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Discesa negli inferi per un calvinista.
Jake, industriale bigotto, va alla ricerca della figlia entrata nel mondo del porno. Il secondo film diretto dal tanto grande quanto sottovalutato Paul Schrader (sceneggiatore di "Taxi driver", "Toro scatenato" e "Mosquito coast", ma anche regista, tra gli altri, di "Affliction", "American gigolò" e "Auto.focus") esplora i lati più oscuri dell'animo umano, racconta la perdita dell'innocenza, il marciume che si nasconde dietro a un uomo e a un paese intero. L'America pornografica e sadomasochista è dietro l'angolo tanto da diventare l'altra faccia dell'America perbenista, religiosa e puritana. Del resto Schrader, calvinista in fuga che a diciott'anni scopre il mondo, è sempre stato ossessionato dagli strati più sotterranei ed abissali dell'animo umano. L'Inferno non è nel mondo, non è il mondo, ma si trova sotto la crosta o la superficie, come a dire: l'inferno siamo noi, è la prospettiva dolorosa di dover convivere con noi stessi. La redenzione è a un passo dalla regressione, la violenza scaturisce dalla rabbia, dal silenzio, dalla repressione e da un'educazione che ha dimenticato il resto del mondo.
Il sesso diviene così un'ossessione cieca e compulsiva, non solo nell'ambito pornografico, ma agli occhi stessi di chi lo demonizza. Film conciliante solo in apparenza, mai moralista, mai facile, che racconta il marciume senza eccitazione e senza biasimo. Le colpe dei padri generano incubi claustrofobici da cui sarà per sempre impossibile uscire. Non c'è nessun lieto fine nel film di Schrader, anche se così potrebbe sembrare: non esistono ritorni a casa, il mondo precedente è finito per sempre. Si ha come l'impressione di una solitudine estrema, di un'impossibilità fisiologica di un autentico lieto fine. Basti pensare alla relazione che sembrava quasi paterna con la prostituta che lo aiuta nelle ricerca, quando in realtà lei rappresenta per Jake un mero strumento.
"Torniamo a casa" diceva John Wayne a Natalie Wood, dopo aver affrontato i suoi demoni e le sue ossessioni, nel suo inferno personale. Bigotto e razzista, i suoi abissi erano gli indiani. Negli anni '70 il nuovo abisso è il sesso.
Enorme, è quasi pleonastico sottolinearlo, George C. Scott.
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