Dico la verità: dopo il primo momento di curiosità, questo celebrare le buone pratiche delle donne per le donne mi pareva il solito parlarsi/piangersi addosso. Perché hai voglia a parlare di solidarietà femminile, ma poi nella pratica la solidarietà ti arriva (quando arriva) indipendentemente dal sesso.
Raramente ho frequentato ambienti femminili in cui non si finisse per lavarsi il culo a vicenda. Quando tutto va bene, come nel mio ufficio, la lavata di culo si limita al piccolo sfogo fisiologico. Quando invece ci si mettono di mezzo difficoltà, licenziamenti e mobilità, le critiche diventano mirate: guarda quella che l'hanno tolta da quel reparto appena prima che venisse liquidato, chi si scopa quella, di chi è figlia quell'altra.
Nel mio piccolo, sono arrivata a sentirmi dare della privilegiata in un periodo in cui ero precaria e le dipendenti a tempo indeterminato della società consorella erano in cassa integrazione. Noi donne siamo bravissime a fare la guerra tra poveri.
Insomma, sul lavoro non ho grandi esempi di buone pratiche, se non quelle nate spontaneamente dall'amicizia tra colleghi (esiste, giuro).
Penso però al mio gruppo di danza, con cui ieri abbiamo fatto l'ultima lezione dell'anno. Penso al gruppo sparuto e disomogeneo che erano all'inizio: una rappresentante per ogni decade 20-30-40-50. Mamme e non, con esperienza e non, in forma e non.
Penso ai nostri inizi, a quanto si rompevano le balle a imparare la tecnica. Mi hanno costretta a cambiare direzione, a dar loro il gusto di ballare senza insistere perché imparassero subito tutti i passi "canonici".
Abbiamo intrapreso un percorso verso qualcosa di diverso dalla maggioranza dei corsi di danza del ventre: ho cercato di insegnare loro a divertirsi, a esprimersi, a essere a loro agio dentro la musica.
Ieri, più ancora che agli spettacoli, ne ho avuto la conferma: abbiamo fatto da capo a fine, in circa un'ora, un percorso che solo 6 mesi fa avrebbe richiesto più lezioni. L'abbiamo fatto sotto lo sguardo di una persona esterna ma amica, la cui reazione e la cui difficoltà nell'inserirsi nell'esercizio mi hanno confermato che abbiamo fatto tanta strada nella direzione giusta.
E la buona pratica in che cosa sta? Non sono così tutti i corsi di danza? No.
La buona pratica sta nell'aver preso 4 persone che non si conoscevano e averle portate a non vergognarsi tra loro né dei propri sentimenti né del proprio aspetto fisico né delle proprie capacità espressive. La buona pratica sta nel fatto di averle rese un gruppo che lavora in modo solidale, per il risultato del pezzo e non per il risalto della singola.
Certo, è solo danza, solo un passatempo. Così come gli sport sono solo sport, eppure poi ci troviamo allenatori che scrivono libri sul team building e sul raggiungimento di obiettivi.
Certo, queste sono solo 4 donne. Ma che donne.
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