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Distruggere i barconi è un atto di guerra

Creato il 26 aprile 2015 da Allocco @allocco_info

 Le proteste contro il piano dell’Unione europea

Le decisioni prese dai leader europei dopo il vertice straordinario sull’immigrazione ha lasciato perplessi molti: agenzie umanitarie, ong e istituzioni religiose hanno espresso i loro dubbi e le loro proposte.

  • Il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) nota che nel documento europeo il controllo delle frontiere resta prioritario rispetto alla ricerca e salvataggio in mare, e il limite del raggio di azione resta circoscritto a 30 miglia dalle coste italiane. “L’Europa lancia allarmi con Frontex parlando di un milione di profughi pronti a ‘invadere’ le nostre coste, ma risponde rinforzando le misure per prevenire le migrazioni irregolari e prevedendo di far entrare in modo protetto l’irrisoria cifra di cinquemila persone. Che fine faranno gli altri 955mila? Nel 2014 in Italia il 60 per cento delle persone che ha richiesto asilo è stata riconosciuta bisognosa di protezione. Pensare alla distruzione delle barche è ridicolo sia in termini di reale fattibilità sia in termini di salvaguardia delle vite umane. L’Europa non ha fatto l’unica cosa realmente importante per salvare la vita dei profughi e dei migranti: permettere vie alternative e sicure di accesso: canali e visti umanitari, domande d’asilo da paesi terzi, un massivo programma di reinsediamento. Ma anche una diversa politica in termini di visti d’ingresso per motivi di lavoro”, dichiara Christopher Hein direttore del Cir. Che sottolinea anche “il vergognoso linguaggio utilizzato: verbi che parlano solo di lotta e non di protezione”.
  • Secondo Amnesty International la decisione di non estendere l’area operativa di Triton pregiudicherà fatalmente l’impegno preso al vertice di Bruxelles di fornire risorse, navi e aerei per le operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. “Se il raggio d’azione non sarà aumentato, migranti e rifugiati continueranno a morire e l’Unione europea verrà ancora una volta vergognosamente meno al dovere di occuparsi di questa tragedia alla sua porta di casa. A Bruxelles è stata decisa un’operazione per salvare la faccia, non le vite umane”.
  • La Federazione delle chiese evangeliche in Italia e la Comunità di Sant’Egidio lanciano una proposta proponendola come modello applicabile anche da altri stati europei: aprire nei paesi da cui partono i migranti, in accordo con le ambasciate italiane, un canale dedicato per ottenere visti per motivi umanitari che permettano l’ingresso in modo regolare e non su barconi o altri mezzi di fortuna. La proposta è quella di aprire un primo “canale umanitario” in Marocco, nelle città di Rabat e Tangeri, in modo da far partire un numero limitato di persone nell’arco di un anno, con la creazione di humanitarian desk, gestiti in accordo con le autorità locali e quelle italiane. Ottenuto il visto, il soggetto richiedente potrà imbarcarsi su un volo regolare e, una volta giunto in Italia, richiedere asilo. La base giuridica dell’iniziativa si fonda sul Regolamento che istituisce il Codice comunitario dei visti, e che prevede la possibilità di concedere visti con validità territoriale limitata, in deroga alle condizioni di ingresso previste in via ordinaria dal codice frontiere Schengen, “per motivi umanitari o di interesse nazionale o in virtù di obblighi internazionali”. Si tratta di sperimentare una “buona pratica” che negli auspici potrebbe essere estensibile anche ad altri Paesi europei.
  • “Non siamo soddisfatti di questo accordo. Qualcosa è stato fatto, ma così non si risolve il problema”, afferma il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del pontificio consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti (Migrantes). “Ogni anno si danno miliardi di dollari per armi e opere internazionali, basterebbe molto meno per risolvere la questione migrazioni. L’atteggiamento europeo è: vi dò i soldi ma non ci disturbate. Mi sembra che oggi sia un’Europa molto egoista, stanca, che ha perso i suoi valori cristiani. Bombardare i barconi è un’idea stranissima: bombardare in un paese è un atto di guerra. Poi a cosa mirano? Solo ai piccoli battelli dei migranti? Chi garantisce che quell’arma non uccida anche le persone vicine, oltre a distruggere i barconi? E poi, anche se fossero distrutti tutti i battelli, il problema dei migranti in fuga da conflitti, persecuzioni e miseria continuerà a esistere. È inutile bombardare le imbarcazioni: le persone disperate troveranno sempre sistemi per fuggire. Finché ci saranno guerra, dittature, terrorismo e miseria ci saranno i profughi, che andranno dove possono andare”.

Da Internazionale

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