Per la rubrica: DISOCCUPATI: VITE IN PARALLELO ecco a voi la storia di Maria.
Questa è una testimonianza della brutalità degli ambienti di lavoro.
Premetto che ho conosciuto direttamente gli effetti che la tanto nominata “crisi” ha sulle aziende italiane e che gli imprenditori onesti hanno la mia comprensione. Ho lavorato per quasi dieci anni presso un’azienda che si occupa di impianti elevatori (acensori e affini). Giunta lì per il classico colpo di c…. fortuna, ho sostenuto un regolare colloquio al termine del quale cominciai a lavorare con l’unica mansione di rispondere al centralino per la segnalazione dei guasti agli ascensori (di quasi tutte le province della mia regione).
Nessun contratto portò la mia firma per circa 24 mesi, nel corso dei quali invece firmavo ritenute d’acconto come se le mie mansioni fossero occasionali e non avessero carattere di lavoro subordinato. La speranza di ottenere un regolare contratto era tanta e i miei progetti (uno a dire il vero) erano una motivazione forte a resistere nonostante cominciasse un sottile mobbing. Nel frattempo “sfruttavo” la possibilità datami dall’assenza di contratto, per aprirmi la strada da insegnante di primaria e fare le mie belle supplenze (poche a dire il vero). Arrivò quindi il ministro Gelmini al Ministero della Pubblica Istruzione e disse che le scuole spendevano troppo. Chiuse i rubinetti e…addio supplenze. Non mi hanno chiamata più per quattro anni, nemmeno per un giorno. Fu chiaro che non potevo campare con quella professione nonostante io abbia vinto il concorso nel 2000.
Si decisero a farmi una proposta di contratto che accettai subito. Le mie mansioni erano cresciute notevolmente, non il mio stipendio, ma sai chi se ne frega col contratto a tempo indeterminato, se Dio vuole avrò il tempo, pensai. Mi sposai l’anno dopo.
Anno 2011 tra alti e bassi si andò avanti, la crisi si faceva sentire ma si lavorava e il mio posto non sembrava in pericolo. Il capo decise di mandarmi in un’altra sede per alcune giornate per istruire una collega. Bene! Questo è il momento buono per ricordare che ho ancora il livello dell’inserviente (eh si, dovevo essere terzo da un po’ ed ero primo). Nulla. La collega a digiuno di tutto, istruita da me venne assunta con il livello che dovevo avere io. Cominciò a sentirsi pesantemente la cattiveria del capo che per motivi a me sconosciuti vessava me e due colleghi (marito e moglie) con cattiverie continue e cominciò a tormentarci con un controllo ossessionante.
Premetto che avevo ottimi rapporti con tutti, ma non capivo l’origine dell’accanimento. Ci facevamo forza, avendo famiglia..
Nel giugno 2012 entrò in vigore la legge Fornero: io e i miei due colleghi (uno disabile) ricevemmo la lettera di licenziamento a fine ottobre, senza preavviso, senza nessuna parola. Il giorno prima a lavoro, il giorno dopo licenziati. Nessun motivo se non una “riorganizzazione aziendale” e nemmeno una spiegazione da parte di nessuno. A nulla valsero i tentativi di capire, solo un muro di silenzio. Totalmente impreparata, sconsigliata a muovere causa perchè la lagge Fornero è nuova e non c’è giurisprudenza a cui aggrapparsi,(mettiamo anche che mi fu prospettata un’attesa di almeno 4 anni prima di una sentenza) mi fu suggerito di chiudere con un accordo economico, che di fatto mi è servito a far fronte ai problemi che senza risorse, non potevo affrontare.
Immagina le lacrime, immagina la rabbia di chi sa che di quello stipendio misero ha bisogno, perchè nemmeno il marito può contare su entrate regolari. La depressione era dietro l’angolo, ma la preghiera mi ha reso forte abbastanza; la famiglia e gli amici sono stati il mio paracadute. Io sono fortunata. E ora sono qui e cerco ancora un lavoro.
Il licenziamento è un evento forte quasi come un lutto, ma te ne fai una ragione, non così della cattiveria gratuita.
Ogni volta che leggo le vostre storie provo le stesse emozioni: RABBIA E TRISTEZZA…
Continuate ad inviarmi le vostre storie, diamogli voce FACCIAMOCI SENTIRE E FACCIAMOCI LEGGERE