrimento: nel razionale,
nella concatenazione sistematica e grammaticale che forma un'omogeneità
fenomenica fasullamente impermeabile a ogni condizionale e che già
Parmenide smascherava dicendo essere «tutte e soltanto nomi le cose che i
mortali hanno stabilito persuasi che fossero vere». (...) Dolore,
storia, lucido sguardo sul presente che per Schlesak soffiano come
sinonimi da uno dei più importanti mantici della propria poetica - la
tematica dell'esilio. Dapprima subito come fuga dal regime
comunista, poi scelto come espatrio volontario per non restare preda di
una qualsivoglia carta che pretenda di inscrivere un'identità. L'esilio
passa da dato biografico a categoria esistenziale. (...) ed ecco che
dopo la dissidenza rispetto alla dittatura rossa, inizia un diverso
esilio, la scoperta di un assolutismo ancora più rigido ed endemico -
comincia la resistenza alla dittatura capitalista. Maggiormente
schiacciante questa perché priva di riferimenti diretti da poter
colpire, perché "microfisica", un assoggettamento che prende il volto di
ciascun assoggettato, e non c'è schiavitù peggiore di quella che fa
credere al forzato di essere uomo libero. (...) Per Eliot «il dovere del
poeta è far affiorare la poesia dalle risorse inesplorate del non
poetico», le liriche di Schlesak sono uno sguardo su quanto di meno
poetico sia dato a vedere, sono un non volere chiudere gli occhi
sull'essenza grettamente prosaica dell'esistenza estraendone ragioni per
una resistenza poetica che come Michelstaedter non si persuade «essere
vita la qualunque vita si viva»". (dalla prefazione di Stefano Busellato).
Da leggere anche la recensione di Fortuna Della Porta su "Senecio" (reperibile QUI)
VERSILIA, estate nel quadro,
quel che davvero è: così
distendi la sabbia gialla, la
duna avanza sul filo dei nervi, così
deponi il fiore,
idea nell'albero,
il bianco dell'occhio, neve blu latteo, i
dardi dell'iride, e bocca rosso mela, lo spazio è
il bianco di una fata, come un sogno.
La nera pasta e sangue coagulato
che sgorga dalle cose;
mettilo sulla carta e tenta la traccia,
quello che appare
non vale più niente.
Così odora qui la terra estiva,
vibrazione rovente, l'occhio misura il tempo, il
mare, la terra sono
scuri, è qui solo lo sguardo, la lingua,
l'odore: davanti a te un campo di colori:
scorre la sabbia pallida, tutto,
e sanguina verde nero violetto,
la notte è rossa,
quest'uomo è stato quasi risparmiato,
vive ancora e nel nulla costruisce un cuore
di colore: sempremai
e dopo la morte abita a lungo
la vita attraverso lo schermo dell'occhio.
Fin dove ancora
arrivi a scomparire,
qui è la sua terra.
***
TUTT'INTORNO A CASA MIA
mi sorge l'intuizione
sotto la pioggia/ sotto gli Dei
che continuano a pescare invisibili,
nelle strisce di pioggia membra luccicanti
presso l'ulivo davanti la mia finestra.
Nelle sue foglie pendono le pergamene
donde provengono i nostri pensieri,
qui ormai da anni accasato,
aspetto pieno d'impazienza;
adesso sento più chiaramente
il grigio cielo del sud al di sopra di me,
quando la mia vita stantìa mi
folgora -
nell'osteria Parola su un foglio
l'anamnesi
affamato ristoro.
Devo divorare
tutto, poi
si risolve/ sul foglio intoccato
davanti a casa.
Presto sorge l'intuizione, profili
fioriscono fulminei, cadono
le prime grosse gocce,
già sbattono le finestre
è il vecchio temporale,
come se tornassi a casa.
***
EPITAFFIO PER LA PSICHIATRIA
A coloro che in Germania
hanno dovuto subire la "morte di grazia"
Si mangiano l'anima infelici
Ciò che essi sanno
Appena alla bocca affiora
Gli basta per vivere
Muovendosi lenti.
Come un mendico li guardo
Mentre ancora colpa si accumula
Sulla lingua in declino/ che qui
accade.
Mi muovo in fretta
Nel sistema della follia
Per andare da loro
Passo una porta
Che questa lingua
Colpevolmente ha creato
E attonita ci vive ogni giorno.
***
VIAGGIO IN GERMANIA, AD EST
A VolkerBraun
1
Sopravviene il confine e ci sbarra il cammino,
una linea di sabbia canta
la bellezza del luogo inesistente.
Un albero ha ragione.
E tu così vuoi leggero nella frase
lasciarti tutto alle spalle?
Ma chi fora e disturba i muri
con parole e pallottole?
Con la mente divisa, alla finestra,
e già passato. Era dunque un paesaggio,
e pallida apparenza?
Così pensò un'ebbrezza felice
la favola della libertà,
la divisione mal compresa.
La gioia dura solo attimi.
Potere stordire. Cambiare potere.
2
E il luogo vuoto abbatte.
