Disoccupata e donna: la terribile accoppiata.
Oggi vi voglio raccontare che cosa mi è appena successo, in una sessione di ricerca lavoro a cui mi sono “costretta” nonostante io sia ormai da anni rassegnata al fatto che le piattaforme di ricerca lavoro sono inutili ricettacoli di falsi annunci, o annunci veri postati da gentaglia, specchietti per le allodole quando non veri e propri tentativi di frode.
Si, anche quelle serie (che qui non staremo a nominare, tanto le conoscete).
Ma si sa, il gatto ha da magnà, perciò facendomi estrema violenza fisica e psicologica mi sono data il gravoso impegno di mandare almeno un cv al giorno. Fosse facile… ma una ci prova.
E così, mandai il cv ad un annuncio che già sulle premesse mi aveva dato da pensare. Dopo lunghe elucubrazioni e un paio di schiaffi in faccia, mi sono costretta a mandare questa candidatura, dicendomi che non si può essere sempre schizzinosi.
Miracolo dei miracoli, dopo meno di tre giorni mi arriva la risposta (e già qui, mi direte voi, avrei dovuto avere il primo sospetto??): sono stata selezionata fra i 20 “migliori” candidati… che hanno vinto il fortunatissimo primo premio di… (la suspence vi uccide, lo so) non affrontare un noioso colloquio di assessment, così old school che dai gente, chi lo vuol fare un colloquio del genere? Ma la fantastica opportunità di dimostrare le proprie capacità inviando una serie di cose, fra cui
Dimostrare le proprie capacità, per me, è sempre sinonimo di stage non retribuito, praticantato (non retribuito), periodo di prova (non retribuito), fetta di culo (non retribuita), etc. etc.
Dimostrare le mie capacità. A 36 anni. E il cv con allegato portfolio, pagine di link a cui andare a guardare che cosa sto facendo, e le raccomandazioni degli attuali datori di lavoro, cosa te le mando a fare, se poi devo essere ancora trattata come la stagista di turno?
E quindi via, sii propositiva ed entusiasta (e anche molo grata dell’opportunità), e mandagli la pianificazione di un mese di comunicazione in pagina, e i materiali esemplificativi, e due righe di spiegazione strategica che non fanno mai male, e ovviamente anche un accurato prospect dei costi (della pubblicità, non i tuoi). E visto che è il periodo di Natale, le due fette di culo non gliele vuoi anche incartare con un fiocco?
Non ci siamo, proprio non ci siamo.
Dopo essermi consultata con un’amica, professionista che lavora da anni in proprio, con una sua agenzia e tutto il resto, metto insieme una risposta breve – e negativa – che invio, sicura che capiranno il mip punto di vista: non ci sono le premesse per iniziare una collaborazione, non lavoro gratis, non ci sono le premesse per buttare giù neanche due righe che siano veramente in target, visto che non ci sono stati colloqui conoscitivi, della pagina non si sa niente, neanche due righe di statistiche etc. (= io non sparo nel buio, ad cazzum, ma lavoro dati alla mano) etc…
Facevo meglio a risparmiare anche quei due neuroni che mi sono serviti a spiegarmi, visto che la reazione, come previsto, è stata una lunga mail di riprova, in cui ti dicono, in belle parole che quasi non sembra neanche un’offesa ma solo un paterno “rebuffo”, che sei una ignorantella che non conosce la vita, e come vanno le cose. Che le agenzie lavorano così, quando devono vincere una gara d’appalto: ti presentano il lavoro fatto e finito e poi sperano di vincere ed essere pagate.
Anzi no, non il lavoro fatto e finito, poiché una delle ammiccanti frasette in conclusione della richiesta era “non pretendiamo certo il lavoro completo, ci basta anche un abbozzo. Certo, più completo ce lo mandate meglio è, mica vi diciamo di no”… Capito, il gatto e la volpe? La classica situazione win-win (per loro): giacchè se non gli mandi il lavoro completo, perdi tempo e non ti prendono in considerazione, se glielo mandi, perdi tempo per poi magari vedertelo pubblicato, modificato ovviamente così che tu non possa rivendicare nulla, di lì a un mese… e senza avere il lavoro.
