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Disposofobia: la sindrome da accumulo che ci “seppellisce” in casa!

Da Silvestro

A cura della Dottoressa Anna Chiara Venturini, psicologa psicoterapeuta a Roma

Chi di noi non ha visto “Sepolti in casa”, il programma di Real Time, in cui vengono riprese le vite di individui che vivono letteralmente sommersi da oggetti, spazzatura, e tutto ciò che continuano ad acquistare. Ebbene, al di là della spettacolarizzazione delle situazioni limite, quello che appare chiaro è che si tratta di un vero e proprio disturbo, la  disposofobia per l’appunto. Definita anche come sindrome da accumulo compulsivo, (definita anche “hoarding”) è caratterizzata dalla paura impellente di gettare via per sbaglio qualcosa di importante. Le persone colpite da questo disturbo hanno grandi difficoltà a distinguere tra cose importanti e cose senza valore. Iniziano quindi ad accumulare spazzatura, ad es. gli imballaggi, cibi scaduti che potrebbero ancora “essere commestibili” etc.. , prendendo proprio per questo anche il nome di mentalità di Messie, dall’inglese mess, ovvero disordine, sporcizia.

Non si tratta di semplice disordine, ma di una reale difficoltà nel gettare le cose che va ad inficiare la qualità della vita; un bisogno ossessivo di acquisire (senza utilizzare né buttare via) un gran numero di oggetti, senza disfarsene anche quando magari sono dannosi ( es. spazzatura). Spesso le persone accumulano beni di utilizzo comune tipo lettere, giornali, abbigliamento, ma anche cibo scaduto e spesso rifiuti.

Nella casa si formano dapprima  delle “clutter” ovvero delle zone di accumulo, seguite poi da “clot” ovvero pile di oggetti accatastati da mesi ( es. bollette mai aperte, vestiti etc..) e infine “clog” ovvero vere e proprie torri di materiale accatastato  che rendono la casa piena di ostacoli o occupano l’intera stanza. Ovviamente questo terzo stadio è quello più serio.

Quali sono i segnali della sindrome da accumulo compulsivo?

• Difficoltà di liberarsi degli oggetti

• Grandi quantità di oggetti posti in modo disordinato che ingombrano gli spazi vissuti dalla persona e che ne rendono difficile l’utilizzo e il muoversi all’interno

• Smarrimento degli oggetti tra le tante cose accumulate

• Essere incapaci desistere dal prendere cose gratuite, es volantini, bustine di zucchero etc.

• Acquistare cose perché si considerano una “scorta” o per “ogni evenienza”

• Non invitare familiari o amici in casa per la vergogna e l’imbarazzo

• Rifiutare di far entrare persone in casa, nemmeno per riparazioni o visite di cortesia.

Esistono 3 tipologie di hoarders o accumulatori: il primo tipo erroneamente crede che gli oggetti accumulati siano molto preziosi, il secondo tipo gli attribuisce una valenza personale molto forte ( quando in realtà non hanno alcun valore), il terzo tipo, si rende conto dell’inutilità delle cose accumulate ma la condizione in cui vive lo sovrasta e si arrende.

Ma perché la persona non butta via nulla?

Una sorta di collezionismo avido, disordinato e maniacale, un legame malato con gli oggetti che pone la persona in lotta quotidiana contro l’irrefrenabile tentazione di conservare qualsiasi cosa, “senza queste cose non sono nulla” dichiara un paziente disposofobico. La paura del futuro trasforma gli oggetti in una coperta di Linus mentale, un oggetto transazionale che permette di “fermare” il tempo che passa. Ovviamente di base c’è insicurezza personale e una forte ansia di separazione che portano l’individuo ad instaurare con gli oggetti vere e proprie relazioni.

Siamo legati agli oggetti e ne conserviamo alcuni per ricordo, ma dove sta il confine tra normalità e patologia?

Scontrini, biglietti del treno, ricevute.. chi di noi, magari per ricordare occasioni speciali, non conserva questi piccoli “cimeli” per poi rivivere con la mente un giorno quelle situazioni? Tutti, chi più chi meno siamo portati a conservare, ma nel caso della sindrome di messie la situazione è ben diversa. Gli spazi vivibili in casa si riducono progressivamente finchè lo svolgimento della vita quotidiano è reso impossibile. Basti pensare ad esempio ai fratelli statunitensi Homer e Langley Collyer, morti entrambe sepolti in casa da una serie infinita di oggetti, appare chiaro che non è una sindrome da sottovalutare, anche perché raramente chi ne soffre esce allo scoperto per la vergogna che prova per se stesso, il timore di essere giudicato dai familiari e conoscenti, e, nel peggiore dei casi, l’hoarder si chiude letteralmente in casa per restare vicino ai suoi oggetti e vegliare su di loro affinchè nessuno li possa portare via.

La sindrome da accumulo è una patologia a sé stante oppure, come da molti viene definita, è un sottotipo di disturbo ossessivo compulsivo? Qual è il legame tra i due disturbi?

