La presenza femminile nelle posizioni di vertice è quadruplicata negli ultimi 14 anni. Svolta nel 2014, grazie anche al governo Renzi. L’Europa è indietro nel rispetto delle quote rosa.
Donne in posizioni-chiave: l’Italia, a sorpresa, è all’avanguardia in Europa. A dirlo è un report di Credit Suisse sulle quote di genere, dal quale emerge anche che nel Vecchio continente c’è ancora molta strada da fare su questo tema.Nel Belpaese, la presenza femminile nelle posizioni di vertice è quadruplicata dal 2010 al 2014. Oggi è del 23,3% nelle società che fanno parte dell’indice Ftse Mib. L’anno scorso, 30 donne hanno sostituito 29 uomini, miglior risultato a livello europeo. “Il dato”, si legge nello studio, “non è tanto imputabile alle quote rosa (previste dalla legge 120/2011 Golfo-Mosca, Ndr) o al basso livello precedente, quanto alla nuova direzione data dal governo guidato da Matteo Renzi, che ha promosso una forte presenza femminile sia nell’Esecutivo sia nelle partecipate statali”.
Il numero delle manager in posizione di rilievo in Italia è passato da 88 nel 2013 a 119 nel 2014, un trend guidato da aziende come Enel e Eni che sono passate dal non avere donne in consiglio ad averne tre. Telecom Italia, invece, è passata da uno a cinque membri femminili nel board. Nonostante il miglioramento, comunque, c’è ancora strada da percorrere per raggiungere il target del 33% previsto dalla legge per il 2015. “In Italia, storicamente, le aziende a conduzione familiare hanno una maggiore presenza femminile, solitamente membri della famiglia, anche per questo il raddoppio del numero delle donne ai posti di comando delle società a partecipazione pubblica è impressionante”.
Tuttavia, è ancora presto per festeggiare. Solo otto aziende, infatti, hanno raggiunto l’obiettivo del 33% previsto per fine 2015 e mancano ancora all’appello 64 nomine.
Europa indietro
Non va meglio a livello europeo, dove devono ancora salire in posti di comando 400 donne per raggiungere i target stabiliti dalle varie normative sulle quote rosa nei diversi paesi. L’analisi ha riguardato le aziende che costituiscono gli indici inglese (Ftse 100), francese (Cac 40), tedesco (Dax 30), italiano (Ftse Mib), spagnolo (Ibex), olandese (Aex), belga (Bel) e svizzero (Ssmi). In tutto si tratta di realtà con oltre 4.300 direttori, di cui 1.085 donne. Nel 2014, queste ultime sono aumentate di 95 unità, un numero che è di gran lunga inferiore a quello del 2013 (147). In ciascun mercato, meno della metà delle aziende rispetta le quote di genere.
La Spagna ha ancora un po’ di strada da percorrere, per raggiungere la quota del 40%, che vorrebbe dire 121 donne manager nei consigli dell’Ibex. Sembra difficile che questo si possa verificare entro il termine che è stato fissato nel primo trimestre 2015. Solo Red Electrica al momento ha raggiunto la quota. Ai tassi attuali, anche la Francia mancherà l’obiettivo nel 2017. Le società del Ftse 100, invece, sono più vicine, con una percentuale del 23% nei consigli di amministrazione, su un target del 25%.
Il ruolo della normativa
I cambiamenti normativi possono dare impulso alla eliminazione della disparità tra uomini e donne. L’Unione europea ha proposto una quota del 40% per le posizioni non esecutive nei consigli di amministrazione entro il 2020, ma gli stati membri devono ancora recepire tale indirizzo. I promotori dello studio, tuttavia, sono ottimisti sul fatto che ci saranno più iniziative in tale direzione in futuro.
Il report mette in luce che ci sono 19 società nell’universo analizzato che non hanno alcuna donna nel board. Per contro ce ne sono 38 in cui rappresentano il 40% o più di cui 13 in Norvegia. Questo dato non deve trarre in inganno perché è appena il 13% del totale dei titoli presenti negli indici del Vecchio continente.
“Ci sembra che le aziende stiano mancando le opportunità di migliorare il proprio business”, commentano gli autori dello studio. “In una precedente ricerca, infatti, avevano scoperto come una maggiore presenza di donne nei management delle società premia con maggiori Roe (Return on equity) e migliori performance di mercato”. (L’analisi si basa su una banca dati, denominata Credit Suisse Gender 3000, che include oltre 3.000 società e 28.000 senior manager (tra cui 3.700 donne) appartenenti a 40 paesi e a tutti i principali settori).
Fonte: www.morningstar.it