Prima mi ha chiamata una giornalista del secolo XIX, un giornale importante anche se io devo dire non lo avevo mai letto. Mi chiede una chiacchiera, le dico guardi sono appena arrivata a casa, sono le cinque e mezza, devo svegliare mio figlio che se no dorme fino all’ora di cena, che già le sue penniche andrebbero accorciate. Il tempo di qualche biscotto, lo cambio e lo infilo nel passeggino in direzione playground e la richiamo da fuori che è più facile. Poi succede che inizi a piovere a dirotto e allora mi chiama la mia amica Azzurra che dice vediamoci a casa e che arrivino lei e Valerio l’amichetto-friend del piccolo Inuit e che come diceva un film che mi pare fosse Il gladiatore succedesse che al mio tre loro scatenassero l’inferno.
Succede che io e la mia amica Azzura manco riusciamo a farci una chiacchiera perché i due pistacchi ci chiamano ogni tre per due e che a stento riusciamo a far fronte alla situazione di pastelli che strisciano a terra, macchine che corrono sui muri, pezzi di qualcosa che volano per aria da questa e quella parte.
Quando i nostri amichetti vanno via e risquilla il telefono davanti a me c’è un fronte di guerra. E mi ero scordata la giornalista.
Mentre pattino sul pongo e inseguo l’Inuit che srotola in terra la scatola che ho appena chiuso, parlo con questa seria e paziente comunicatrice che riesuma il mio libro uscito nel 2007 e mi fa un’intervista con tanto di foto. Chiudo pensando che certo c’avranno avuto un bel bucone in quel giornale per dover venire a intervistare me.
Quando la mattina dopo trovo una mail di Farhenheit di Radio3 Rai che mi chiede una nuova intervista, penso che qualcosa allora deve essere successo. Se due importanti testate pensano d’intervistarmi dopo quattro anni che è uscito il mio libro. Qualcosa di grosso bolle in pentola.
E quello che è successo è triste. Ed è assurdo. Ed è pazzesco che così poco se ne sia parlato.
Quello che è successo è che secondo nuovi dati dell’Istat, circa 8oo mila donne hanno lasciato il lavoro o sono state allontanate in concomitanza della nascita di un figlio.
Il tasso di natalità è sceso dal 2010 al 2011 aggiungo io.
Risultato la crisi la pagano soprattutto le donne e i bambini.
Vi allego qui sotto sia l’articolo del Secolo che l’intervista a Farhenheit che gentilmente mi ha fornito la mitica Carla Pagani ufficio stampa di Ediesse.
Vi invito ai commenti, questa volta, oltre che alla lettura.
R