Il discusso rapporto tra Italia e Libia è l’argomento trattato nella puntata de L’Infedele affrontato insieme agli ospiti Emma Bonino, Alfredo Mantica, Davide Boni, Imma Vitelli di “Vanity Fair”, forse l’unica giornalista italiana a conoscere bene l’arabo, inviata di guerra e da molti anni residente in Medio Oriente, Karim Mezran collaboratore di “Limes” e molti altri.
Gad Lerner inizia ricordando che l’intervento armato a favore della libertà dei nostri vicini aveva nei giorni passati il profumo della “rivoluzione dei gelsomini” oggi invece sentiamo le lacrime della guerra. La situazione libica, si è trasformata in qualcosa di più serio, le scelte del governo italiano rispetto alle insurrezioni che stanno attraversano il mondo arabo ormai da due mesi, dopo i fatti della Tunisia del dicembre scorso che hanno portato alla fuga l’ex presidente Ben Ali, sono state giuste? L’Italia che fino a pochi mesi fa baciava la mano al tiranno Gheddafi, potrà repentinamente modificare la sua posizione senza subirne un danno strategico? Il trattato firmato ci procura più danni?
Emma Bonino, vicepresidente del Senato, una dei politici che si opposero alla ratifica parlamentare del Trattato d’amicizia italo–libico, seguì tra l’altro per l’Unione Europea l’emergenza umanitaria in Kosovo. Poi per alcuni anni si è trasferita al Cairo, studiando l’arabo e instaurando relazioni con gli esponenti liberali della regione, ci offre un’ analisi lucida, dettata dall’esperienza vissuta direttamente sulla pelle: “penso sia stato un errore gigantesco della classe politica italiana che va al di là di ogni considerazione, seguito dalle immagini indecorose del baciamano e oggi la situazione è difficile, avremmo dovuto intervenire un mese fa, ora è veramente complicata”.
Di fronte a lei, per analizzare in diretta gli sviluppi dell’azione militare in Libia, due esponenti della maggioranza rappresentativi però di posizioni diverse: il sottosegretario agli Esteri, Alfredo Mantica (Pdl) e il presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Davide Boni (Lega) che ritengono infatti che questo sia il risultato di un buon lavoro politico, eccetto per “alcune manifestazioni”.
Resta il fatto che il temporaggiamento occidentale non ha fermato l’avanzata di Gheddafi che ora sta con ferocia inaudita massacrando la popolazione che non può sostenere lda sola la milizia di Gheddafi. La situazione è degenerata e si è complicata toccando numerose sfaccettature ora, dobbiamo misuraci con una vera rivoluzione o con una forma di neocolonialismo? L’intervento occidentale aiuterà davvero la lotta libica per la libertà?
Ci troviamo di fronte ad un popolo che ha conquistato la consapevolezza di essere stato vittima per anni. Ora ha cessato di avere paura della dittatura. La rivolta del popolo per la libertà non può essere fermata nonostante il terrore esercitato, si è rotto l’equilibrio della sottomissione e una nuova era di coraggio e speranza si apre. Dopo anni sotto un regime politico che non ha mai neanche tentato di presentarsi come democratico. Non ci sono elezioni, non ci sono partiti. No
n servono. La legge 71 punisce con la pena di morte tutti coloro che si vogliono riunire in associazioni od organizzazioni impedite dalla legge. Oggi lo sfasamento tra lo sviluppo economico (che ha condotto alla “modernità”) e il mantenimento di un regime politico ormai vecchio, incredibilmente immobile e plasmato intorno ad un vecchio leader è divenuto insopportabile.La Libia sta vivendo da ore nel sangue e nel caos. Il suo futuro però non dipende tanto dal coraggio dei cittadini e dalle loro aspirazioni, ma dalle decisioni che l’occidente prenderà in un futuro immediato in risposta all’attuale ondata di violenza contro i diritti umani o per il solo fatto che è nel nostro interesse accompagnare questo processo, pur sapendo che di garantito non c’è nulla.