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Diocesi di Trapani, Immobiliare SPA

Creato il 10 giugno 2011 da Diarioelettorale

L’articolo di ieri di Rino Giacalone su “La Sicilia” e l’intervista al Vescovo di Trapani Monsignore Francesco Miccichè con i richiami a traffici poco chiari dell’ex arciprete di Alcamo, in relazione alla vendita di alcuni beni della Chiesa, non poteva non riportare alla nostra mente i casi di cessioni immobiliari di beni della Chiesa definibili quantomeno “azzardate”.
In particolare un bene di un qualche rilievo (terreno con progetto approvato) è citato nella recente ordinanza di sequestro dei beni dell’ex deputato regionale Pino Giammarinaro e fu ceduto dall’allora parroco della chiesa di San Giuseppe di Castellammare del Golfo, e nella vicina Calatafimi il farsi “lottizzatori” di parte del clero locale ha portato alla rimozione e trasferimento in altra sede di tutto o in parte il clero locale. Per non citare poi i casi di abusivismo edilizio in cui sono incorsi in anni recenti sempre nel nostro territorio, parroci e gestori di strutture religiose.

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Il vescovo: «Ho scoperto gravi illeciti

«Mi sono io rivolto alla magistratura». Il vescovo mons. Francesco Miccichè parla “carte alla mano”. La chiesa trapanese è sotto choc ma lui esterna serenità dopo la decisione arrivata dal Vaticano del «visitatore apostolico», in termini ecclesiastici, una sorta di “ispettore” in termini laici, che dovrà andare a guardare fin dentro le cose più segrete della Diocesi trapanese.
Il vescovo ieri ha portate alcuni incartamenti al magistrato al pm Paolo Di Sciuva che si sta occupando del caso. Ma appunto, quale è intanto il caso aperto? C’è una indagine sulla fusione di due fondazioni, “Campanile” e “Auxilium”, operazione che avrebbe lasciato un buco da un milione di euro? O l’indagine è su altro? Il vescovo Miccichè riosponde: «Io – dice – ho scoperto gravi illeciti amministrativi che mi hanno portato a sospendere a divinis un presbitero (il sacerdote Ninni Treppiedi ndr), mi sono io rivolto alla magistratura, sono stato io a presentare querela per gravi fatti amministrativi». Fatti che non riguardano la fusione delle fondazioni.
Ieri pomeriggio il vescovo Miccichè è stato convocato in Procura come persona informata dei fatti, è stato sentito sulle querele da lui presentate. Giorni addietro in Procura è stato sentito anche l’ex prete Treppiedi. Dagli uffici inquirenti trapela poco, una indagine sulla fusione delle fondazioni però din sicuro non c’è, semmai una attività di “verifica” si, su quello che è successo nella fase di fusione, se davvero sono stati commessi reati (se ne occupa la sezione di pg della Finanza), di indagine si può parlare invece per le “carte” che mons. Miccichè ha portato già ancora prima di ieri in Procura.
Ma che “carte” sono? Ieri mattina alcune mons. Miccichè le teneva sul suo tavolo. «Autorizzazioni – spiega – a stipulare rogiti notarili di vendita dove la mia firma apposta in calce è stata scannerizzata da altri documenti». Accanco alla firma del vescovo quella dell’allora direttore amministrativo della Diocesi, don Ninni Treppiedi. Lei non sapeva nulla di tutto questo? «Assolutamente no».
Qualche rogito è stato già annullato, come quello della vendita della piccola chiesa che si trova nel centro storico, Maria Santissima di Custonaci, diventata atelier di pittura, e che quando il vescovo andò a inaugurare non sapeva che i locali erano diventati luogo per esposizione di quadri.
Ma le ricerche fatte agli atti della Diocesi e presso le chiese dove padre Treppiedi ha servito messa a sentire il vescovo hanno fatto scoprire anche altro. «Assegni movimentati in banca di rilevanti importi – dice – intestati alle chiese che finivano col diventare assegni circolari direttamente intestati al sacerdote, auto di lusso comprata e rivenduta». Qualcuna sarebbe finita in Vaticano a disposizione di alti prelati. E a proposito di soldi è saltato fuori anche un conto tenuto dall’ex sacerdote presso lo Ior di Roma. Tra i documenti una nomina presso un Ipab di Alcamo, che però il vescovo Miccichè non sapeva di avere fatto.
E il milione che manca a proposito della fusione delle due fondazioni? «Sono soldi depositati su un conto della Curia, non sono spariti», dice il vescovo.”

 


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