Domenica di pioggia fine, leggera e triste. Domenica di nebbia fredda che picchia alle finestre come un gioco. Metà marzo quasi novembre, metà marzo e le gemme spaventate che non lasciano i petali sbucare. Primavera soltanto immaginata, oggi.
E piove, piove, piove; piove mentre pieghi le camicie, mentre controlli che lui non abbia dimenticato il dopobarba, piove mentre cerchi di chiudere la cerniera della prima valigia.
Piove verso la stazione, sul binario, oltre la pensilina; ti stringi nel cappotto pesante, ancora, anche stamattina. Ed un treno quasi nuovo si allontana senza suono, la nebbia di un marzo come novembre lo nasconde.
A casa Lalolle gira per le stanze ripetendo microbiologia e Ice si stira i pantaloni, quelli che mancano sempre all’appello; altre valigie accatastate aspettano il loro momento, quasi pronte, quasi chiuse. Manca qualcosa soltanto, l’ultima cosa, la più importante… chissà cosa.
Sarà ora verso sera; sarà quello il momento. Intanto piove, ancora, e nelle stanze fa sempre più freddo. Avanza il giorno: domenica di partenze, preparativi, raccomandazioni e discorsi con poco costrutto, qualche parola alta subito smorzata. Per una settimana staranno via, inutile arrabbiarsi.
Unica che dorme, inconsapevole, la gatta – raggomitolata sulla poltrona – vicino al termosifone.
Ed infine la casa vuota, buio intorno, silenzio.
Lo spazio si allarga,il tempo si dilata all’improvviso: nella quiete delle stanze tutto è possibile, ormai.
In me il tuo ricordo
In me il tuo ricordo è un fruscìo
solo di velocipedi che vanno
quietamente là dove l’altezza
del meriggio discende
al più fiammante vesperotra cancelli e case
e sospirosi declivi
di finestre riaperte sull’estate.
Solo, di me, distante
dura un lamento di treni,
d’anime che se ne vanno.
E là leggera te ne vai sul vento,
ti perdi nella sera.
Vittorio Sereni, da “Frontiera”
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