In data 13 gennaio 2015, il Parlamento Europeo ha approvato la risoluzione legislativa di modifica della Direttiva 2001/18/CE sugli Organismi Geneticamente Modificati (OGM), la quale recepisce l’intesa già raggiunta nel dicembre 2014 tra le istituzioni europee ed approvata dal comitato dei rappresentanti permanenti nazionali (Coreper), mettendo fine ad uno stallo durato ben 4 anni.
Il nuovo testo di riforma, la cui entrata in vigore è prevista tra marzo-aprile 2015, consentirà agli Stati Membri di vietare o di limitare la coltivazione di OGM sul proprio territorio, in conformità all’art. 2 paragrafo 2 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. In particolare, gli Stati potranno motivare le loro scelte sulla base di fattori diversi di natura ambientale e socio- economica, ivi comprese ragioni di gestione urbana e rurale o tutela dell’ecosistema locale. Tuttavia, le valutazioni nazionali non potranno incidere negativamente sulle procedure di autorizzazione comuni seguite a livello europeo, in particolare “sul processo di valutazione condotto principalmente dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare” (Considerando 7). Importante è inoltre la previsione di un aggiornamento delle procedure di valutazione dei rischi sanitari e ambientali, per adattarle al progresso delle tecnologie.
In sostanza, il testo contiene importanti riaffermazioni di “sovranità agricola” che potrebbero non condurre ai risultati sperati, dovendo le stesse rapportarsi con le normative WTO e con le negoziazioni sul Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), all’interno del quale gli OGM rappresentano un importante punto di discussione.
Ciò nonostante, l’approvazione ha spinto all’esultanza diversi paesi, tra i quali l’Italia, dove gli OGM sono sempre stati guardati con diffidenza tale da spingere le autorità pubbliche a chiare prese di posizione circa la loro introduzione. Basti pensare al divieto temporaneo di coltura sul territorio italiano del mais OGM MON810, approvato con decreto interministeriale il 12 luglio 2013 tra Ministero della Salute, Ministero delle Politiche Agricole e Ministero dell’Ambiente, sull’onda di analoghe iniziative adottate in altri Stati europei.
Diverse associazioni di categoria, tra le quali Coldiretti, hanno accolto con sollievo la risoluzione, che permetterà, oltre ad un’adeguata tutela del suolo e della tipicità agricola italiana, di evitare il rischio di contaminazione delle colture limitrofe da parte delle piante OGM.
Meno ottimista si è dimostrata Slow Food, per la quale la risoluzione resta di contenuto vago circa la definizione delle motivazioni di divieto nazionale e non consentirà di impedire la circolazione di prodotti a base di OGM sul medesimo territorio. Greenpeace Italia denuncia invece le lunghe tempistiche di attuazione che non consentiranno una chiara presa di posizione a livello nazionale prima di diversi mesi.
Proprio in ragione di ciò, all’esito della risoluzione un appello, sostenuto da personalità internazionali quali l’attivista indiana Vandana Shiva, è stato rivolto al Governo Italiano: accelerare sull’approvazione di norme legislative nazionali che disciplinino nel dettaglio il settore. Per evitare che la tanto sollecitata regolamentazione arrivi, ancora una volta, fuori tempo massimo.
Per approfondire: http://retroonline.it/27/04/2013/attualita/ogm-parla-il-prof-bressanini-parla-la-scienza/
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