Le distanze da percorrere tra le persone si calcolano con innumerevoli unità di misura.
Alcuni inanellano teorie di oggetti per creare legami. Chili di cose. Soddisfano desideri espressi o immaginati. Condensano il proprio impegno nell’atto di estrarre il portafoglio e offrire doni. Si compiacciono del proprio successo, circondati da gazze ladre; si indignano se non vengono ricambiati in controvalori d’affetto. Non si accorgono dell’imbarazzo di chi non vuole fredde catene di gratitudine che si possano pesare in multipli di lingotti d’oro.
Alcuni annullano gli intervalli aprendo le braccia in abbracci spontanei. Micrometrologia. Baci sulle guance, a sfioro: due, tre, a volte quattro dopo pochi minuti da una stretta di mano. Toccano, entrano negli spazi prossimali ignorando il disagio o appagando mute preghiere. Stringono e pensano che basti per definire unioni. Sfiorano pelli, percorrono le geografie del corpo chiamandole con i nomi più dolci. Imparano gli odori delle curve, degli angoli e delle pieghe fino a saperli ricostruire nella mente. Poi proseguono, ad apprendere corpi nuovi.
Alcuni inghiottiscono le distanze alzando le mani in schiaffi improvvisi. O la voce, in insulti aggressivi. Litri di lacrime e rabbia. Cementano unioni di paura e dipendenza, minano a fondo insicurezze e timori. Scavano inconsci fossati chiudendo morse sui polsi. Rimirano la luce del proprio potere ignorando i coni d’ombra.
Alcuni non si curano della lontananza e lanciano lunghissimi ponti di risa. Decibel di ilarità. Labbra all’insù, mandibole che dolgono, buonumore e scherzi. Promettono ore di allegria, sostengono la loro parte di attori, non sopportano di leggere la delusione negli occhi degli altri all’affiorare del proprio dolore.
Alcuni intrecciano corde di parole scritte, curate, a collegare sentimenti e sensazioni. Sentieri infiniti e labirinti incommensurabili, universi paralleli. Si trincerano dietro le ordinate strutture del linguaggio e aspettano che qualcuno si arrampichi, appiglio dopo appiglio, fino a scalare le torri di solitudine, incapaci di tendere una mano.
Eppure tutti, ognuno di loro, è stato un bambino. Eppure tutti, molto tempo prima, percorrevano avanti e indietro queste distanze, saltellando, fino ad arrivare a sera esausti e sereni. “Vuoi giocare con me?”.
Allora bastava e nessuno si aspettava dolore, fatica, compromessi o delusioni da un’offerta così. C’era solo il piccolo pieno piacere di paletta, secchiello, sabbia e onde del mare.