Il sogno di una notte di fine estate è divenuto realtà, ha 18 anni, è calabrese ed è la più bella d’Italia. Ha una simpatica fossetta e ha conquistato i pubblico italiano con la sua simpatia e determinazione. Nessuna lacrima come copione vuole, ha caratteri mediterranei, è spontanea, alta 1.80 , con gambe chilometriche, e tanta voglia di cantare e far del cinema. Sta frequentando l’ultimo anno del liceo scientifico. Per il momento intende finire la scuola. In alternativa, sta valutando l’ipotesi di iscriversi alla facoltà di giurisprudenza.
Se si scrivesse la storia del ventesimo secolo, non si potrebbe tralasciare l’influenza della tv. In televisione, nel passato la donna era un’artista. Aveva dei meriti, delle qualità, delle capacità e per questo motivo lavorava.
Con il passare del tempo siamo arrivati a generazioni di donne tutte giovani, sculettanti, con gambe, seno e ombelico in vista. Generazioni sempre in abito da sera e assolutamente irrilevanti, ma perché? Perché tutto ciò che si vede in tv filtra attraverso lo sguardo maschile: maschile è il genere che ne detiene saldamente il comando, maschile è il punto di vista che la tv esprime. C’è la valletta o comparsina di età compresa tra i 25 e 35 anni che deve affiancare il conduttore maschio di età compresa tra i 45-70 anni durante un programma di informazione, intrattenimento; c’è la velina-ornamento scosciata di età compresa tra i 18 e i 24 anni, che deve mostrare le grazie per alzare lo share. In più le donne comprese tra i 35 e 50 anni di età devono sottoporsi a interventi di chiururgia estetica se vogliono avere una visibilità. Donne che trovano normale usare il proprio corpo e l’ammiccamento erotico continuo come un mezzo per “arrivare”.
La storia della tv diventa perciò la storia di come lo sguardo maschile è cambiato nel corso di questi sessant’anni: ogni decennio è lo specchio di un’epoca secondo i desideri prevalenti dei maschi italiani.
Desideri coerenti in quanto specchio della morale e del costume correnti, e via via sempre più evidenti, in spregio a ciò che le donne sono diventate nel frattempo. Nell’era tecnologicamente più avanzata della storia umana, la donna in tv è ancora corpo passivo, dove il suo aspetto intellettuale non conta, e dove è l’uomo ad avere il ruolo attivo. Una mentalità maschilista che destina tutti i suoi contenuti al pubblico maschile. Un ruolo talmente stereotipato da essere prestabilito come quello dell’apparire, nei salotti che trattano temi faziosi come gossip o moda.
Tutto ciò da l’impressione che in Italia la nostra esistenza debba essere gestita dagli uomini o debba essere a loro accessoria.
Donne invisibili in tv e nella società. Questo è il messaggio prevalente, inequivocabile quanto inaccettabile.