Don Patriciello
Don Maurizio Patriciello, esercente la funzione di Parroco a Caivano, Comune dell’entroterra napoletana, è uno degli ultimi e ormai rari “Preti di strada”. Stimatissimo, coraggiosissimo e amabilissimo “Prete anticamorra”, è amatissimo dai suoi parrocchiani e anche da tanti che non sono suoi parrocchiani e molti altri ancora che non sono neanche “parrocchiani” di altre Chiese o di altre religioni.
Don Patriciello è famosissimo per le sue lotte in prima linea (forse molto più in prima linea di quelle istituzioni ben retribuite con i soldi degli italiani che dovrebbero fare la stessa cosa, anzi molto di più) a favore dell’ambiente e contro i malaffari (inquantificabili nella realtà, ma senz’altro miliardari) della camorra che, con i rifiuti tossici, sta impregnando la Campania tutta a danno di ambiente e salute.
Mica ci ammazza solo l’Ilva di Taranto!
Eppure Don Maurizio è un delinquente, lo ha “sgamato” il “Signor” Andrea De Martino, Prefetto di Napoli, in “flagranza di reato”, mentre il colpevole prete osava dare della semplice “Signora” (senza specificare il protocollare: “Signora Prefetto”) al Prefetto di Caserta, “Signora” Carmela Pagano.
Il Dott. De Martino ha senz’altro ragione. Il “Signor” Antonio De Curtis, in arte Totò, Principe della Risata, ebbe modo di ben specificare la questione dell’appellativo di “Signore”. Spiegò a chiare lettere che “Signori si nasce” e non tutti “lo nacquero”! Quindi, prima di definire qualcuno “Signore” è d’obbligo indagare prima se costui “lo nacque” o meno.
Don Maurizio Patriciello hai toppato! A detta del Prefetto di Napoli, hai commesso un reato ben più grave di quello che commettono i camorristi dei rifiuti tossici che tu combatti.
Questa la cronaca del fattaccio tratta dall’articolo di Vincenzo Iurillo sul web da “Il Fatto”, pagine cronaca, del 19.10.2012.
Il 18 ottobre scorso, si è tenuta presso la Prefettura di Napoli una riunione sul tema dei rifiuti tossici e degli incendi che avvelenano l’aria e le campagne della cosiddetta “Terra dei fuochi”, cioè quelle zone al confine tra la provincia di Napoli e quella di Caserta, sotto l’assedio di chi sversa abusivamente rifiuti pericolosi, a cui poi dà fuoco per distruggerne le tracce.
Partecipano alla riunione esponenti delle Forze dell’Ordine, i Prefetti di Napoli e Caserta, le Associazioni e i Comitati dei cittadini vittime dei roghi.
E’ un tema serio e molto delicato per chi lo vive quotidianamente.
Don Patriciello interviene, si accalora, denuncia la presenza di amianto nei campi colpiti dagli incendi, ringrazia la “Signora” che è sempre stata disponibile a riceverlo a volte anche senza appuntamento.
La “Signora” è il Prefetto di Caserta Carmela Pagano, che ascolta con attenzione e non appare per niente offesa. Invece, si offende (ed anche molto) il Prefetto di Napoli, che inveisce contro Don Maurizio.
Poi, la discussione riprende e Don Patriciello ricorda con giustissimo orgoglio: “Noi siamo i volontari che vanno a fotografare i roghi rischiando la vita nelle terre dei clan dei casalesi”.
Certamente fa pensare la sintesi di Vincenzo Iurillo nell’occhiello del su citato articolo su “Il Fatto”: “La colpa di Don Maurizio Patriciello? Aver utilizzato l’appellativo “sbagliato” nei confronti del Prefetto di Caserta. Almeno secondo l’omologo del capoluogo campano, Andrea De Martino, che per questo l’ha ripreso. Ma, forse, a pesare è l’attivismo del sacerdote in terra di clan”.
Fatti che si commentano da soli!
Da più parti s’invocano le dimissioni del Prefetto che vuole “apparire” vestendosi con la coda del pavone, piuttosto che “essere” (pratico e realistico) ed agire. A Napoli serve gente utile, pratica e coraggiosa, insomma Eroi, non pavoni ammalati del narcisismo dell’apparire per la felicità di Nietzsche buonanima, a cui Hitler s’ispirava.
Molto divertente, invece, ciò a cui s’ispira, riferendosi all’argomento del contenzioso, il sito “indebitati.it”, che riprende l’esilarante scena del film di De Sica, “L’Oro di Napoli” ispirato a Giuseppe Marotta, che vede Eduardo De Filippo “professore” di pernacchie, arma letale per una Rivoluzione popolare.
Eppure, afferma De filippo (che nel film interpreta don Ersilio), con una pernacchia si può veramente fare la Rivoluzione. E’ un’arma che possediamo tutti: bastano la mano molle, le labbra umettate, le dita alzate, un fiato di petto ed un pizzico di concentrazione (cervello e passione) per impartire una lezione di umiltà a chi, immerso nell’arroganza ed intriso di presunzione, non si rende conto di essere solo ”… ‘a schifezza, da schifezza, da schifezza, da schifezza ‘e ll’uommene!“
Nino Caliendo
Condividi su Facebook.