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Dopo l'occidente

Creato il 26 marzo 2013 da Francesca1993

di Ida Magli (Tratto dal libro “Dopo l’Occidente”, Ed. BUR. Maggio 2012)
 ….Quali caratteristiche presenterà quella parte geografica del mondo che corrisponde all’Europa, in particolare all’Europa d’Occidente , verso la metà del 2.000? SI può affermare con quasi assoluta certezza che la cultura che oggi siamo soliti indicare con il nome di “occidentale” e che la caratterizza, sarà quasi del tutto scomparsa. Si può anche presumere che il processo di estinzione avverrà molto rapidamente. Il motivo è evidente: le culture vivono attraverso gli uomini che ne sono portatori. Verso il 2050 l’Europa sarà abitata da un gran numero di Africani insieme a gruppi di media consistenza di Cinesi e di Mediorientali a causa della continua e massiccia immigrazione dall’africa e dall’Oriente e dal’altissima prolificità di queste popolazioni, superiore in genere di almeno 5 volte a quella degli Europei. Il 1° Gennaio del 2012 tutti i giornalisti hanno gridato di esultanza perché i primi nati in Italia durante la notte di Capodanno erano stranieri: un dato di fatto sufficiente a far capire quale sia il destino dell’Italia e dell’Europa: la scomparsa dell’italianità e la fine degli Europei è già in atto. Tanto più poi la fine è assicurata perché i governanti ed i loro sacerdoti -giornalisti ne godono. Come ho già rilevato più volte, è questo il segno più sicuro. Ci troviamo nella paradossale situazione in cui il medico è felice che i suoi pazienti muoiano e vi contribuisce attivamente esortandoli a fare presto. La morte dell’Italia è già in atto soprattutto per questo: perché nessuno combatte per farla vivere; persino perché nessuno la piange. E’ contro natura, contro la realtà dei sentimenti umani , ma è così: stiamo morendo nel tripudio generale, con una specie di suicidio “felicemente assistito” dai nostri stessi leader, governanti e giornalisti. Non per nulla l’idea del suicidio assistito è nata in Occidente.
La conclusione in ogni caso è chiara: i “portatori”, i soggetti agenti della cultura europea, saranno sempre più in minoranza. Per  “minoranza” non si deve intendere infatti esclusivamente quella numerica in quanto gli europei continueranno anche oltre il 2.050 ad essere, almeno in alcune zone, più numerosi degli Africani- ma quella psicologica: essere invasi e sopraffatti senza aver combattuto induce all’estinzione. Si tratta della situazione opposta a quella dei popoli conquistati con le guerre. Questi covano anche per secoli la propria resurrezione , resistendo alle imposizioni del nemico proprio perché è “nemico” ed impegnano tutte le proprie energie nel conservare la propria lingua, i propri costumi, la propria religione. In Europa una degli esempi più famosi da questo punto di vista sono i Polacchi e gli Ungheresi che hanno resistito sotto il dominio straniero, russo e tedesco, con la consapevolezza orgogliosa della propria storia, del proprio coraggio, delle proprie virtù. Compariamo questo comportamento con l’invasione ricercata e voluta degli orridi anglo- americanismi nella lingua italiana in uso oggi, e sapremo perché stiamo andando verso l’estinzione. Esiste sicuramente una volontà potente ed autoritaria che guida, di nascosto ed in silenzio, tutti gli strumenti di comunicazione verso la perdita dell’Italiano con l’inserimento, ogni giorno più pressante, nella pubblicità, negli spettacoli televisivi, nei titoli dei film e delle canzoni, di un americano dialettale  da periferia che ai giovani piace assimilare e ripetere. Nulla è più significativo di questa collaborazione dei giovani al disprezzo della propria terra, dell’Italia, persino nelle cose in cui  è storicamente la più ricca, la più ammirata nel mondo. Non è del tutto colpa loro, questo è certo. Il messaggio che arriva da ogni parte è uno solo: l’Italia deve sottomettersi ai voleri stranieri, che rappresentano quelli di una identità inesistente che porta il nome di “Europa”; sono voleri però che coincidono con quelli dei banchieri di una banca privata, detta abusivamente Banca  Centrale Europea, dei quali nessuno conosce neanche i nomi. Bisogna obbedire inoltre ai voleri, anch’essi abusivi, dei governanti di Francia e Germania in quanto hanno assunto, com’era logico aspettarsi e a preludio dei prossimi inevitabili conflitti, la leadership d’Europa. Tutti i giornali ed i mezzi di comunicazione di massa ripetono lo stesso messaggio, appoggiato dall’indottrinamento della scuola di Stato, che naturalmente non può fare a meno di testimoniare la sua fedeltà agli ideali governativi esaltando l’unificazione europea come massimo bene. L’Italia, insomma, deve ringraziare gli stranieri se le concedono di occupare un umile posticino nel mondo buono e giusto dei banchieri e deve imparare a governarsi in funzione non dell’arte, non della musica, non della poesia, non della cultura, ne’ tanto meno della scienza o della Storia- cose nelle quali si è inutilmente dilettata fino ad oggi -ma dei mercati, dei commerci, della moneta, della Borsa. Giorgio Napolitano si è felicitato del fatto che, guidata da un esperto delle funzioni bancarie, l’Italia recuperasse il proprio onore in Europa. Una convinzione che fa venire i brividi. L’onore dell’Italia, Presidente? Ma cosa dice? Quale uomo può avere nelle sue mani l’onore dell’Italia ? L’onore di Galileo, l’onore di Leonardo, l’onore di Michelangelo, l’onore di Dante, l’onore di Mazzini, l’onore di Garibaldi, l’onore di  Leopardi, l’onore di Verdi? No, no, tranquillizziamoci: l’uomo di cui parla il Presidente è un banchiere , il signor Mario Monti, che non potrebbe avere in mano, con o senza l’aiuto del Presidente della Repubblica, l’onore di nessuno, salvo il proprio naturalmente. Ed anche il suo, chissà? ….C’è da aggiungere un particolare ai “meriti” di un banchiere capo del governo, un particolare interessante dal punto di vista del problema della lingua di cui ci siamo occupati: nel mondo dell’economia e della finanza ci si vanta di parlare soltanto in Inglese. Non parlare la propria lingua madre è stato sempre per qualsiasi uomo, come abbiamo già visto, un enorme sacrificio, una privazione dipendente dalla necessità, come per chi è emigrato e si trova in terra straniera. Nulla quanto la rinuncia alla lingua madre rappresenta e allo stesso tempo da’ sostanza alla condizione dell’esilio, dell’estraneità. Evidentemente non è così per banchieri ed economisti ma forse un motivo c’è. La propria lingua è tutt’uno con il pensiero: avviene molto raramente che uno scrittore non si serva nelle sue opere della propria lingua madre, anche quando viva da moltissimi anni in una Paese straniero e ne parli abitualmente la lingua. Il fatto è che economisti e banchieri non sono persone di pensiero. Anzi ne rifuggono, così come rifuggono da qualsiasi sapere che non rientri nell’economia......

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