Quest’anno per la prima volta, la disposofobia verrà inserita nella nuova edizione del DSM (ovvero il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) come disturbo vero e proprio, anche se non mancano correlazioni con il disturbo ossessivo compulsivo, con il disturbo ossessivo compulsivo di personalità e la sovrapposizione con un disturbo di controllo degli impulsi, in questo caso collegato ad acquisto compulsivo o comportamento di acquisto. Tuttavia possono mostrare i classici sintomi degli accumulatori, anche soggetti affetti da demenza e schizofrenia.

Come esordisce la disposofobia?

I comportamenti da accumulo possono iniziare sin dall’adolescenza, soprattutto se si vive in condizioni di vita disagiate in cui, accumulare significa preservare qualcosa che in futuro potrà servire e che forse non ci si potrà permettere. Disagi economici e situazioni di vita precarie, rendono questi soggetti dapprima parsimoniosi, poi veri e propri accumulatori in seguito alla comparsa di eventi fortemente stressanti, come la perdita di un caro, del lavoro, una separazione o il cambio di casa e città. Gli oggetti vengono così sovrainvestiti del valore emotivo: non più mezzi per ricordare, ma sostitutivi della persona che se ne è andata, del lavoro perso e così via. L’età media degli accumulatori si aggira intorno ai 50 anni, ma spesso, come detto, iniziano molto presto a lottare con questo problema e chiedono aiuto soltanto quando gli effetti del disturbo pregiudicano la capacità di svolgere normali attività e comprometteno il rapporto anche con i familiari conviventi. Una patologia spesso tenuta segreta perché chi ne è affetto tende a vergognarsi :questo fa si che il disturbo venga sottostimato e anziché 1 persona su 50, si parla in realtà di 1 persona su 20 affetta da disposofobia.

Come si può superare l’hoarding?

Ovviamente, se è un fenomeno circoscritto legato magari ad un misto di nostalgia, non è ilo caso di preoccuparsi, ma bisogna comunque fare qualcosa nelle fase iniziali, quando cioè si intravedono i primi piccoli accumuli (clutter). Per esempio possiamo riordinare le cose in modo radicale una volta al mese e nel giorno stabilito buttare le cose più vecchie e inutili dopo aver fatto magari un elenco dettagliato. E’ chiaro che, se mentre ci apprestiamo a gettare le cose desistiamo , ci troviamo di fronte ad un  campanello  di allarme: il giustificare l’accumulo con mille spiegazioni ha, infatti, la funzione di rendere normale un comportamento che già di fatto percepiamo esagerato.

Tuttavia questo si verifica ad una fase iniziale della sindrome da accumulo, mentre nel caso di uno stadio più evoluto, sono necessari interventi più strutturati e incisivi.

Ovviamente non si tratta di sgomberare la casa dalle cose accumulate, anche perché il problema a distanza di qualche mese si ripresenta. Gli accumulatori provano infatti intensa ansia, angoscia e sofferenza e possono diventare ancora più attaccate agli oggetti, rifiutando ogni tipo di richiesta di aiuto. Letteralmente barricati dentro le loro mura domestiche, devono essere veramente motivati al cambiamento, anche se è bene tener presente la loro estrema ambivalenza a riguardo: a volte non vogliono in alcun modo essere aiutati, altre volte invece lo desiderano realmente, ma non vuole disfarsi delle cose realmente inutili (“aiutatemi a fare ordine… ma questo non gettatelo per favore.. questo neanche, e nemmeno questo”)

A tal proposito è fondamentale comprendere l’attaccamento che hanno nei confronti di quegli oggetti e cosa rappresentano per loro, mettersi nei loro panni e non limitarsi semplicemente a “rimuovere” le cose.

E’ infatti importante unirsi a loro senza discutere se una cosa è utile oppure va buttata, ma studiare insieme delle strategie organizzative, per migliorare la qualità della vita. Per esempio, non buttiamo i vestiti accatastati ma li mettiamo all’interno di scatoloni, liberando una stanza che così permetterà alla persona di ricevere visite e riprendere la sua vita sociale. E’ poi importantissimo non gettare nulla senza chiedere il permesso perché altrimenti verrebbe chiuso ogni canale comunicativo e l’accumulatore rifiuterebbe qualsiasi aiuto futuro.

Come si sviluppa il trattamento per la disposofobia?

1)   Mettere in dubbio pensieri e convinzioni della persona che accumula circa la necessità di conservare gli oggetti e di accumulare nuove cose

2)   Uscire senza acquistare o portare a casa cose nuove

3)   Effettuare una strategia di empowerment che permetta alla persona di rimuovere gli oggetti dapprima con l’aiuto di un supporto ed in seguito in modo aiutonomo

4)   Trovare insieme su strategie organizzative per ridurre l’ingombro dovuto agli oggetti accumulati

5)   Comprendere il significato che hanno per la persona gli oggetti

6)   Elaborare strategie così da impedire il riaccumulo degli oggetti

Le medicine sembrano non poter ridurre i comportamenti di accumulo patologico, possono aiutare a ridurre i sintomi di depressione e ansia conseguenti e l’eventuale peggioramento dei sintomi di accumulo compulsivo

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Utlimo articolo pubblicato  “Incontro sempre la persona sbagliata!”:significati, aspettative e copioni che si ripetono in amore partendo dal semplice “ti amo”

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