Partendo dal caso Sallusti nei mesi scorsi il dibattito sulla diffamazione ha avuto ampio spazio sui giornali del nostro Paese salvo poi essere silenziato dalla campagna elettorale.
La legge dell’Ordine dei Giornalisti è datata 1963 mentre le modifiche alla precedente legge dello Stato, addirittura del 1948, andate al Senato a fine novembre 2012, sulla diffamazione a mezzo stampa, si sono risolte con la solita tragi-commedia all’italiana.
In Francia il settimanale «le Nouvel Observateur» nell’edizione di fine febbraio ha dedicato ampio spazio, e la copertina, al libro di Marcela Iacub, signora parigina che per un anno ha intrattenuto una relazione sessuale con Dominique Strauss- Kahn, secondo quanto da lei stessa dichiarato, con il solo fine di scrivere il libro ”Belle et Bête” [La Bella e la Bestia] in cui demolisce DSK.
Dominique Strauss-Kahn ritenendosi danneggiato dall’eccessiva evidenza che il settimanale francese aveva dedicato al libro è ricorso in tribunale ottenendo una condanna sia nei confronti dell’autrice del libro, che dovrà rivederne alcune parti inserendo “le ragioni” di DSK, che della rivista che è stata condannata a dedicare la copertina alla condanna subita.
Nella ricerca del difficile equilibrio tra esercizio della professione giornalistica senza censure e la giusta tutela dell’immagine delle persone, la vicenda del «le Nouvel Observateur» induce a riflessione sia per la rapidità dei tempi decisionali del tribunale, cosa assolutamente inedita nel panorama dell’[in]giustizia italiana, che per la sentenza che condanna la testata a perdere la faccia davanti ai propri lettori, anche se poi l’articolo dedicato alla questione parla di persecuzione.
Se la reputazione è tutto per una persona ma anche per un’impresa per un brand, anche nel caso delle pubblicazioni quotidiane e periodiche, l’idea di obbligare a perderla potrebbe essere da adottare anche nel nostro Paese divenendo elemento di attenzione nel mantenimento del difficile equilibrio che il tema richiede molto più di sanzioni pecuniarie e molto meglio di carcerazioni minacciate.