Dolce, cara, spropositata, beata ignoranza.
Con l’avvento di internet molti, compreso il sottoscritto, covavano la speranza che qualcosa sarebbe finalmente cambiato. L’essere umano pensante avrebbe avuto l’imperdibile occasione di farsi sentire da tutti; in questo modo un abuso commesso nel proprio paese non sarebbe più rimasto tale: attraverso una nuova forma d’informazione lo si sarebbe potuto denunciare a livello nazionale.
Ovviamente i sognatori, creduloni (tra cui il sottoscritto) si stavano sbagliando, non di poco. Le vecchie e le nuove generazioni si accomunarono e iniziarono a utilizzare la rete nel modo più volgare possibile: proseguendo indecorosamente quello che già facevano in una grigia quotidianità. Con l’avvento dei social network iniziarono ad affiorare nuove forme di decadenza: il cyberbullismo, la diffamazione telematica, il razzismo online.
Forme di codardia che spesso rimanevano e rimangono impunite. Soavi gladiatori che brandendo il loro gladio virtuale raccontavano la loro ottusa verità e lo facevano con l’arroganza dell’ultimo dei barbari rinvigoriti dall’errata convinzione, dovuta esclusivamente a una scarsa informazione, di poter rimanere impuniti.
Quando il limite tra “spazio e tempo” venne colmato dagli smartphone tutto iniziò inesorabilmente a decadere. Video di scherno, immagini di unghie appena fatte, condivisione delle più inutili e insignificanti foto che immortalavano insulsi momenti di una giornata del tutto “monotona”.
Il mondo virtuale, in sostanza, fu utilizzato per amplificare la decadenza che già ci attanagliava grazie a “follower” che spargevano “mi piace” dove regnava l’insensatezza.
Purtroppo però, o per fortuna, molti ignorano l’esistenza di leggi che, per quanto possa sembrare incredibile, vigono all’interno di uno Stato, di una Comunità e devono essere fatte rispettare, previo “denuncia”, anche nei “bassi borghi virtuali”.
Mi sono avvalso già tre volte di determinate norme per “denunciare” atti di diffamazione telematica (nei miei confronti), di razzismo palesato nei social network. Posso garantire che gli impavidi gladiatori, una volta a conoscenza di quello che gli sarebbe capitato, si sono trasformati in piccoli conigli pasquali (neri e torvi, perché non avevano nulla di candido).
Proprio per tale ragione sono oggi a scrivere questo articolo con l’unico intento di “informare il lettore intelligente” invitandolo a “denunciare” ogni abuso al quale sia obbligato ad assistere.
Per farlo vi darò gli strumenti necessari di modo che sappiate, ogniqualvolta il bulletto di turno (iscritto per esempio a Disqus) arriva e vi offende, infliggere “un danno reale”: voi potrete, perdonate il termine duro, annientarlo moralmente ed economicamente.
Art. 595 Codice Penale. Diffamazione.
Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito [c.p. 598] con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032.
Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.
Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico [c.c. 2699] (5), la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.
Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.
Giovedì 17/04/2014 un quotidiano nazionale intitolava: “Insulti Online: reato anche se anonimi” – Pugno duro della Cassazione contro un finanziere che su Facebook aveva diffamato un collega senza citarlo. Gli esperti: decisione ragionevole, ormai i social netwok sono un mezzo di comunicazione come tanti.
Proprio per tale ragione Vi invito e non proseguire una discussione cadendo nel ridicolo tanto il vostro interlocutore difficilmente cambierà idea; fate un bello Screen Shot, contattate l’Amministrazione del Sistema invitandolo a non cancellare la pagina e recatevi presso la Polizia Postale denunciando l’accaduto.
In una società che arriva ad offendere morti online, che permette a ragazzini di annientare altri ragazzini fino a portarli allo sfinimento, in una società che si è trasformata in un saloon dove tutti si credono abili pistoleri è giusto sparare pochi colpi ma precisi: che facciano veramente male quando colpiscono il bersaglio.
Anche durante queste Feste ho dovuto assistere a beceri commenti: fatevi furbi, iniziate a cambiare il Mondo invece di plasmarvi a tanta insulsa decadenza.
Ricordate, tuttavia, che “la legge non ammette ignoranza”. L’iter descritto deve essere intrapreso solo davanti a reali, gravi e ingiustificate frasi che rechino dolo alla vostra persona. Contrariamente i rischi sarebbero maggiori dei benefici. Questo articolo, in sostanza, serve per informare i lettori di Egosistema delle “sfumatore” normative presenti nel nostro Paese affinché valutino con saggezza, attraverso un punto di vista più completo, le sgradevoli situazioni che si presenteranno.
Emiliano Giuseppe Pratici