La fotografia è attualmente tra i protagonisti che contano nella definizione del reale e, poiché è un grande medium, può anche essere un filtro importante attraverso cui viene osservato il passaggio dall’analogico al digitale. Oggi che il divario tra media pre- e postdigitali aumenta sempre più (più del 50 per cento delle fotocamere oggi in vendita è digitale), iniziano a distinguersi teorie totalmente diverse e sovrapposte sulla natura dell’esistenza.
Ma questa straordinaria espansione rende il mondo migliore oppure siamo sempre più subissati di informazioni e immagini e stiamo diventando sempre più narcisisti?
“In questo momento storico la tranquillità e la marginalità non sono particolarmente apprezzate: si predilige ciò che è incandescente ed esplicito. A quanto pare la nostra missione è applicare sulle nostre direttrici visive una carta da parati composta da immagini sradicate dal proprio contesto, dal valore cosí misero che ci istupidiscono e al contempo ci dicono che ora finalmente possiamo vedere.
Anche se possiamo tracciare, analizzare e discutere l’evoluzione della fotografia, scarseggia sempre la volontà di delineare nuove strategie interpretative, di selezionare un’opzione migliore a partire da vari futuri che incombono su di noi. Con i gravi dilemmi che l’umanità e il pianeta devono affrontare, sfruttare i media perché ci aiutino a comprendere questo universo in transizione e a intervenire nella sua evoluzione non è un lusso ma un urgente requisito della cittadinanza. Mentre la fotografia si trasforma in una serie di strategie mediatiche emergenti e viene in parte integrata in un insieme multimediale sempre piú sofisticato, dovremmo cercare di realizzare immagini più utili ed esplorative, non solo scioccanti e di grande effetto.
La decostruzione offerta dall’analisi dei media si basa su una necessaria ricostruzione, altrimenti tutto è vanità.”
Fred Richtin
Dopo la fotografia
(traduzione di Chiara Veltri)
PBE Einaudi
2012