Le (sincere) parole di commiato verso Hugo Chavez, scomparso ieri all’età di 58 anni, espresse oggi da Vladimir Putin e da Dmitrj Medvedev (che ha postato sulla propria pagina Facebook una serie di foto che lo ritraggono col defunto presidente venezuelano) non nascondono le preoccupazioni di Mosca per il vuoto politico che si è così venuto a creare al vertice di uno dei più fidati partner commerciali della Russia. Al di là delle rassicurazioni del presidente ad interim Nicolas Maduro sulla continuità in politica estera, gli analisti del Cremlino sanno bene che il collaudato asse con Caracas entrerà nei prossimi mesi in un porto delle nebbie: un passaggio inevitabile per una nazione, come il Venezuela, che negli ultimi quindici anni ha avuto il volto, la testa e il corpo di Chavez. Il defunto leader bolivariano rappresenta la classica figura del leader-nazione, la cui morte automaticamente comporta una vacatio difficile, se non impossibile, da colmare. Dove sarà il Venezuela da qui a qualche anno nessuno, da Caracas a Mosca, è in grado di prevederlo con certezza. E ciò non fa dormire sonni tranquilli ai biznesmeny del Cremlino, visto che sul destino del Venezuela ballano accordi commerciali miliardari in campo militare ed energetico.
“La nostra cooperazione economica con il Venezuela continuerà, chiunque sia il futuro leader – fanno sapere oggi fonti vicine alla Rosoboronexport, la holding statale russa che si occupa della vendita di armi all’estero – perchè gli accordi firmati hanno il solo scopo di aumentare la sicurezza nazionale”. Un messaggio criptico, che sembra quasi avvisare Caracas che Mosca non tollererà improvvisi voltafaccia, viste le cifre a nove zeri in gioco. Secondo le previsioni degli analisti russi, il Venezuela nel 2015 dovrebbe diventare il secondo acquirente globale di armamenti made in Russia: i russi sottolineano come la cooperazione in campo militare tra i due paesi prevede la costruzione di fabbriche e impianti di produzione, che rientrano in un più ampio programma di sviluppo del paese, “che è interesse primario di qualsiasi governo”.
Dal 2005 in poi Chavez aveva firmato con la Russia una serie di accordi economici che prevedono l’acquisto di armamenti, inclusi caccia aerei Sukhoj, elicotteri d’assalto, e mitra Kalashnikov, di cui il Venezuela aveva ottenuto anche la licenza di produzione in patria: il tutto per l’astronomica cifra di 4 miliardi di dollari (3 miliardi di euro).
Ma anche per quello che riguarda le fonti energetiche il rapporto tra Mosca e Caracas può definirsi particolare. Nel settembre 2009 la compagnia statale Petroleos de Venezuela (PdVSA) ed i giganti energetici russi Rosneft, Gazprom, Lukoil, TNK-BP and Surgutneftegaz (riunti nel Consorzio Petrolifero Russo) firmarono un accordo per sviluppare congiuntamente il giacimento venezuelano Junin 6, situato nella regione petrolifera di Orinoco: Junin 6 ha una capacità estrattiva pari a circa 53 miliardi di barili di petrolio, in un territorio che, secondo la US Geological Survey, dispone di una riserva di 513 miliardi di barili di greggio pesante, quasi il doppio delle riserve conosciute presenti in Arabia Saudita.