Il vuoto. In me. In te.
L'antica patria. Viva l'orribile morta.
Presto, il tempo è scaduto. Si vedono
i campi passare. E già da molto è vecchio questo confine.
3
Come un canto verde e spazi lontani: semine -
gli Stati nelle orecchie, un inno in bocca
un atque. Tutto così va avanti. E nulla
sarebbe accaduto? La nuova colpa copre l'antica.
Solo un cielo è concorde. Dice un padre là sopra
nella grande fossa comune. E conta i caduti,
ogni tre giorni - un monumento.
***
L'EMIGRANTE
Lettere scambiate al di là di ogni chiuso confine
la quiete illude in sembianze di morte
così come un fulmine
a te d'accanto s'infigge l'indecifrato attimo
- per lei solo un alito lieve -
l'acuminata sosta
ad libitum.
Lo senti, e più ancora è
il presagio, uccelli silenti,
forse colombe viaggiatrici
portano il messaggio.
E ancora in rima concorde
coi nostri respiri
abbattiamo
le porte
serrate.
A lungo restano ferme o si aprono poi quando
vengo quando di nuovo vengo quanto a lungo
per sempre.
Occhi rinchiusi.
Su di noi e presto
l'antico confine dell'erba
e poi sempre la
quiete. Ancora è là sulla pista
di volo il tuo vestito nero,
il vento l'increspa nel vuoto dell'aria,
una corona di nota,
un punto,
e in basso
anche un rumore di tuono.
***
LA POESIA
Speranza che si cancella da sé
Uccelli leggeri/ in licenza
si perdono
come fiocchi di neve
o bolle di sapone
cercando d'avere un enorme cuor leggero.
Nessun verso raggiunge la fame
le grida/ sotto le mura di tortura
non solo
di uomini uccisi
quando la testa
crolla.
Qui camminiamo senza dolore sopra la riga
Ciò che ancora dà speranza resta
nella poesia/ non più
possibile.
***
ASCOLTA AMORE LA VITA RISUONA
in noi come corda spezzata.
Ci siamo fatti più quieti, tu, -
sentendo la nostra aridità,
e l'inquieto saluto dei padroni,
che promuovono il morire.
Siamo qui, amore.
Gli attimi se ne sono andati
come rondini già da tempo volate via.
Potremmo essere là, amore -
come sempre.
Lo so, quando ti tocco,
riprendiamo coraggio.
Siamo qui, amore, a vibrare e risuonare.
Ma quel ch'è s'spezzato e ci fa male, celebra le nozze e se
la ride.
Come possiamo prenderci per mano,
se sono così secche ed ardenti,
a lungo attendevano la parola e nel silenzio ardevano,
come ci avessero preso la vita, il nostro pegno.
Ascolta, amore, dimenticare è bene,
ma resta vivo
il dolore.
***
CON TE LA VITA NON FINISCE MAI
Orli dei monti del golfo degli alberi
che ci figuriamo belli
con la loro luce figure per gli occhi
concepite secondo puri suoni
uccelli che mi rallegrano.
Noi costruiti insieme qui
nel nostro spazio delle righe corporee.
L'intero paesaggio sei TU.
Tempo dell'attesa/ ancora
ticchetta l'orologio del mondo ticchetta
nel mio cervello
nel cuore, dalla scrittura
come se piccole lettere potessero salvare me
e i miei occhi, ticchetta l'orologio nell'orecchio lo stormire
del vento dei grilli di notte ticchetta in tutto.
Ma chi è che sta al centro di tutto e giace e vola con me?
Sei tu che conobbi sentii e vidi
tu adesso dolorante in nessun luogo amore invisibile
che tutto connetti e tieni!
E pulsano le vene
vene azzurre dell'inseminatore d'uomini battono
sempre incontro a te e al tuo venire!
Ma se è spento qui
solo cieca ogni riga e bianca come gelida neve
senza più spazio fra il se e il ma
quello ch'è spento
che nessuno più conosce?
Questa oscurità la deve illuminare
ADESSO
il lampo del mio amore
***
IL PECCATO ORIGINALE. Copia
Cappella Sistina
In principio era un albero nel
suo alfabeto.
Quello che andrebbe fatto è
una macchia bianca, ma sta
in un altro foglio,
incompiuta come la vita,
affinché possa essere.
Il peccato: è
dove occupi l'assenza.
Dove ognuno perde
il possibile: l'hanno
chiamato anche Dio, il Signore,
il suo verbo è l'albero.
Ma chi, con la parola, ci
assolve?
***
NON NEL LINGUAGGIO
sta rannicchiato l'altro
che sono io
Io ti dico che mi sguscio
del vostro linguaggio infantile
mi sguscio in te e costeggio
le parole sussurrate
Non aver paura
già da tempo sei me
e non lo sai
l'Altro dorme
per millenni
in te
colui che tu con mille voci
vivi e sei -
quegli parla e dimentica?
Guarda, dal gioco infantile di un io
scompaio ed affondo nel mare
poesia.