
Gabrielle (Marion Rivard) ha vent’anni ed è affetta dalla Sindrome di Williams (esattamente come l’attrice che la interpreta), una malattia genetica rara che procura un ritardo mentale, quindi una difficoltà nell’apprendimento che però cambia da soggetto a soggetto, dipende dalle aree del cervello interessate. Chi è affetto dalla SW ha un carattere estremamente socievole ed estroverso e anche un udito sensibilissimo, non a caso sono molto portati per il canto. Gabrielle vive in un centro per ragazzi affetti da diverse sindromi. Segue delle lezioni di canto e con il coro di cui fa parte dovrà partecipare a un concorso. Con lei c’è Martin, anche lui affetto da un deficit dell’apprendimento. Si amano immensamente, con una purezza assoluta, ma la madre di Martin comincia a non essere più d’accordo con il loro rapporto quando si rende conto che i due ragazzi vogliono fare l’amore. Ma loro sono diversi.
L’idea quindi sarebbe che in determinate condizioni, e non stiamo parlando di incapacità di intendere e volere né di perversioni, bisogna placare la fame di intimità e affetto, semplicemente. Gabrielle e Martin sono condannati dal destino a qualcosa che non può essere modificato, di solito non si vince una malattia genetica, ci si adatta per istinto di sopravvivenza. Nel film questo messaggio è chiaro: arriva una seconda condanna, cioè il provare gli stessi istinti di tutti gli altri, gli stessi bisogni di innamorarsi e far sesso come tutti i normodotati. Si entra quindi in una specie di tunnel oscuro in cui si cerca di somigliare al prototipo di donna e di uomo sano ed è frustrante e doloroso. Nella pellicola questa parte è un po’ confusa ma è la verità. Alla fine ho avuto la sensazione fosse una fiaba con l’eroe, gli eroi in questo caso, il cattivo e il premio da raggiungere, il fare l’amore, solo dopo aver superato le prove.

Si può contrattare il diritto all’amore? Qui non c’è qualcuno che obbliga a essere qualcosa, qui c’è qualcosa che obbliga a essere qualcuno e la società che poi inventa dei miti, che impone gli impedimenti. Jane e Gabrielle sono obbligate al compromesso per un po’ d’amore, per dei baci e delle mani, per sentirsi abbastanza giuste affinché possano avere un amore finché dura come Gabrielle, o un amore da una sola notte, come Jane. Ma devono trovare dei modi, escogitare dei piani. Sembra quasi che debbano dimostrare se un disabile può o meno fare sesso, se è conveniente, se è corretto. La cosa più triste è che succede esattamente questo nella realtà. Anche per questo ho apprezzato questi due film, perché non ci sono giri di parole, perché i giri di parole non fanno bene a nessuno.