di Liliana Adamo.
Si chiama Peter Moore, di nascita australiana, non ha percorso il Sahara a piedi, non ha conquistato la Groenlandia a bordo di una canoa, né si è prenotato per l’imminente tour di un’esplorazione interstellare e ciò nonostante, il suo libro “viaggiante”, “Vroom with a View” (pubblicato in Gran Bretagna, da Bantam), va a ruba nel settore dedicato ai viaggi e turismo. Il motivo di tanto successo è racchiuso in un’estate memorabile spostandosi da Milano a Roma in sella a un Vespino.
A quarant’anni suonati, questo giornalista e scrittore trasferitosi in Inghilterra, scambiando emails con Gianni, svela un sogno cresciuto con lui fin da quando viveva in Australia, adolescente con capelli grassi e camicie di flanella, saturo di domeniche pigre trascorse a guardare vecchi film. La sua aspirazione segreta? Ripercorrere le orme di Gregory Peck in “Vacanze Romane” e di Marcello Mastroianni nella “Dolce Vita”.
Detto fatto, con “nonchalance latina”, l’amico d’oltre Manica prende in affitto un Vespino beige (“di un colore pallido di caffè e vecchia quanto me…”) e neanche il superaccessoriato ultimo modello, con la quale Peter, l’australiano errante, si mette in moto.
Rumorosa, poco pratica e tuttavia così “stylish” e “cool” la Vespa del 1961 si rivela come una perfetta “ assistente”per le vacanze italiane di Peter Moore.
Ha trovato un’Italia molto cambiata dai film di William Wyler e Federico Fellini? Di sicuro! Eppure, sfogliando le pagine del suo insolito taccuino riusciamo a trovare un fascino che perdura nel tempo. Peter ha percorso (evidentemente) le strade interne, ha eluso le catene dei supermercati, ha preferito un viaggio lento, fatto d’incontri fugaci e di piccole cose. Un po’ naïf? Certo! Tutti i sogni adolescenziali si sgarbugliano in un’atmosfera vagamente retrò.
Peter confessa che avrebbe voluto incontrare una ragazza italiana e portarla in sella al suo Vespino, come faceva il giornalista viveur Gregory Peck con la principessa in incognito, Audrey Hepburn, oppure imbattersi in grandi occhi nocciola, seni e fianchi generosi pari a quelli delle attrici italiane degli anni cinquanta; invece, su quel vecchio scooter mal in arnese, le ragazze non gli degnano un’occhiata, così si è adattato alla sola compagnia della sua “noisy, impractical, yet stilish and cool Vespa”.
Gli ostacoli burocratici per uno straniero in Vespa sono tanti, ma: ”C’è la legge e c’è l’intelligenza…” ha ammonito prudentemente Gianni. Così, schivato l’ufficio del registro con la moto immatricolata all’amico italiano, Peter ha guidato per tre mesi in lungo e in largo, rasentando campi di girasoli sfavillanti come non li aveva mai visti nella plumbea Inghilterra; ha guidato sulla stretta linea costiera della Liguria, in un tragitto romantico senza meta e fuori dal tempo, “è un mondo di ville in pietra e strade allineate con pini e cipressi…”. Ha incrociato auto veloci cariche di turisti, ma lui sente il sole sulla pelle, sente l’odore dell’erba tagliata da poco; attraversando la campagna italiana, il rumore costante del motore si amplifica come il ronzio di una vespa d’estate e scrive, che sono le cose semplici a rendere unica la sua vacanza itinerante e perfetta la compagnia del suo Vespino d’annata.
L’acquisto delle provviste per i picnic consumati in luoghi adeguatamente incantevoli, diventa parte integrante del percorso, una prassi quotidiana, durante la quale si può incappare nell’incontro con il salumiere che, parola per parola, illustra tutta la merce, per istruirgli d’italiano. Si può aggiungere lo scambio d’idee con la passante che, alla fine, lo invita a consumare il pranzo con la sua famiglia…Ogni mattina, per la sua spesa, “una diversa e antica città mi attrae” e quindi, su e giù per le Colline Metallifere, in Toscana e spingere la Vespa verso Marina di Massa. Per lui, australiano purosangue trapiantato in Europa, le città della Toscana sature d’arte e storia, si mostrano in un’identità documentata e impenetrabile, per uno che ha sognato l’Italia da lontane terre selvagge, trasformate nella cultura del presente che noi, italici da sempre esterofili, supponiamo d’invidiare.
Compra pane e panini di tipo genovese a 3.62 euro il chilo, dolci freschi (e si stupisce che non siano avvolti nel cellofan), bocconcini di mozzarella alle olive e prosciutto di cinghiale. Scrive che, di certo, sarebbe stato più veloce fare un salto al supermercato, ma non così divertente! Lo shopping termina con cappuccino e bombolone alla crema, seduto a un caffè in piazza Garibaldi, guardando il sagrato e la Cattedrale nella vecchia Massa. Alle dieci del mattino, per “non recare offesa” alle tradizioni italiane.
