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Mi è piaciuta, nella sua raffinatezza, l’espressione utilizzata domenica dal premier Mario Monti sul “disarmo multilaterale di tutte le corporazioni“. Il messaggio giusto, al momento giusto: andrebbe meglio tradotto nel “disarmo multilaterale” di tutte le caste e i privilegi che -in questi ultimi anni- hanno reso possibile, statistiche alla mano, l’impoverimento progressivo di una fetta sempre più ampia della popolazione, in particolare dei giovani. A vantaggio di una minoranza del 10%, che detiene circa la metà della ricchezza nazionale.
Quest’Italia delle lobby ha prodotto un cortocircuito insostenibile, che sta spingendo il nostro Paese fuori dai binari della globalizzazione e della modernizzazione.
Ricevo sempre più lettere di giovani che cercano un modo di andarsene. Alcuni hanno anche figli piccoli. Non vedono -in questo Paese- una speranza di futuro. I dati, ancora una volta impietosi, danno loro ragione:
-secondo Eurostat, in Italia oltre due persone su tre in cerca di lavoro si affidano a intermediari (parenti, amici o sindacati). Parliamo del 76,9% dei casi, otto punti sopra la media dell’Eurozona, quasi il doppio rispetto alla Germania. Ci battono solo Grecia, Irlanda e Spagna. Gli annunci di lavoro risultano quasi sconosciuti nel Belpaese: meglio i contatti informali. Ora capiamo da dove arriva la nostra classe dirigente…
-quando anche il lavoro si trova, non serve aver studiato: secondo l’indagine Excelsior, ripresa in grande evidenza dal “Corriere della Sera”, nel 2011 le aziende italiane hanno assunto 208mila “under 30″. Di questi, solo 14,8% erano laureati. In quasi la metà dei casi il diploma è stato più che sufficiente. Quasi due su tre hanno avuto un contratto a tempo determinato. Si cercano insomma operai specializzati e commessi, in Italia. Studiare non serve: l’investimento in capitale umano resta un miraggio, per un Paese che si sta autocondannando al declino…
-sarà anche colpa della poca presenza di multinazionali, in Italia? Lo denuncia pure Confindustria. Di fatto, l’autarchia italiana del “piccolo è bello”, insieme a una giungla burocratica degna di Tarzan, ha allontanato gli investimenti esteri nel nostro Paese. Le 14mila aziende a controllo straniero offrono occupazione a 1,3 milioni di persone, con 500 miliardi di ricavi. Hanno performance migliori per valore aggiunto, redditività, investimenti e spese per ricerca. Ma, con appena 337 miliardi di stock, presentano un peso troppo marginale: la metà di Spagna e Germania, un terzo rispetto a Francia e UK. Nell’ultimo biennio, i flussi in entrata sono calati del 53% (!), contro il -7% appena registrato dai partner europei. Troppa autarchia fa male a concorrenza e merito…
-un italiano su due è disposto a trasferirsi all’estero, per migliorare la propria condizione professionale, secondo l’indagine “Work Monitor Randstad”. La stragrande maggioranza (53%) per motivi di retribuzione, ma quasi uno su tre (32%) anche solo per poter svolgere un lavoro più in linea con le proprie aspettative.
E allora avanti: servono le liberalizzazioni, che devono distruggere le posizioni di rendita precostituite di lobby ed Ordini.
Serve una riforma del mercato del lavoro, orientata -per davvero- ai giovani. Via la selva di 46 contratti e contrattini (stime della Cgil). Via libera a un contratto unico, accompagnato da un reddito minimo, in grado di garantire la sussistenza a chi perde il lavoro. E -attraverso un potenziamento dei centri per l’impiego- aiuti una ricollocazione professionale.
Incentiviamo l’investimento in formazione, portando le imprese a puntare maggiormente sull’innovazione, per allargare la platea di lavoratori ad alto tasso formativo aggiunto. L’Italia deve modernizzarsi, tagliando i rami secchi produttivi ormai fuori mercato, per aprire ai comparti più innovativi ed in linea con la globalizzazione.
Infine, permettetemelo: caccia senza quartieri agli evasori fiscali. Anche loro hanno affossato questo Paese, rubando ricchezza agli altri, agli onesti. Finiscano in carcere. O scappino all’estero. Per loro qui non ci deve essere più posto. Sono solo parassiti. Delinquenti.
Propongo uno scambio: mandiamo gli evasori in esilio. E riprendiamoci i tanti giovani professionisti di talento e onesti che stanno facendo grande l’Italia all’estero. Giovani che avrebbero tanto da dire -e da fare- per la ricostruzione dell’Italia.
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