Non che non mi sia già capitato.
Ma qui, capite, scatta l’orgoglio dell’imprenditore tutto d’un pezzo, che quando gli fai notare che tu, lavori gratis, non ne fai, proprio perché per te è un LAVORO, lui si arruffa le penne e ti risponde scandalizzato – prima di partire con gli insulti (sempre venati dal paternalismo di chi “ne sa di più”) – dal fatto che tu possa anche solo lontanamente aver pensato che chiedevano lavoro gratis a povere risorse in cerca di impiego.
Come mai ho potuto partorire un’idea simile! Non accade mai, nella vita, non mi è mai successo, è fantascienza… no?
A quel punto che fai? Gliela lasci passare liscia e rimani nel tuo angolino a piangerti addosso per l’ennesima occasione mancata (per colpa tua tua tua ovviamente)?
Oppure, utilizzando le capacità che ritieni di avere, confezioni un’altra breve mail di risposta, in cui rassicuri l’interlocutore che non ha sbagliato a valutarti sin da principio (come amaramente ti faceva notare, l’imprenditore che si era lasciato abbindolare dal tuo fantastico cv per poi scoprire che sei solo fuffa e distintivo), ma che anzi lo scambio è servito a scremarti velocemente ed escluderti dal pool di persone adatte (o degne) di collaborare con lui? Quale fulgido esempio di efficacia! Glieli vuoi fare i complimenti, no?
E ora, vi racconto la cosa più schifosa: volete sapere con quale oggetto è arrivata la mail che comunicava “hai vinto, sei fra i 20 fortunati che passano alla sfida successiva”?
Oggetto: posizioneXXX – brief sexy
Sexy.
Perché sono una donna, portatrice sana di un paio di tette (la natura me le ha date e non posso farci niente) e quindi anche se la mia candidatura riporta una foto scattata in primo piano durante il pranzo del 95° compleanno di mio nonno – quindi certo occasione per mostrare i davanzali completi di gerani – visto che sono una donna DEVE essere considerata una candidatura sexy.
Cioè, per forza, no? Stagista e sexy, a 36 anni sono ancora incasellata così.
Non è fantastico il mondo della fallocrazia?
E mi è successo, quindi non ditemi che non è così. Non vi posto qui il testo completo delle mail scambiate solo perché teste di czz del genere sono capaci anche di querelarti per diffamazione, visto che hanno palesemente RAGIONE di trattarti così, e io sono talmente sfinita che non ho voglia, proprio non ho voglia di incazzarmi ancora più di così.
Quindi non ditemi che non è vero, che non succede, che esagero, cche sono troppo suscettibile, che si tratta di un refuso, che sicuramente ho capito male, che si trattava di un complimento, o di un caso isolato – una testa di czz random – che non è la regola, che non è esemplificativo del mondo del lavoro di oggi ma solo di una piccola, piccolissima fetta… Il mondo per le donne è cosi.
Era così quando lavoravo in azienda. È così oggi. Sarà così domani.
Sessista. Maschilista. Discriminatorio. Ammiccante.
E per le donne che decidono di non stare al giochino, di non prestarsi, svendersi, piegarsi, è anche peggio: veniamo etichettate come bacchettone, come minimo. Incompetenti. Polemiche. Sempre pronte a pensar male degli altri.
Ma con queste premesse tracciate da goliardiche mani neri su bianco sui nostri schermi, come possiamo NON pensar male? Con quale coraggio?
E con che voglia, domani torneremo ad accendere il pc, e inviare curriculum, nella vana e inutile speranza di trovare un dignitoso lavoro?