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Dischi parlanti: Lazarus.

Da Farmacia Serra Genova

Avrei voluto parlar d'altro, questa settimana. Cambiare disco, per quanto ✮ sia effettivamente un disco di cui non ci si stanca facilmente di parlare.

È il motivo per cui David Bowie è di nuovo al centro di questa rubrica a darmi fastidio. E una punta di tristezza, ancora.

Scrivere di certe cose per me è molto difficile, soprattutto quando ancora risuonano le voci di tutti quelli che si sono affannati a dare la loro opinione, anche quando un'opinione non ce l'avevano, come se fossero obbligati ad averla in virtù del fatto che internet, i social network, la benedetta democrazia offrono la possibilità di esprimere opinioni a tutti. Una possibilità, andrebbe ricordato una volta di più, non è necessariamente un dovere. Ti puoi esprimere, se vuoi, ma non devi farlo per forza. Continueremo a parlare con te, non ti giudicheremo male, non ti guarderemo come quello strano del gruppo se non dici la tua opinione, stavolta che non te la senti (qualunque ne sia il motivo, fosse anche che non te ne frega niente, perché pure fregarsene è legittimo): va benissimo anche tacere.

Ma non è stato così, come sovente - ahinoi - accade. E questo rende ancor più difficile continuare a esprimersi su quel lunedì iniziato così male; brutto come solo certi lunedì sanno essere.

Dischi parlanti: Lazarus.

Quando "uno famoso" muore, non è sempre "solo uno famoso che muore". A volte si tratta di qualcuno che può aver segnato le nostre vite anche da lontano, qualcuno al quale abbiamo dato il permesso di segnare la nostra vita, e anche solo per questa concessione s'ha diritto a considerarlo "uno famoso" diverso dagli altri. Può aver segnato tutta una giovinezza e poi l'età adulta e poi la maturità, può aver insegnato a non aver paura d'essere diversi, può aver aperto uno squarcio in un'anima annodata, all'improvviso, con una canzone soltanto, aver accarezzato cuori dolenti.

Se ci si sente tristi, quella tristezza non è mai priva di dignità.

A volte, poi, quando "uno famoso" muore - citando la perfetta metafora di un mio amico - è come se si spegnesse un'opera d'arte. E quando un'opera d'arte si spegne, si sente sempre un po' di dolore. Bowie è effettivamente un'opera d'arte, ancor più che "semplicemente" un artista. Lo è stato in tutti gli anni della sua carriera, ed è riuscito anche a morire con la grazia di un'opera d'arte, con un canto del cigno che riascoltato col senno di poi dà i brividi ancor più che a quel primo ascolto.

Guardami, sono in paradiso

Ho cicatrici che non si vedono

[...]

Così o niente

Lo sai, sarò libero

Proprio come quell'uccellino

Non trovi sia proprio da me?


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