L'incredibile testimonianza a fumetti di un artista incarcerato in Iran a causa di un disegno. Oggi esule a Parigi, l'autore Mana Neyestani è diventato una bandiera della libertà d'espressione e un noto portavoce della lotta per i diritti negati nel suo Paese.Il suo incubo comincia nel 2006, quando disegna una conversazione tra un bambino e uno scarafaggio sulle pagine del supplemento per l'infanzia di un settimanale iraniano. Il punto è che nel dialogo lo scarafaggio disegnato da Mana usa una parola azera. Gli Azeri, una popolazione di origine turca che vive nel nord dell'Iran, sono da lungo tempo perseguitati dal regime di Teheran. Per alcuni, il disegno di Mana è la goccia che fa traboccare il vaso e rappresenta un eccellente pretesto per scatenare una sommossa.
Il regime di Teheran ha bisogno di un capro espiatorio: sarà Mana. Lui e l'editore della rivista vengono messi in prigione. Mentre i due uomini subiscono settimane di isolamento e di interrogatori, gli Azeri organizzano diverse manifestazioni anti-governative. Le autorità ordinano di sparare sui manifestanti, causando numerose vittime. Dopo due mesi di detenzione, Mana riesce a ottenere un permesso temporaneo di scarcerazione. Decide allora di fuggire con sua moglie. Dopo lunghe peripezie che li vedranno passare per gli Emirati Arabi Uniti, la Turchia e la Cina, riusciranno a raggiungere la Malaysia e a stabilirsi lì prima di arrivare a Parigi nel 2010.
Le immagini valgono più di mille descrizioni. E nonostante la violenza e la durezza della storia, Mana Neyestani non dimentica mai di aggiungere qualche tratto ironico o commovente, come ad esempio la luna a quadretti che si vede dalla finestra a sbarre della cella, o lo scarafaggio che continua a comparire qual e là e che l'autore cerca ogni volta di scacciare via.
Rimane il pensiero che rispetto ai pochi che sono riusciti a fuggire, molti, moltissimi innocenti, considerati dissidenti, spariscono nelle carceri iraniane, dalle quale spesso non fanno ritorno, "...in tutta la mia vita non avevo mai visto tanti uomini così infelici..."