E’colpito da un funerale, un corteo mesto seguito d’alcuni rintocchi di campane. Due suore baciano sulla guancia le donne in lutto, tenendo strette le loro le mani. Quando riprende la sua corsa in Vespa, con i sacchetti carichi di provviste agganciati sotto la sella che oscillano qua e là, avvista una modesta fattoria e lì decide di fermarsi. Prima della compartecipazione al pranzo frugale, il fattore cui chiede ospitalità, insiste per mostrargli la sua vecchia Vespa, quella che conserva nel granaio come una reliquia. Una Vespa obsoleta e “in decomposizione”, con attributi ancor meno che buoni della stra-usata Peter -Vespa.
Verso sera, raggiunta Livorno, dopo una revisione nell’officina di Marco, ecco il meritato riposo in una taverna del porto con “il miglior ponce del mondo, una bevanda livornese composta da rum, caffè, zucchero e scorza di limone, portato qui dai marinai inglesi…”. In effetti, il ponce, convertito, italianizzato è più gradevole al palato, rispetto all’antica bevanda dei docks d’oltre Manica. Marco, il meccanico, ne è un vero intenditore e riferisce di come, in passato, quel rum arrivato dalle Antille, era così robusto da non essere sufficiente l’aggiunta di caffè e zucchero per non restarne secchi. La zona portuaria di Livorno è gremita di varia umanità: ragazze “very cool”, e, fra birra e soda (altra bevanda livornese), ragazzi che giocano a carte. Un vecchio capitano di lungo corso, richiama alla memoria i personaggi enfatizzati da Robert Louis Stevenson, mente straparla dell’andar per mare per circa due decadi.
Esito positivo per il particolare viaggio di Peter Moore? Decidete voi: il meccanico ha riparato la sua Vespa in cambio di un ponce. I direttori dei piccoli hotel gli hanno riservato le stanze migliori a buon prezzo, con un pieno d’ospitalità e interessanti conversazioni (in italiano). “Ho perso il conto” scrive Peter, “di tutte le volte che la gente, su altri scooter ha guidato al mio fianco sorridendomi e parlandomi. Forse ho sottovalutato di quanto gli italiani tengano alle loro Vespe. Quella linea elegante fa parte del loro DNA!” Le vecchie generazioni hanno la Vespa nel cuore. Era il veicolo poco dispendioso che ha aiutato un paese uscito dalla guerra; mentre per gli adolescenti degli anni ’60 e ’70, il biglietto alla libertà. Oggi, se ne progettano nuovi modelli e allora prorompono dibattiti da più parti, qualora lo spirito del motociclo più famoso al mondo, permanga in-corrompibile, ripudiando linee stilistiche che non gli appartengono.
Ogni italiano ha una storia privata con una Vespa: a Roma, Peter parcheggia lo scooter per un caffè e una donna di mezz’età si leva in piedi, tutta eccitata, gridando alla figlia, che quella, sì, quella è proprio la Vespa della sua giovinezza! Con i componenti in bi-cromato di potassio, una cosa piuttosto impressionante che soltanto la “figlia di un papà avvocato” poteva esibire! Proprio a Roma l’oriundo australiano è raggiunto via aereo da una sua amica inglese Sally, e insieme (finalmente!), possono reincarnare la coppia Gregory Peck/Audrey Hepburn.
Corradino D’Ascanio aveva in mente questo, quando ha progettato la Vespa, perché la parte posteriore destra fa da contrappeso ai piedini femminili del “passeggero”. Insieme all’economia del mezzo, la presenza femminile in Vespa è stata, per decenni, il messaggio promozionale della Piaggio. Le cose sono cambiate con l’avvento di un benessere più diffuso, le public relations come sinonimo di un triangolo bizzarro: lei, lui e la Vespa. Le campagne pubblicitarie sono piene di coppie giovani e felici, romanticamente in corsa su fiammanti Vespini superaccessoriati. E’ del 1964 la gloriosa istantanea che ritrae una giovane coppia mentre posteggia lo scooter più celebre d’Europa, sul bordo della pista allo Stadio Olimpico di Roma.
La Vespa è il risultato perfetto per andare a zonzo nella città eterna. da Trastevere fino al Pantheon, portando a compimento una vacanza straordinaria con il rimpianto della Dolce Vita e di Anita Ekberg che, deificata e immortale, s’immerge nelle acque spumose della fontana di Trevi.
Nessuno può rivaleggiare con Anita e quindi, se non altro, lanciando una monetina, ancora si confida nei propri desideri!