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Discorso ad un bambino / Il giorno del volantino

Creato il 05 luglio 2012 da Tnepd

Discorso ad un bambino / Il giorno del volantino

Stavolta 2 post in uno. Innanzitutto niente di meglio di Marcello Bernardi con disegnuccio accanto, per “inaugurare” la mia nuova stanzuccia in quel del Centro ove sono educatore professionale.
Poi Il bello dell’internet. Parlavo ieri sera con Riccardo Orioles, parlavamo di Dio (non ricordo come si giunse, forse dalla scoperta del Cern). Alla fine mi manda un’email con un suo scritto dell’ottobre 2000. Una particella di quel grande umano di Orioles.
Invenzioni. Ne è stata fatta una importante, l’altra sera, non so se da uno scienziato, da un filosofo o da un programmatore Linux: di certo era urgentissima, e sarebbero bastati ancora pochi anni senza di essa – come poi è stato dimostrato dai fatti – per mandare in malora il mondo. L’invenzione consiste semplicemente in questo: una placida dimostrazione in venti righe, in un linguaggio piano alla Piero Angela ma di una tale evidenza scientifica da essere immediatamente indubitabile, dell’assoluta inesistenza di Dio: di ciascun dio.

Appena ottenuta la formula, agenti motociclisti a sirene spiegate l’hanno portata all’aeroporto. Gli aerei erano già in attesa, con le eliche pronte ad essere avviate. Un’ora più tardi, i primi Canadair hanno cominciato a gennare tonnellate di volantini con la breve dimostrazione, ripetuta in più lingue, a caratteri grassetti. In calce al volantino c’era un disegno a fumetti che illustrava sommariamente ad uso degli analfabeti l’essenziale della formula. Dalle basi dell’Air Force, dalle portaerei inglesi, dagli aeroporti cinesi e indiani, dal Sudafrica, da Aviano e Sigonella, dal Giappone, da tutte le piste del mondo gli aerei partivano verso ogni destinazione. I fogli fluttuavano nell’aria, e venivano presi al volo. Qua una donna ne afferrava uno, si scostava il velo con aria di sfida e lo gettava a degli uomini barbuti e armati di pietre – e gli uomini aprivano le dita e lasciavano cadere le pietre. Là un bambino lo mostrava ridendo a un soldato che già aveva chiuso l’occhio sinistro per prendere la mira – e il soldato leggeva le strane frasi (eppure così chiare) e apriva entrambi gli occhi e guardava con stupefazione il fucile.

Un giorno indimenticabile, il Giorno del Volantino. Stranamente, quasi senza incidenti; c’era sempre qualcuno, nei pochi momenti di tensione, che scrollava le spalle o che rideva. Una strana nostalgia – se la parola è adatta – aveva preso tutti, ma maggiormente coloro che fino a quel momento avevano costruito la loro vita su una qualunque forma di credenza. Così, non destava sorpresa vedere cardinali che invitavano arabi a improbabili cene a base di cuscus e tortellini, militanti islamici che indicavano la via di casa a soldati israeliani sbandati, rabbini col cappello nero e coi ricci che s’accendevano sorridendo una sigaretta canterellando vecchie robe di Broadway, polacchi in là con gli anni che sorridevano d’un sorriso caldo a qualcosa d’assente (“Povero vecchio! Chissà a che pensa”. Lui pensava a una ragazza conosciuta quando faceva l’operaio in Polonia, molte guerre fa. E non si sentiva affatto un povero vecchio, adesso).

Furono pochissimi coloro per i quali la prova scientifica dell’inesistenza del loro Dio (e dire che fino al giorno prima ce n’erano stati tre o quattro, per dire solo di quelli importanti: e, sembra incredibile adesso, la gente si ammazzava per essi) non cambiò granchè nel tran tran ordinario della giornata. A padre Zanotelli, ad esempio, il volantino lo portarono mentre assisteva un bambino in una baraccopoli alla periferia di Nairobi. “Peccato!” sbuffò con impazienza, e si rimise al lavoro. Al mio amico Giobatta lo dissi io, mentre stava bestemmiando come un genovese perchè il cane s’era mangiato una vite. “Guarda che Dio non c’è, l’ha detto ora ora la televisione!”. “E chi se ne fotte! Noi, grazie a dio, sempre atei siamo stati!”.


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