Al ritorno dal soggiorno a Cuba mi sono accorta di aver scattato veramente poche foto, in parte perché nonostante l’incoraggiamento della mia carissima Miss Fletcher so di essere una frana con l’obiettivo, in parte perché mi era stato detto di stare attenta con il telefonino all’Avana. Visto che devo ancora tre anni di rate alla compagnia telefonica con cui ho firmato un contratto capestro, ho deciso di limitare gli scatti. Inoltre mi rendo conto che a differenza di moltissime persone tra i ricordi immortalati nell’isola caraibica non ci sono cibi. Chissà perché una persona così amante della buona cucina si dimentica sempre di fotografare ciò che ha nel piatto? Due sono le ipotesi più plausibili o forse una sola. Vediamo, in primo luogo quando alla fine di una più o meno lunga attesa arrivano le pietanze l’appetito è già in agguato da un po’ e io mi getto subito a capofitto, tanto sono di una lentezza infinita, quindi cerco di iniziare subito per non fare attendere i commensali. L’altra è che non mi viene in mente. L’idea non mi sfiora nemmeno, chissà perché. Invece vedo che i social network inneggiano alla buona tavola. Ho fotografato solo la splendida cioccolata del Museo del chocolate, uno dei pochi posti nei quali non tentano di spennare l’incauto turista che con 55 centesimi può godersi un’ottima tazza di cioccolata calda e due biscottini. Uno l’ho fatto fuori prima di tirare fuori il mascarpone, smartphone.
Il caffè che ha ispirato numerose opere d’arte non l’ho trovato particolarmente buono, anzi mi ha proprio deluso, ma confesso di essere piuttosto esigente quando si tratta di bevande caffeinate. In albergo davano una broda immonda imbevibile e nei bar caffè che ho frequentato, persino nel bellissimo Hotel Nacional, non sono rimasta particolarmente soddisfatta.
Quelle poche immagini che conservo a cosa si riferiscono? Soprattutto al paesaggio. Questa in particolare con el Morro sullo sfondo potrebbe essere stata scattata decenni fa. Mi sono alzata presto per evitare la folla sulla passeggiata e poter riprendere il passaggio di un auto che ha conosciuto tempi migliori.
Le case più belle non sono riuscita a fotografarle. Ci sarebbe voluto un obiettivo diverso da quello del telefonino. Mi sono accontentata di qualche gruppo musicale che rallegra le vie centrali della Habana Vieja.
Però la foto del Che con una tazza di caffè nel Museo del Cafè l’ho fatta.
Per il resto il Che è onnipresente: dalle magliette ai portachiavi alle collane, per non parlare dei libri, delle foto, delle statue e dei cimeli che affollano musei e strade.
Riguardando le foto mi rendo conto di essermi sbagliata, non è che non fotografi il cibo, lo fotografo a patto di non averlo nel piatto. Ecco qualche immagine di una pasticceria del centro nella quale a causa del caldo non ho provato niente.
Il girone dei golosi per ora può attendere. Mi sa che forse dovrei trasferirmi su un’isola tropicale per perdere l’appetito.