Poster giapponese di Django Unchained
Finalmente, prima di andare in crisi di astinenza da grande schermo e sala buia, sono andata a vedere un film al cinema per la prima volta da quando sono in Giappone.Il primo giorno del mese - サービスデー, service day - in alcune sale (forse in tutte, ma non vorrei fornire informazioni di cui non sono certa) il prezzo del biglietto è ridotto da 1800 a 1000 yen, un po' meno di dieci euro. Insomma, come un normale biglietto del cinema in qualunque sala italiana.
Proprio il primo marzo è uscito in Giappone Django Unchained di Quentin Tarantino, che per la verità avevo già visto ("I'm sorry, I couldn't resist" cit.), ma che volevo gustarmi come merita.
Per la cronaca, il film è bello (e intendo bello-bello), ma non regge il confronto con i capolavori assoluti della filmografia tarantiniana. Il problema principale secondo me è la debolezza e mancanza di carisma del personaggio Django, messo in ombra dal dottor Schultz dello strabiliante Christoph Waltz (che si è giustamente preso l'Oscar per questo ruolo) e dall'odioso Candie dell'altrettanto notevole Di Caprio. Insomma, questo vendicatore non è nemmeno lontanamente paragonabile alla Sposa di Kill Bill e agli altri memorabili protagonisti creati da Quentin. Chiusa parentesi.
Per l'occasione sono riuscita ad arruolare sette compagni di scuola e, dopo uno dei più buoni ramen di Kyoto ci siamo diretti al Movix, il multisala in Teramachi. Immaginatevelo come un qualunque multisala italiano, disposto su più piani. Mi aspettavo più gente alle otto di sera di venerdì, considerato anche il prezzo ridotto e il fatto che il film fosse uscito proprio quel giorno, e invece la sala era piena solo per metà e il pubblico era composto in gran parte di gaijin, stranieri. La proiezione era in lingua originale con sottitoli. In generale i film esteri sono distribuiti di solito in doppio formato, sia doppiati che sottotitolati - cosa che, lasciatemelo dire, non farebbe schifo nemmeno da noi.
Il bar vende i pop corn classici e quelli caramellati, che pare siano piuttosto popolari qui, ma a me non fanno impazzire.
Non c'erano invece caramelle e altri dolciumi, con grande disappunto di alcuni dei miei compagni di serata.
Insomma, l'esperienza non si differenzia molto da una normale uscita al cinema in Italia, se non fosse per le pubblicità equamente divise tra scenette kawaii e réclame di vestiti da sposa - seriamente, su una decina di spot tre o quattro avevano a che fare coi matrimoni.
E per i dettagli. Come il gancio per appendere l'ombrello dietro alle sedie in sala, e un meraviglioso oggetto che ha suscitato in tutti noi grande ammirazione ed esclamazioni di stupore: il porta pop-corn e bibite da infilare nel bracciolo. Ma perché da noi non ci ha pensato nessuno?